Lavoratori e imprenditori: stati d’animo a confronto

imprenditori e dipendenti
Foto di ElisaRiva da Pixabay

Tutti sulla stessa barca, con stati d'animo diversi da persona e persona ma abbastanza simili tra imprenditori e dipendenti: è la fotografia dei protagonisti del mondo dell'ospitalità che emerge dalla ricerca "La voce dei lavoratori e degli imprenditori ai tempi del coronavirus" realizzata da LavoroTurismo.it, società specializzata nella ricerca e offerta di lavoro nell'horeca, nel periodo del lockdown (dal 20 aprile al 10 maggio), raccogliendo le risposte di circa 1.500 lavoratori e oltre 400 tra imprenditori e manager.

  • “Altro…”

    Simili i timori, diverse le preoccupazioni. Con una metà che ha concentrato i propri timori sulla perdita del lavoro (i dipendenti) o dell'azienda (gli imprenditori) e un 30% circa, simile tra lavoratori e imprenditori, preoccupati soprattutto della malattia (per sé o per i propri familiari/amici). Sul fronte preoccupazioni, decisamente più teso il fronte degli imprenditori, con il 74% di molto preoccupati a fronte di un 50% dei dipendenti, presumibilmente per il diverso peso della posta in gioco e per la maggior indeterminatezza degli aiuti. Molto diffusa anche la preoccupazione per la situazione economica, propria o dell'azienda: qui, a fronte di un 45% di dipendenti che dichiara di poter resistere anche senza entrate, c'è un 40% di imprenditori che senza aiuti rischia di chiudere (e un ulteriore 15% che sta valutando la chiusura o l'ha già decisa).
    «Una situazione molto difficile - afferma Oscar Galeazzi, fondatore di LavoroTurismo.it e promotore della ricerca, cui Bargiornale ha contribuito come partner - aggravata dal fatto che il tessuto imprenditoriale di piccole e medie dimensioni, nei momenti di forte crisi come questa, rivela tutta la sua debolezza». Infatti, continua Galeazzi «le imprese che chiuderanno per gran parte lo faranno per una loro debolezza strutturale, già presente prima della crisi».
    Gli imprenditori sono molto critici verso le azioni intraprese dal governo: «Gli aspetti più critici evidenziati - afferma Galeazzi - sono stati gli aiuti economici non arrivati e comunque considerati ampiamente insoddisfacenti, le proposte di finanziamenti a debito, la mancanza di coordinamento e di indicazioni chiare da parte dei responsabili».

    Formazione e aggiornamento

    Mentre, tra i dipendenti, solo una percentuale minoritaria ha utilizzato il lockdown in modo professionalmente produttivo («Gran parte delle persone hanno reagito con un atteggiamento passivo, rinunciatario e di attesa»), nel complesso la maggioranza degli imprenditori «ha investito parte del proprio tempo dedicandolo alla formazione e all’aggiornamento».
    Numerose - rivela la ricerca - le azioni pratiche di contatto con la clientela e i progetti di ristrutturazione o ripensamento delle proposte di servizi, così come sono stati molti i pensieri riservati ai dipendenti e a come cautelare il loro posto di lavoro.«C’è la sensazione che questa crisi - afferma Galeazzi - abbia costretto gli imprenditori a rivalutare il proprio business, a ripensare alle proprie proposte di servizi e ad agire per cercare di trovare non semplici soluzioni. Si prevede una crescita professionale dell’imprenditore e una maggiore predisposizione a una visione innovativa di medio termine».
    «Il coronavirus - conclude Oscar Galeazzi - ci lascerà in eredità, tra le cose positive, un approccio più tecnologico, un maggior ricorso a modalità di interazione a distanza e una maggiore attenzione alle opportunità che la tecnologia e il web ci mettono a disposizione». A.M.

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