Affinché una tendenza diventi tale occorre che qualche pioniere cominci a fare ricerca e a divulgare, che qualcun’altro inizi a parlarne e che un manico di coraggiosi cominci a vendere. In questo caso l’ultima fase è quella più semplice, dato che stiamo parlando di cioccolato come ingrediente di un cocktail, un ingrediente che nove persone su dieci amano e l’ultima di queste...sta mentendo. I “choc-tail”sono stati al centro dell’attenzione durante l’ultima edizione del Sigep a Rimini, punto di riferimento fieristico internazionale di pasticceria, gelateria, panificazione e caffè. Sotto il vigile occhio e l’attento orecchio di Davide Comaschi (pluripremiato campione di pasticceria e direttore della Chocolate Academy di Milano) sei membri e vecchie glorie del Drink Team di Bargiornale hanno detto la loro sull’argomento, parlando di storia, tecniche, sperimentazioni e grandi classici.
Nuove sperimentazioni
Prima che ad alcuni veterani del bancone si drizzino i capelli al pensiero di un ritorno in auge del Brandy Alexander o del Golden Cadillac, meglio specificare che in questo caso stiamo parlando di alcune delle migliori selezioni di fave di cacao da tutto il mondo e di una ricerca dietro il cocktail che va ben oltre l’impiego di creme alcoliche a base di polverine aromatiche. Gino Benvegnù (Drink Team 2012) apre le danze raccontando che le prime tracce storiche dell’impiego del cacao o del cioccolato all’interno dei cocktail vengono - e la cosa non ci stupisce affatto - proprio dal “Professor” Jerry Thomas: nel suo “how to mix drinks” lascerà ai posteri le istruzioni per creare in proprio creme, liquori, bitters e tinture a base di cacao, che lui stesso per primo impiegò all’interno delle sue ricette per stupire un pubblico borghese che aveva una gran sete di ingredienti rari e costosi.
Radici nella golden age
Alcuni anni dopo altri due maestri della golden age come William Schmidt ed Harry Craddock porteranno avanti la tradizione: il primo con il “chocolate punch” ed il secondo introducendo nel ricettario del Savoy numerosi drink a base di cacao. Il bere all’italiana, tradizionalmente tendente all’amaro o al secco, non ha mai visto di buon grado l’impiego del cioccolato nei drink, a meno che non si parli della celebre Giostra d’Alcol, iconica polibibita del futurismo italiano che però lo vede non all’interno del drink bensì su uno stuzzicadenti, per giunta affiancato a formaggio. Il percorso storico continua con Jonathan di Vincenzo che parla di Tiki e di come Don the Beachcomber nei suoi continui viaggi tropicali alla ricerca di spezie e frutti esotici che diverranno il tratto distintivo della sua miscelazione, integrerà anche il cacao nei propri rum-mix e sciroppi dai nomi misteriosi. Non è un caso che lo storico di cocktail David Wondrich tra i suoi drink in stile caraibico annoveri anche il Colibrì, con un’ infusione di vaniglia e cioccolato nel rum, miscelato con latte condensato e acqua di cocco. A sfatare il mito dell’ “ingrediente dolce” ci ha pensato Cristian Lodi del Milord di Milano, proponendo come primo drink un Manhattan Cocktail in cui la parte del bitter aromatico viene soppiantata da una ganache di cioccolato Esmeralda, e a seguire un long-drink in cui un cacao Venezuela 74% incontra il bitter Campari e si trovano subito d’accordo.
Tecniche d’avanguardia
Gian Nicola Libardi, da tempo uno dei punti di riferimento per la miscelazione a base di grappa, esalta le note aromatiche che questa ha in comune con il cacao attraverso una infusione in “fat-wash”, ovvero sciogliendo la parte solida in quella liquida e lasciando separare i due composti in freezer, per poi filtrare ed ottenere l’infusione del distillato. Tecnica analoga viene utilizzata anche da Charles Flamminio, in questo caso nella preparazione di uno sciroppo con cacao e menta, che accompagnerà un drink servito caldo a base di bourbon e succo di mela limpido. Il fatto che all’interno di una fiera di settore dedicata alla pasticceria l’azienda Barry Callebaut abbia deciso di presentare sei bartender è sintomatico di come sempre più spesso il mondo del bar incontri quello della cucina e pasticceria scaturendo esperienze inedite e nuove da riportare ai clienti. Uno dei più arditi esponenti di queste commistioni tra raparti è Salvatore Scamardella (food tender dell’anno ai Barawards di Bargiornale), che con la sua “cucina liquida” ha presentato come il cioccolato possa avere molteplici impieghi in un drink: sia esso all’esterno, sul bordo o come side esterno. L’esperienza di questi seminari ha dimostrato come un ingrediente estremamente variegato e versatile possa offrire innumerevoli spunti per la miscelazione, e di come sia presente un vero interesse da parte dei barman nel suo impiego. L’invito, come sempre, è quello di non fermarsi ad un Chocolate Martini, ma di ricercare nuove sfumature di gusto e nuove esperienze da poter proporre ad una clientela che è sempre più attenta nei confronti della qualità e della ricerca.