Coltivare la professionalità senza prendersi sul serio

L'editoriale del numero di giugno 2025 di Bargiornale a firma dei vicedirettori Andrea Mongilardi e Stefano Nincevich. Dedicato a chi sa fare accoglienza con leggerezza

“Non siamo chirurghi. Non operiamo a cuore aperto”. Chi sa fare ospitalità, che altro non è che far star bene le persone che entrano nel proprio locale, lo ha ben chiaro in testa e (se) lo ripete spesso. Perché sa che non salva vite umane, ma sa anche che è capace di renderle (anche solo temporaneamente) più leggere.
E, soprattutto di questi tempi, non è poco.
Niente alibi: la grande ospitalità non è prerogativa dei locali importanti. Un maestro come Dario Comini lo ha sempre sostenuto: l’accoglienza è un arte che si può (si dovrebbe) praticare in qualsiasi bar. E chi lo ha capito e la mette in scena ogni giorno ha più clienti degli altri.   

Già, i clienti. Dopo anni in cui il focus di molti professionisti era più su come ci si esibiva - o si esibivano le proprie conoscenze - dietro al bancone che su chi ci si sedeva davanti, oggi si riscopre l’importanza della relazione con chi entra nel locale. Importanza accresciuta dal fatto che entrano meno persone di prima (le visite nel 2024 sono calate) e che quelli che entrano sono sempre più attenti a dove e come spendono i loro soldi, visto che in tasca ne hanno meno che in passato (nei vent’anni dal 2003 al 2023, ci ricorda il Censis, il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali del 7%).

In tempi di confusione, frustrazione, disillusione e solitudine, i bar possono riconquistare quel ruolo fondamentale che hanno storicamente avuto: quello di esser luoghi di incontro e di socializzazione, di chiacchiera e di confronto, di sfogo ma anche di decompressione. Un’oasi dove le persone possano rifugiarsi e trovare un po’ di ristoro (“contro il logorio della vita moderna” come recitava una vecchia pubblicità).
L’ingrediente chiave per ricreare questo habitat? La leggerezza. Una ricetta che mescola ironia, un pizzico di cinismo, complicità, sfottò, divertimento. Che presuppone la capacità di non prendersi troppo sul serio, pur prendendo molto sul serio il proprio lavoro.

La copertina di giugno 2025 di Bargiornale. Il protagonista è Diego Cabrera, creatore del Salmon Guru, format di cocktail bar sbarcato a Milano dopo Madrid e Dubai

Diego Cabrera (a cui abbiamo dedicato la copertina) è un maestro nella capacità di far convivere una qualità della proposta di altissimo livello - frutto di ricerca incessante e di una creatività spinta - con uno stile di accoglienza scanzonato, divertente e fuori dagli schemi. Leggero, appunto. Ma che non dimentica il profondo rispetto per ogni cliente.
Tutto il contrario della sciatteria o della disattenzione verso chi entra tipica dei peggiori bar (non solo di Caracas), come pure dell’atteggiamento predatorio di chi pensa che siccome quel cliente non tornerà più (succede in tante città turistiche) gli si può dare la qualunque, e magari facendogliela anche strapagare.

Due i motti di Diego Cabrera che potrebbero cambiare (in meglio) la vita di ogni gestore: il primo è “Già che devi farlo, perché non farlo bene?”. Il secondo: “Trasforma ogni cliente in un ambasciatore del tuo locale”. 

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