Rinasce a New York il Temple Bar, il tempio dei Cocktail Martini

I rifondatori di Temple Bar, Maneesh K. Goyal, David Rabin,Michael McIlroy e Sam Ross
Nuova vita nella Grande Mela per lo storico locale dei Cocktail Martini, grazie ai trend setter Maneesh K. Goyal e David Rabin, ai mixologist Michael McIlroy e Sam Ross e alla barlady Samantha Casuga.

L’oncologo George Schwarz, nato a Francoforte nel 1931, aprì il Temple Bar a Manhattan nel 1989. Il locale chiuse poi 28 anni dopo, il 31 dicembre 2017, dopo la morte del suo fondatore e proprietario, avvenuta nel 2016.

Il Temple Bar rifletteva la gran moda dei Cocktail Martini in quegli anni; e nei tanti momenti di gran successo diventò celebre per il costo dei suoi cocktail (dieci dollari per un Martini a fine Anni Novanta!) e per la clientela notturna che attirava.

Lo storico, elegante bar, tra i più famosi e longevi di New York, ha riaperto i battenti il 14 ottobre 2021, con un nuovo management. Il suo logo è stato ideato dall’artista pop austriaca Kiki Kogelnik (scomparsa nel ’97): la sagoma di uno scheletro bianco di camaleonte su sfondo verde scuro, sulla facciata esterna, al 332 Lafayette Street.

Dallo spazio completamente rinnovato, il nuovo Temple Bar è arredato con sedie originali reimbottite, pavimenti e tappeti rimpiazzati, e con tanto di vecchio telefono pubblico, è aperto da lunedì a mercoledì dalle 17 alle 2; da giovedì a sabato dalle 17 alle 3; domenica dalle 17 all’una.

Il grande bancone di Temple Bar

A far da buttafuori in alcune serate, nei weekend, c’è Disco, con una carriera nei bar e night newyorchesi da oltre un quarto di secolo.

Maneesh K. Goyal e David Rabin, grandi esperti della vita notturna della Grande Mela, si sono uniti a Michael McIlroy e Sam Ross, due veterani della mixology.  McIlroy e Ross si occupano dei drink, preparati dall’head bartender canadese Samantha Casuga, che viene da un altro tempio della mixology della metropoli, il Dead Rabbit.

Carta cocktail creativa

Ross è il bartender ha creato Modern classics come Penicillin (servito anche al Temple Bar) e Paper Plane.

Goyal e Rabin sottolineano che si tratta di «una rinascita, non una riapertura».

«Questo è stato il bar che ha dato il via a tutto: per molti newyorchesi - spiega Rabin - ha rappresentato la prima esperienza con un cocktail bar».

Nella lista dei cocktail (venduti a 19 dollari), spiccano: Gibson Martini con gin, manzanilla sherry, un tocco d’aceto di sherry, salamoia di cipolla, cipollina; Como Spritz, con Cynar, frutto della passione, limone e Champagne; Sick As Espresso Martini con vodka, banana, vaniglia e cold brew coffee; Great Bambino con Bourbon, Fernet Branca, succo di pera fresca, limone e orzata; Blue Negroni fatto in casa, dall'insolito colore blu.

Casuga osserva: «I drink sono costruiti sui classici, su ricette sicure e provate che funzionano. Partendo da una base solida, possiamo aggiungere diversi, piccoli fronzoli che rendono i nostri i drink un tantino stravaganti. Il Blue Negroni, per esempio, è uno dei miei preferiti. Al Campari, con un procedimento che definiscono ‘segreto e complicato’, si toglie il rosso e lo si ricolora, ribattezzandolo Blue Kampari, cui si aggiunge gin e vermut bianco.

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