Per la prima volta la Diageo Reserve World Class, una delle più prestigiose competizioni internazionali dedicate alla mixology è stata vinta da una donna, Jennifer Le Nechet. La barlady francese ha sbaragliato la concorrenza degli altri 55 artisti del cocktail in lizza per il titolo, provenienti da 50 paesi i tutto il mondo, nei quattro giorni di sfide svoltesi a Miami, in Florida (Usa). A seguire la competizione per bargiornale.it un inviato davvero speciale, il campione italiano Mattia Pastori del Damascegliere di Milano. Ecco il racconto della sua esperienza.
20 settembre
Conoscendo i ritmi della competizione, ho pensato di partire ben in anticipo per poter finire la preparazione sul luogo e cominciare a respirare l’aria di Miami, una città dove molte e diverse etnie e stili di vita opposti si miscelano tra di loro. Il trasferimento dei bagagli è una delle parti più stressanti: bisogna prepararsi per 5 challenge e ogni concorrente deve avere i suoi serve, le sue attrezzature e i suoi prodotti che sono meno facili da reperire. Al check-in non mi hanno lasciato passare un agitatore magnetico e hanno controllato ogni singolo bagaglio, dandomi modo di scoprire che l’integrità di qualche bicchiere era già compromessa. All’arrivo in una calda e afosa Miami, l’amico Amadu Bah mi recupera in aeroporto e mi porta in quello che per qualche giorno sarebbe diventato il mio laboratorio e la mia casa.
21 settembre
Miami offre qualsiasi tipo di ingrediente liquido e solido. In città ci sono diversi centri commerciali, tutti con una precisa brand identity. Abbiamo avuto la fortuna di finire in un supermercato, il Tropical Intel, nel quartiere di Little Haiti, dove sembra davvero di essere nei Caraibi, sia per gli ingredienti che si possono trovare, sia per le persone che ci lavorano. I classici mercatini dell’usato a Miami sono molto più ordinati di quelli in Italia e spopolano quelli dedicati all’art deco. La notte sull’Ocean drive ci sono anche venditori di sigari e se avessi bisogno anche solo di qualche foglia di tabacco non ancora arrotolata da caramellare la si trova facilmente in cambio di una semplice offerta.
22 e 23 settembre
Giorni dedicati a entrare nel mood della competizione. Ho avuto la fortuna di lavorare una sera a La Moderna (una delle pizze più buone mai mangiate fuori dall’Italia) in compagnia di Valentino Longo, un grande ospite. E a The Vagabond Hotel sulla Biscayne boulevard, quella strada sempre presente nei film americani famosa per i suoi motel e per il fatto che taglia tutta la costa Est degli States. America allo stato puro, quella dei Sazerac, degli Old fashioned e delle birre troppo leggere accompagnate da hamburger, steak e french fries. Ho scelto The Vagabond anche come base per tutte le preparazioni pre-gara e Amadu, un nuovo grandissimo personaggio della movida di Miami, mi ha dato una grande mano.
24 settembre
Time to be at One Hotel.... Hotel fantastico, di design, con camere immense e perfette per ospitare un concorrente della World Class. Grandi spazi per depositare tutto il materiale e organizzare bene le varie challenge, un comodo letto per le poche ore di sonno e, per i fortunati come me, una terrazza per rilassarsi tra una sfida e l’altra. Che cosa chiedere di più?
25 settembre
Momento di aggregazione e ice breaker organizzati dagli amici di Ketel One presso The broken shaker, confesso, uno dei miei bar preferiti. Bel concetto, work in relax e valorizzazione dei prodotti della zona e di quelli di propria produzione. Prima del pranzo, un piccolo challenge di team, dove creare un Bloody Mary uscendo completamente dagli schemi. Durante il pranzo con gli altri concorrenti abbiamo modo di conoscerci e di comprendere la vera magia di una competizione come World Class, che rafforza lo spirito di aggregazione e di condivisione che lega tutti noi barman. Pomeriggio libero per piscina o, meglio, per preparare i primi challenge del lunedì.
26 settembre
World Class può iniziare. Sveglia alle 6, doccia e colazione, speach ripassato, valigie per la prima challenge pronte. Ore 10, si parte con la sfida Before and After, ma la gara comincia subito in salita. Con la ruota esterna del carrello settato per il servizio del secondo drink vado a sbattere contro il banco bar: il mixing glass e 2 bicchieri si frantumano a terra. Un po' l’agitazione e il non arrivare pronto in tempo mi fanno commettere errori stupidi di set up e perdere di vista alcuni dettagli. Tutto sommato non è andata male, ma a ripensarci oggi niente quel giorno è andato per il verso giusto: musica alta, altrettanto alta la piastra a induzione, che ha fatto bruciare la riduzione di campari, troppo tempo passato sul primo drink e poco dedicato alla spiegazione del secondo. Ma non c’è tempo per i rimpianti, perché c’è da affrontare la seconda challenge, The Shape of Things to Come, dove occorre pensare al futuro del drink, da interpretare con nuove tecniche, nuovi ingredienti o semplicemente con nuove filosofie. La sfida non è andata male, sebbene abbia un po’ trascurato l’aspetto dell’ospitalità e mi sia fermato solo a spiegare quello che ho fatto e creato. Il drink più particolare è stato il mio T for, dove da due cocktail diversi (un Tepache homemade e u drink a base tequila) disposti nelle due ampolle di un bicchiere a clessidra si crea un unico drink, passando per 92 combinazioni di sapore.
27 settembre
La giornata inizia con la gara dedicata all’assaggio e identificazione di 8 whisky, per poi proseguire con quella di un blend, del quale identificare i cinque 5 whisky al suo interno, e di un cocktail del quale indovinare identità e ingredienti, per finire posizionando un whisky su di una mappa dei sapori, cercando di indovinarne la giusta collocazione. Roba semplice, insomma. Il pomeriggio, invece, è la volta del Pool Party, quella che è stata la mia ultima prova: quattro coppie misteriose alle quali preparare 2 signature drink e un punch. Ho impostato la preparazione della gara sul fatto di essere a Miami in piscina sotto un bel sole caldo. Ai giudici viene dato un kit per partecipare al party, con tanto di occhiali da sole, ventaglio e l’ultimo ingrediente del punch. Sulla piscina dell’One Hotel, però, non splende il sole, ma cade una pioggia intensa, anzi un diluvio e, purtroppo, non ho preparato un “piano b”. La sera c’è la prima selezione e scopro di far parte del gruppo degli eliminati. Be’, posso godermi un po’ Miami in libertà, anche se non nego una certa delusione. La World Class è una competizione che ti entra dentro la testa e, dopo tre mesi di sogni, di attese, di speranze durante i quali ogni giorno è stata il tuo pensiero fisso, per dimenticarla completamente ci vuole un po’ di tempo.
28 settembre
La World Class è finita per me, ma non per i 12 finalisti che si sfidano in Against the Clock, la speed challenge, dove ci sono da preparare da un minimo di 6 drink fino a un massimo di 14 in una manciata di minuti. Se ne sono viste e sentite delle belle, in questa che è la gara più emozionante, quella che più tira fuori lo spirito del barman e dove davvero si vede quanto una persona ci tenga a vincere. Tutti molto bravi i concorrenti, ma la standing ovation è per Nick Wu di Taiwan: semplicemente fantastico, per presenza scenica, presentazione e bartending. Nel pomeriggio vengono annunciati i 6 finalisti [Dries Botty (Belgio), Adrián Michalčík (Repubblica Ceca), Jonas Andersen (Danimarca), Jennifer Le Nechet (Francia) Ryu Fujii (Giappone), Nick Wu, ndr] che dovranno preparare un pop up bar in 24 ore, aiutati da una crew di designer e bartender. La sera è di festa in giro per uno dei quartieri più belli della città, Wynwood, un open air museum dell’arte di strada.
29 settembre
Relax, sole, mare, piscina, Piña Colada, birra ghiacciata e poi… celebration. I pop up bar sono tutti molto belli, ispirati a viaggi e al tema dell’ospitalità. In 4 x 7 metri di stand i 6 finalisti dovevano creare il loro bar che la sera avrebbe ospitato gli invitati alla premiazione. Devo dire che non ho mai visto un gruppo di finalisti così unito come quest’anno. La vittoria è andata a super Jennifer [Le Nechet, ndr] da Parigi. Precisa e perfetta durante tutte le sfide, nelle quali si è collocata sempre nelle prime posizioni.
Partecipare a World Class è un’esperienza unica, ricca di gioie anche quando si perde. Si conosce tanta gente nuova, si creano contatti e relazioni che possono offrire nuove opportunità lavorative. Soprattutto, si ha la possibilità di vedere cose nuove, di trarre nuove ispirazioni, di crescere sotto il profilo professionale e non solo. Da vivere con tutto il cuore e da non dimenticare.
Sono le 5 del mattino ed è ora di andare a dormire e sperare di sognarla ancora. E se si perde o si vince non importa, quel che conta è esserci.
Le ricette di Jennifer Le Nechet
Into the woods
Ingredienti:
40 ml Tanqueray 10, 20 ml Don Julio Blanco, 5 ml Suze, 40 ml Botanist fertilizer (homemade), 15 ml succo di lime, Absinthe spray, aneto.
Guarnizione:
3 spruzzi di Green Grass spray (homemade)
El Taco Rojo (Punch)
Ingredienti:
900 ml Don Julio Blanco infuso con mais grigliato, 350 ml Red bell pepper shrub (homemade), 900 ml Soda vegetale (homemade), 1 Sun salt mix (homemade), 6 fette di lime essiccato, 1 mazzetto di basilico
Guarnizione:
Rametto di basilico, 1 fetta di lime, Sun salt mix
Bicchiere:
Tiki mug
La Bayamesa
Ingredienti:
55 ml Ron Zacapa 23, 20 ml Suze, 25 ml succo di lime, 40 ml Cola (homemade), Old Fashioned bitter
Guarnizione:
1 fetta di lime essiccato, 3 foglie di ananas
Bicchiere:
Hightball
Velvet Ballet
Ingredienti:
45 ml Ketel One o Tanqueray 10, 15 ml Chamberyzette, 20 ml sciroppo di fragola e pepe di Timut (homemade), 15 ml White balsamic cream, 15 ml succo di limone, albume d’uovo
Guarnizione:
3 fette di fragola, pepe di Timut
Bicchiere:
Coppetta