La Tiki-mania invade l’Italia

Milano, Roma, Firenze, Trieste, Napoli, Cosenza, la Riviera Romagnola, Bari, Crotone e tante altre città hanno i loro avamposti Tiki. Scopriamoli

Tiki-mania

Il Mai Tai diventa A Fin du Munnu. L’Hurricane U Rotalupo (l’uragano), lo Zombie si trasforma in U Sciancatu, lo storpio. Cronache da un menu Tiki ritrovato al beach bar Alexander Amare di Crotone. Ed è come un messaggio in una bottiglia ripescata un secolo dopo il suo avventuroso viaggio tra le coste della California di Donn Beach, pioniere dei Tiki drink e la Magna Grecia dei Bronzi di Riace. Idealmente, quella carta, è un ponte ideale tra la Hollywood che fu del pioniere Beach e la Calabria in vena di fare festa con ghirlande di fiori tropicali al collo, mug di ceramica, palme vere o finte.

“Se non potete arrivare in paradiso, sarò io a portarvelo”, diceva Donn Beach, quando negli anni Trenta creò a Los Angeles i suoi bar-ristoranti dall’insegna Don the Beachcomber. Erano locali mitici, nel senso che erano ispirati ai miti diffusi nei Mari del Sud. Tiki infatti era il nome con il quale le popolazioni del Sud Pacifico facevano riferimento  alla dimensione spirituale e agli idoli. L’ex avventuriere americano Donn Beach creò i Tiki drink per servirli nel suo primo bar da 24 posti a Hollywood, ma anche uno stile di arredo che diventerà matrice stilistica. Una galleria variopinta, come la coda di un pappagallo, fatta di poltrone Pavone, piante tropicali, reti da pesca, noci di cocco, sfere galleggianti giapponesi da pesca, lanterne e arredi in bambù.

“Faux tropical” si dice per sottolineare che si tratta di semplici fonti d’ispirazione. Niente a che vedere con le realtà delle isole di Tonga, Samoa e Papua Nuova Guinea.

Questi locali nascono, crescono e figliano anche in Italia perché simboleggiano un sogno di evasione, una legittima forma di escapismo. Sono giungle vere in contrapposizione alle giungle di cemento. Abbiamo aperto questo servizio con una foto emblematica tratta “Non lo Racconti”, terzo singolo dell’artista romano Bolo Mai. Il videoclip racconta in modo ironico le distanze create dai social network. Il filmato girato al Makai Surf & Tiki Bar, primo Tiki bar di Roma, è la metafora ideale per descrivere due soggetti in fuga dalla banale realtà proiettata dai nostri smartphone. È la voglia di evasione tipica dell’universo Tiki catapultata ai giorni nostri. Sono i racconti e i drink dei bartender Alessio Esposito, Camillo Affinita, Alessandro Verrucci e Marco Michelutti. È l’atmosfera di un locale come il Makai che veleggia verso paradisi lontani in senso spaziale e cronologico.

In Italia si assiste a un boom senza precedenti di questo format. Milano, Roma, Firenze, Trieste, Napoli, Cosenza, la Riviera Romagnola, Bari e tante altre città hanno i loro avamposti Tiki, completi di exotic & tropical drinks serviti in mug variopinte. Tutti, o quasi, precisi nei nomi e cognomi che danno alle cose.

Il naming, che nella lingua del marketing è lo studio della scelta del nome più vincente, è stato uno dei tratti distintivi di Donn Beach e dei suoi cocktail esotici. Le sue rum raphsody avevano nomi d’impatto come Shark’s Tooth, Cobra’s Fang, Missionary’s Downfall. Non solo. I suoi menu, come quelli dell’eterno rivale Trader Vic, raccontavano il contesto dietro ogni drink. Non si trattava di una sterile elencazione di ingredienti, ma di un fertile terreno di suggestioni. Ed è lo stesso spirito che pervade i menu di alcuni moderni Italo-Tiki bar. La carta canta al Rita’s Tiki Room, finestra con doppia vista sui Navigli da una parte e sulla Polinesia dall’altra. Il Dr. Funk (1920) viene definito uno dei cocktail più “antiki”, il Krakatoa è vulcanico, lo Zombie ha un elevato numero di ottani e non se ne possono ordinare più di due. È una prosa intrigante che coinvolge il lettore senza annoiarlo con i tecnicismi. Discorso analogo per il Platanos di Napoli. Nel menu firmato Alex Frezza, alla voce, Happy Moai si ricorda che “i Moai non sorridono…ma questo drink farà sorridere anche le facce di pietra più ostili”. Del The Big Easy si scrive “New Orleans si dice sia la città più a nord dei Caraibi. Abbiamo messo insieme il Bourbon americano e il più rude dei rum di Haiti…” Tratto distintivo di questo locale aperto a febbraio a due passi dall’Antiquario sono i suoi mix originali a base di distillati diversi. Non solo rum, ma tutto un mondo di spiriti, per questo locale Tiki, ma di nuova generazione. Un elegante bar in cui gli arredi moderni sovvertono, con stile, i canoni tradizionali dell’arredo Tiki.

Exotic vibes

Al Platanos, esteticamente (e non solo), ci sono alcuni punti di contatto con un locale dall’altra parte del mondo: il nuovissimo Esotico Miami aperto ad agosto in Florida da Daniele Dalla Pola, lo stesso DDP nazionale che nel 2009 decise di mollare l’esperienza vodka bar del Nu Lounge di Bologna, sciogliere gli ormeggi e fare veleggiare il suo locale verso i Mari del Sud sulla zattera del Tiki. Una missione del Kon-Tiki post-litteram tra l’Emilia e le Hawaii. Cavalcare questa nuova onda ha fatto del locale di Bologna l’apripista dei locali Italo-Tiki. Qui sono nati classici contemporanei come Sexy Colada, Dan’s Special e Nu Mai Tai. Sempre al Nu Lounge a furia di fiammate Dan e i suoi seguaci hanno fatto più faville di un vulcano. Perché la fiamma, vera o finta, è un elemento distintivo dei banchi Tiki. Se vogliamo è un effetto da B-movie, ma è certamente capace di attirare anche gli ospiti più distratti. La troviamo anche all’Hawaiki, locali di Bellaria, mentre viene accesa e poi addomesticata sapientemente da Samantha Migani. Il menu di Hawaiki - dal termine con cui i polinesiani indicano la terra degli dei - include specialità come Golden Stag di Gianni Zottola, super consulente di questo locale.

È un viaggio dalla sponda dell’Adriatico ai Mari del Sud simile a quello del Luau Tiki Bar di Bari, guidato da Davide Mitacchione, perfetto nei panni del barman Tiki, ma anche nello stile cubano di fare cocktail. Nel suo locale c’è la massima cura negli allestimenti, nell’oggettistica e negli spazi: una porta verso altri paradisi, distante anni luce dalle orecchiette alle cime di rapa. E sul nostro radar appaiono, oltre ai locali già citati, realtà come Maita di Trieste, Donn Pedro a Firenze, SoBar a Pozzuoli, Tiki Comber a Cesenatico, Makutu Tiki Bar a Livorno. Il Tiki arriva perfino negli hotel 5 stelle. Succede a Roma al Tiki Tiki, cocktail sulla terrazza dell’hotel La Griffe in via Nazionale. Vista sulla Città Eterna, ma ago della bussola puntato verso la Polinesia.

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