Dieci anni di Speakeasy a Pomigliano d’Arco

Speakeasy Pomigliano
10 anni fa Nino Siciliano e Domenico Casoria aprivano il loro locale che, grazie a uno stile di miscelazione fatto di ricerca e voglia di far conoscere qualcosa di nuovo ai propri clienti, è diventato un punto di riferimento per il bere di qualità per tutta la provincia napoletana

Il 3 aprile del 2012 apre lo Speakeasy di Pomigliano d'Arco. Più o meno 365 giorni prima, apriva a Roma il primo speakeasy italiano, il Jerry Thomas Project. Entrata nascosta, parola d'ordine, drink e ambiente d'antan. Questa la formula della grande novità capitolina, che nei primi mesi del 2012 Nino Siciliano e Domenico Casoria si ritrovavano a conoscere sfogliando le pagine della nostra rivista. Un format nuovo e interessante, ma decisamente prematuro per il contesto dove il duo sta aprendo: quello della provincia di Napoli. Allora di speakeasy decideranno di mantenere il nome e di avvicinarsi sempre più a quello stile di miscelazione fatto di ricerca, studio e voglia di far conoscere qualcosa di nuovo ai propri clienti.

Inizia così il loro viaggio, che ripercorriamo insieme ai ricordi di Nino, che è anche una fotografia della storia del bar italiano dell'ultimo decennio. «Nel 2012 eravamo i primi in zona ad avere più di un vermouth e a tenerlo rigorosamente in frigo. Eravamo i primi a non avere i bar mat in gomma sul bancone, ma a mettere una griglia con lo scolo dell'acqua. E questa cosa destò subito curiosità». Una curiosità all'epoca, però, non ancora radicata, per cui per il primo anno di attività le regole dello Speakeasy rimanevano quelle di qualsiasi altro bar: avere tutto. Servire il cliente in qualsiasi necessità, senza prendersi il lusso di non avere - per scelta - alcuni prodotti.

Signature, nuove proposte e classici semisconosciuti

Dopo questo periodo di assestamento, hanno cominciato a definire la propria linea, fatta di cocktail signature, nuove proposte e vecchi classici semisconosciuti. «Abbiamo capito che stavamo funzionando quando non eravamo più solo noi ad andare a bere a Napoli, ma cominciavano a venire da noi anche i colleghi della città». Ma al di là del riconoscimento dei professionisti, arriva quello dei clienti, che si traduce in una crescita costante dell'attività: da un primo organico di 3 persone alle attuali 15; da una sola sala alle due attuali e all'aggiunta del dehors esterno.

Dieci anni fatti più di sostanza che di forma: fatti di corsi di formazione e aggiornamento continuo, di acquisizione di competenze che il cliente potrà apprezzare direttamente nel bicchiere. «Nonostante abbiamo seguito anno per anno le mode del momento, passando dagli sciroppi home made di qualche anno fa alle fermentazioni di oggi, alla fine dei conti sono i grandi classici che i clienti continuano a richiedere».

Il nuovo menu celebrativo

Lo dimostra anche l'attuale menu celebrativo, che ripropone, uno per ogni anno, i best seller di questa decade. Non sono classici, ma sono tutti drink che hanno una base classica, facilmente intuibile dal cliente. Uno su tutti il Negroni, con le sue numerose varianti, che ad oggi rappresentano circa la metà dei cocktail preparati dallo Speakeasy.

C'è una curiosità moderata, unita a una maggiore consapevolezza da parte dei clienti: non esiste più “un Gin&Tonic”, ma si chiede una precisa marca. E allora succede che nei bar “di provincia” si trovano bottigliere molto fornite e ricercate, spesso più di quelle delle grandi città, perché qui si conta sui clienti locali, e quelli vanno stimolati continuamente se li si vuole mantenere a lungo. «Non possiamo puntare sul turista si passaggio, che nelle città viene dato per scontato – spiega Nino -. Noi dobbiamo offrire di più, dobbiamo tirare fuori la nostra voglia di emergere e farci sentire. Questa è una delle grandi forze della provincia: vieni da noi ed è tutto più concentrato. Trovi tutti i servizi dei quali ai bisogno a piedi, parcheggi facilmente. Spendi lievemente meno e spesso e volentieri ricevi qualcosa in più in termini di qualità. In molti contesti cittadini si danno per scontati i clienti, e per questo si abbassa più facilmente la qualità».

Una provincia in fermento

Quella di Pomigliano d'Arco e dello Speakeasy è la fotografia di una provincia in gran movimento, che negli ultimi anni sta ricevendo tutta l'attenzione che merita: una cittadina di 40.000 abitanti che fino al 2010 contava 6 attività ricettive o ristorative e che nell'ultimo censimento ne ha quasi 170. Una cittadina che negli ultimi anni è diventata un punto di riferimento della vita serale e notturna, non solo per la popolazione locale, ma anche per tante persone che si muovono dai comuni limitrofi o dal capoluogo stesso, per passare una serata piacevole. Sono tanti i professionisti della ristorazione napoletana che si sono trasferiti qui e hanno aperto le proprie realtà, alzando sempre più l'asticella di un livello di qualità generale alto, del quale lo Speakeasy può tranquillamente vantare di esser stato un apripista.

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