Angostura, perché bitter vuol dire anche… amaro

Amaro di Angostura

Quella bottiglia da 10 centilitri con l’involucro di carta bianca e nera e il tappo giallo non ha certamente bisogno di presentazioni, essendo uno di quegli ingredienti presenti dietro tutti i banchi bar del mondo. Il bitter aromatico di Trinidad&Tobago ha - nel corso dei suoi quasi duecento anni di storia - espanso i propri orizzonti prima alla produzione di rum e in seguito, quasi come naturale conseguenza, alla creazione di un amaro composto sia da bitter e rum della casa sia da ulteriori componenti aromatiche.

È su questo ultimo prodotto di casa Angostura che il brand ha deciso di fare leva negli ultimi anni, prima consolidandosi all’estero e ora puntando sulla patria degli amari: l’Italia.

Un progetto ambizioso che coinvolgerà durante tutto il 2019 ben nove “ambassador” sparsi sul territorio nazionale che, sotto la supervisione e l’esperienza di Samuele Ambrosi, si occuperanno di far conoscere il brand e di far breccia nei banconi della penisola. Ogni grande città sarà coperta un membro del team di bartender che affiancherà gli agenti commerciali e farà conoscere il prodotto in un bar dopo l’altro. Siamo andati a Bologna a conoscerne i nomi: Lorenzo Scaglia per Torino, Luca Manni a Firenze, Ivan Paturno a Milano, Lorenzo Alberti a Bologna e Mattia Pavan in Veneto. Riccardo Marinelli si occuperà di Roma, Luca Casale di Napoli, a Diego Melorio Lecce e a Ivan Geraci la Sicilia.

Se un giorno ve li troverete davanti con una bottiglia dal tappo giallo, ma dalle dimensioni più grandi non spaventatevi, ma preparate un bicchiere da tasting.

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