Scuola-Lavoro, c’è ancora molto da fare

Nel 2019 l'esperienza pratica lavorativa degli studenti degli istituti tecnici e professionali costituirà un requisito per l'ammissione all'esame di stato. Ma non tutto sembra funzionare, a partire dalla burocrazia

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Nel 2019 l'esperienza pratica lavorativa degli studenti degli istituti tecnici e professionali costituirà un requisito per l'ammissione all'esame di stato. Ma non tutto sembra funzionare, a partire dalla burocrazia

Concluso l’esame di maturità, lo scorso luglio, circa mezzo milione di studenti  hanno chiuso un ciclo e oggi stanno intraprendendo nuovi studi o sono alla ricerca di uno sbocco nel mondo del lavoro. Altrettanti stanno per entrare nel terzo anno delle superiori e, soprattutto, a vivere un’esperienza formativa del tutto inedita, quella dell’alternanza scuola - lavoro, una delle innovazioni più significative della Legge 107 del 2015, denominata La Buona Scuola. Il suo obiettivo è consolidare le conoscenze acquisite dagli studenti, arricchire la loro formazione e orientare il loro percorso di studio.

Ha preso il via nel 2015 e per gli istituti tecnici e professionali fissa un obiettivo di 400 ore di esperienza pratica lavorativa tra la terza e la quinta classe; il prossimo anno, 2019, costituirà per la prima volta uno dei requisiti per l’ammissione all’Esame di Stato e sarà oggetto di discussione nell’ambito del colloquio finale.

Effetto sociale

Come ogni trasformazione, l’introduzione di questo nuovo percorso formativo ha incontrato diverse difficoltà a livello organizzativo per la sua implementazione tanto che la materia è stata spesso oggetto di interventi e chiarimenti da parte del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca riportati, per chi volesse saperne di più, sul sito www.istruzione.it/alternanza. Già dal suo insediamento, il nuovo ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha dichiarato il proprio apprezzamento nei confronti dell’alternanza, alla quale intende tuttavia apportare dei correttivi  per renderla, ha affermato, “più mirata all’orientamento e alla possibilità di avere un effetto sociale importante nei confronti dei nostri studenti”.

Cosa ne pensano i professori? La presenza di numerosi docenti, circa una ventina e provenienti da ogni parte d’Italia, che hanno accompagnato a Trieste, presso lo stabilimento di Illycaffè i finalisti del concorso Maestri dell’Espresso Junior, ha permesso di fare un rapido punto sul dibattito in corso.

Giudizio positivo

Il giudizio globale dei docenti è positivo: i ragazzi finalmente escono di casa e imparano a vivere in autonomia, prendendo un primo contatto, con il mondo del lavoro, i suoi impegni e la sua complessità, accompagnati dalla guida di un tutor. Hanno, dunque, la possibilità di crescere sia professionalmente, sia come persone e al loro rientro a scuola i bilanci sono per lo più quasi sempre in attivo. La fase più complessa per la scuola è la gestione delle diverse figure coinvolte: dai docenti che seguono l’attività didattica in aula  agli insegnanti incaricati del rapporto con le strutture ospitanti (aziende) e ai consulenti esterni. Senza dimenticare l’attività di coordinamento delle attività di alternanza scuola-lavoro che devono possibilmente avvenire in un periodo ben definito dell’anno al fine di non intralciare l’attività scolastica. A questa complessità organizzativa si aggiunge un carico burocratico per gli insegnati che coordinano davvero enorme che solo in rari casi viene debitamente remunerato. Se l’alternanza procede è per lo più grazie allo spirito di sacrificio dei docenti, affermano i più. Soprattutto viene lamentata la mancanza di linee guida precise, pur riconoscendo che dal 2000 è in vigore l’autonomia scolastica, dunque la progettazione e la programmazione dei percorsi degli studenti sono di competenza degli organi collegiali dei singoli istituti.

Manovre correttive

In sintesi, emerge il quadro di un’Italia a due velocità: un Nord che nei tre anni di “rodaggio” del nuovo sistema (e ancor prima con gli stage) ha spesso creato reti virtuose con le aziende del territorio e ha saputo sfruttare diverse forme di finanziamento (statale, europeo e, in alcuni casi anche regionale). E un Sud più attendista che fatica a strutturare i progetti in modo organico anche perché, si osserva, in alcune zone le aziende non sono così numerose da soddisfare le domande e ci sarebbe bisogno di far effettuare agli studenti delle trasferte, i cui costi ricadrebbero sulle spalle delle famiglie. Viene sottolineata l’importanza di mantenere alta l’attenzione nei confronti del rischio di sfruttamento degli studenti (e qui entrano in gioco i tutor) e di una pianificazione delle esperienze al di fuori dei periodi di alta stagione per permettere ai lavoratori stagionali di essere assunti e ai ragazzi di comprendere meglio i processi aziendali. Riscuote consenso il Bottone Rosso che il Miur - ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - ha messo a disposizione degli studenti per segnalare casi di criticità, che ha già portato ad azioni correttive al fine di favorire la corretta esecuzione dei percorsi di alternanza.

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