Decreto Natale: locali chiusi durante le feste

Il provvedimento chiude di fatto i locali per l'intero periodo delle festività, applicando a tutta la Penisola le misure per le zone in fascia rossa e arancione dal 24 dicembre al 6 gennaio. Previsto un nuovo contributo a fondo perduto per i pubblici esercizi

Decreto Natale
Foto di Goran Horvat da Pixabay
Il provvedimento chiude di fatto i locali per l'intero periodo delle festività, applicando a tutta la Penisola le misure per le zone in fascia rossa e arancione dal 24 dicembre al 6 gennaio. Previsto un nuovo contributo a fondo perduto per i pubblici esercizi

Scatta la serrata per i locali durante le prossime festività. A decretarla il nuovo provvedimento del governo emanato per fronteggiare la pandemia da Coronavirus, il Decreto natale, ovvero il decreto legge 172 del 18 dicembre 2020 (in fondo all’articolo il test completo scaricabile), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dello stesso giorno e in vigore dal 19 dicembre.

Il decreto pone infatti tutto il territorio nazionale in zona rossa o arancione, differenziando per date, dal 24 dicembre al prossimo 6 gennaio, misura che di fatto si traduce nel blocco delle attività dei locali, eccetto per i servizi di asporto e delivery, in tutta la Penisola. Serrata che sarà accompagnata, dice il testo della norma, dall’arrivo di nuovi ristori per le attività penalizzate.

Italia in zona rossa nei festivi e prefestivi

Andando nel dettaglio, il nuovo decreto, le cui misure si aggiungono a quelle già previste dal Dpcm Natale dello scorso 3 dicembre, stabilisce che su tutto il territorio nazionale:

- nelle giornate del 24, 25, 26, 27 e 31 dicembre 2020 e dell’1, 2, 3, 5 e 6 gennaio 2021 si applichino le misure previste per la cosiddetta zona rossa (art. 3 del Dpcm del 3 dicembre 2020). Quindi in queste date non ci si potrà spostare dalla propria abitazione, se non per motivi di lavoro, salute o necessità comprovati con autocertificazione e conferma del coprifuoco dalle 22 alle 5 del giorno successivo (prolungato fino alle 7 il giorno di Capodanno). In queste giornate è prevista una deroga per gli spostamenti verso le abitazioni private presenti nella stessa regione e nei limiti di due persone, ulteriori rispetto a quelle lì già conviventi. In pratica, è consentito ospitare a casa massimo due persone, alle quali si potranno aggiungere eventuali minori di 14 anni, disabili e persone non autosufficienti, senza limiti al gradi di parentela.

- nelle giornate del 28, 29, 30 dicembre 2020 e del 4 gennaio 2021 si applicano, invece, sempre sull’intero territorio nazionale, le misure previste per la zona arancione (art. 2 del Dpcm del 3 dicembre 2020). Pertanto, in queste giornate ci si potrà spostare liberamente solo dentro il proprio comune, mentre per andare in un altro comune o in un’altra Regione occorre l’autocertificazione che attesti comprovati motivi di necessità, salute o lavoro. Una deroga è stata introdotta per chi vive in un comune con meno di 5.000 abitanti, che potrà spostarsi per raggiungere un altro comune, ma solo entro 30 chilometri e comunque mai per raggiungere i capoluoghi di provincia.

Locali sempre chiusi

Le nuove misure di fatto implica la sospensione per le attività di bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie per l’intero periodo che va dal 24 dicembre al 6 febbraio del 2021. Restano comunque aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situate lungo le autostrade, gli itinerari europei E45 e E55, negli ospedali, negli aeroporti, nei porti e negli interporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro. Consentite inoltre le mense e il catering continuativo su base contrattuale.

Durante questo arco temporale i locali potranno lavorare esclusivamente con i servizi di asporto (cibi e bevande, compresi alcolici e superalcolici) fino alle ore 22, fermo restando il divieto per i clienti di consumazione sul posto o nelle adiacenze del locale, e di consegna a domicilio, in quest’ultimo caso senza limiti di orario.

Nuovi ristori per i pubblici esercizi

Il Decreto Natale all’articolo 2 ha previsto nuovi ristori, ovvero un nuovo contributo a fondo perduto, per i pubblici esercizi per una cifra complessiva di 645 milioni di euro. A beneficiarne le attività con codice Ateco 56 (l’elenco è nell’Allegato 1), quindi bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, catering e banqueting, mense. Attenzione però, perché il nuovo ristoro verrà concesso solo alle attività che hanno ricevuto il contributo a fondo perduto previsto dal Decreto rilancio, erogato la scorsa estate.

Il contributo sarà accreditato direttamente dall’Agenzia delle entrate sul conto corrente bancario o postale sul quale è stato già versato il contributo del Decreto Rilancio e sarà della stessa entità della cifra ricevuta in estate. Si tratta quindi del 20% della differenza di fatturato tra aprile 2020 e aprile 2019 per chi avesse avuto ricavi 2019 sotto i 400.000 euro, del 15% della differenza in caso di ricavi tra 400.000 euro e 1 milione e al 10% con ricavi tra 1 e 5 milioni. In ogni caso il contributo massimo sarà di 150.000 euro. Cifre che dunque saranno inferiori a quelle erogate con il Decreto ristori.

Fipe: nuovo duro colpo per la categoria

Molto critica con le nuove restrizioni per i locali la Fipe. «Le nuove limitazioni incideranno pesantemente sui nostri già disastrati fatturati: abbiamo già perso oltre 33 miliardi su 86 complessivi (-38,38%) e gli annunciati ristori, in media 3.000 euro ad azienda, risultano inadeguati e insufficienti a compensare singolarmente i danni – si legge in una nota della Federazione italiana dei pubblici esercizi -. Col risultato di disperdere imprese, posti di lavoro e professionalità, fondamentali per due filiere strategiche per il Paese: agroalimentare e turismo. Con l’aggravante che, questa volta, ci si è dimenticato delle aziende di intrattenimento, in particolare e discoteche, chiuse da febbraio ed escluse da qualsiasi ristoro, anche parziale».

Altra nota dolente per la Fipe è poi l’entità stessa dei contributi, del tutto insufficiente a compensare i grandi sacrifici richiesti al settore ormai da quasi un anno e che stanno mettendo in ginocchio numerose attività. «Se il riferimento deve essere il “modello tedesco” più volte invocato per giustificare le misure restrittive, i ristori allora a esso dovrebbero essere ispirati: indennizzo al 75% dei fatturati calcolato sui mesi di novembre e dicembre, riduzione dell’Iva al 5%, tutela degli sfratti, per esempio».

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