Chi è e quanto vale un barista? È una domanda frequente che si trova sui social, nei messaggi che raggiungono la redazione di Bargiornale e che chi è alle prime armi nella professione, o fatica ad affermarsi, spesso rivolge a chi ha saputo formarsi, crescere e avere successo nel lavoro. Perché anche in un settore come quello del bar è possibile “fare carriera”, anche se non ci si può nascondere che per raggiungere il dinamismo di alcuni Paesi stranieri ci vorrà tempo. Ma i segnali di un cambiamento e di una maggiore sensibilizzazione nei confronti della professionalità del barista ci sono e crescono. I baristi, per esempio, possono accedere più facilmente alla formazione e accrescere le proprie conoscenze.
Competenze e compensi
Ma, dove esiste, questa professionalità è riconosciuta e remunerata, come avviene nel caso di bartender, pasticcerie chef? Purtroppo la meta è lontana e questo divario non è imputabile solo al proprietario di turno, ma a una serie di situazioni che impediscono alla figura del barista di emergere come meriterebbe. In Italia il costo del lavoro è alto per qualsiasi figura professionale, tuttavia alcune di queste sono in grado di dare un ritorno economico interessante. Basti pensare a uno chef stellato: la differenza della sua cucina rispetto a un “normale” cuoco si coglie con un’occhiata e al primo assaggio.
Lo stesso piatto, se preparato dal primo, può avere un prezzo in carta ben superiore rispetto a quello proposto dal secondo. E subito si coglie l’evidenza dei vantaggi economici (pure a fronte di maggiori oneri) che si possono avere lavorando con un professionista vero e riconosciuto come tale.
Quando si parla di baristi la differenza si coglie solo in rari casi perché, purtroppo, in questo settore vige ancora la regola del “cosa ci vuole per fare un buon espresso?”. Inoltre, che si tratti di un cappuccino o di un espresso, il guadagno è minimo perché il prezzo delle consumazioni è troppo basso; ed è qui che nasce la convinzione che al bar non ci sia posto per una figura professionale riconosciuta, in quanto si pensa che un adeguato stipendio sia difficilmente sostenibile da un punto di vista economico e non dia un riscontro positivo alle casse del bar.
C’è molto da fare
Sul fronte della sostenibilità l’affermazione è corretta, soprattutto se si ha a che fare con gestori impegnati a vincere la concorrenza non tanto con la professionalità, quanto applicando i prezzi più bassi. Ma è una strategia che non assicura alcun futuro, perché così facendo i margini si riducono ai minimi termini, come pure la qualità dell’offerta.
Riguardo al ritorno economico, in parecchi esercizi la presenza al banco bar di una figura di riferimento qualificata e una squadra ben formata hanno invece saputo dare una marcia in più all’attività. Certo, rispetto alla massa dei pubblici esercizi italiani, il loro numero è molto contenuto e la tentazione di farsi prendere dallo sconforto è grande.
Una via di uscita da questo tunnel si può trovare nel cammino che ha portato alcuni (e chi scrive è tra questi) da “barista semplice” a diventare proprietario dei locali grazie al ruolo di head barista, un concentrato di sapere, esperienza sul campo e una voglia di conoscere che ha spinto a guardarsi attorno, cogliendo spunti e modelli. Il tutto unito alla consapevolezza di essere in un settore in evoluzione, al quale servono nuove risposte.
Doti organizzative
Se è vero che questa figura professionale comincia ad essere ricercata e inizia ad esserle riconosciuto un compenso superiore rispetto a quelli medi, e che può arrivare attorno ai 1.600 euro, è altrettanto vero che sono necessarie specifiche competenze. A partire da quelle classiche: per essere riconosciuto tale, un capo deve possedere leadership, ovvero la capacità di realizzare e guidare una squadra che lavora con un unico obiettivo, nonché di condividere e trasmettere a tutti i colleghi informazioni su ogni caffè servito.
Un altro importante compito è l’organizzazione della postazione di lavoro, al fine di realizzare un ambiente e un flusso di lavoro che permettano di velocizzare il servizio, mantenendo pulizia e ordine. Un menu ben impostato e articolato permette di incrementare il business di una caffetteria; per farlo bisogna studiare ogni singolo aspetto, dagli spazi al work flow, al target della clientela, allo studio delle bevande in base alla stagione. Questo richiede tempo e studio, ma è in grado di aumentare lo scontrino medio della caffetteria. Un’altra importante mansione è il controllo della qualità attraverso la verifica del rispetto degli standard di servizio prestabiliti; se vi fossero delle mancanze è importante intervenire subito e correggere.
Ancora. La comunicazione è indispensabile in una caffetteria di nuova generazione in cui il barista deve trasmettere alla clientela le caratteristiche dei caffè serviti, riuscendo al contempo a essere un buon venditore. Diventare head barista è un cammino lungo, ma l’esperienza dice che ne vale la pena.