Semplicità al primo posto nel “manifesto” di Giacomo Vannelli ai baristi di domani

“Col niente puoi fare la differenza” è stato il messaggio lanciato con la gara che lo ha incoronato campione italiano Baristi per la terza volta.

Giacomo Vannelli ha mostrato un nuovo volto e un nuovo temperamento nel corso del Sigep che lo scorso gennaio lo ha visto incoronato per la terza volta campione italiano Baristi del circuito Sca Italy. Disponibile, sorridente, ma soprattutto desideroso di mandare un messaggio ai giovani, in qualità di “senior” (così si definisce a 28 anni) della situazione. «Voglio rivolgere il mio “manifesto” al barista di domani, ai nuovi talenti - afferma -. Visto da vicino il palco di gara è un open space facilmente raggiungibile, ma so che visto da fuori non è così: incute timore, è difficile da affrontare e il barista è spaventato dalla complessità della gara. La mia si è incentrata sulla semplicità: ho voluto mandare un messaggio di apertura e abbattere ogni barriera, perché tanti giovani, che vedo più bravi di me, si possano convincere e arrivare a gareggiare». Il suo messaggio è stato “con niente puoi fare la differenza”. Così, per raffreddare gli espressi e aumentarne la complessità non ha usato ghiaccio, ma cubetti di plastica ghiacciati: non perdono acqua, non chiedono trattamenti particolari, non annacquano la bevanda; più semplice di così.

Giacomo Vannelli durante la gara del 2015 a Sigep.

Mentre si muove tra le corsie molti lo fermano, chiedono consigli, si confrontano: a tutti risponde con un sorriso e la schiettezza che ha imparato dal suo amico e maestro Andrea Lattuada, con cui si è confrontato nella preparazione della gara. Come già nel 2015 ha cercato di dare degli input tecnici a chi vorrà coglierli e svilupparli. Quattro anni fa furono il variare del TDS (Solidi Totali Disciolti) nelle diverse fasi di un espresso e delle componenti aromatiche che ad esse di accompagnano ad essere analizzate. Quest’anno l’attenzione è ricaduta sulla macinatura. «Se un barista ha un caffè incredibilmente buono, lo macina a mano perché si sa che le alte velocità e le frizioni abbassano la qualità - riprende Vannelli -. Così ho cercato un metodo per dirgli non solo che non dovrà fare più fatica, ma che la stessa dose macinata come gli ho mostrato, va a migliorare del 30% la sensorialità della tazza”. Il ragionamento è stato: se per realizzare una tazza si devono utilizzare 18 gr di caffè, per lo più li si macina insieme, con problemi di riscaldamento e di granulometria. L’intuizione: dividere in tre parti la dose (6 gr ciascuna) e inserirle in momenti diversi tra le macine in azione (mai fermate). Con questa semplice operazione si hanno più vantaggi: minore contatto del caffè con la macchina, dunque minore riscaldamento; una migliore distribuzione del particolato (la quantità di parti fini è molto bassa) e a livello sensoriale si ha molta più complessa, dolcezza e meno amarezza. Il risultato scientifico, va di pari passo con quello sensoriale.

Questa semplicità ha di nuovo avuto una “rivoluzione” alle spalle. Non si è partiti dal caffè, ma dal produttore, Jamison Savage, titolare della Finca Deborah, che produce alcuni dei migliori caffè panamensi e che Giacomo conosce personalmente da qualche anno. Con lui è stato scelto un Apex Panama, un naturale sperimentale essiccato su letti posti su tre livelli modulabili tra loro; quando le ciliegie raggiungono il 10% di umidità vengono imbustate e stoccate a riposare in un ambiente refrigerato per 90 giorni: in tazza ha presentato una grande eleganza.

Ultima fase della gara: la realizzazione del signature drink.

Si realizza facilmente anche il signature drink, che ha preso il via con l’estrazione di 4 espressi subito raffreddati, Quindi sono stati realizzati due infusi rispettivamente a base di marmellata di amarene (leggermente scaldato per diminuire l’acidità e innalzare la dolcezza) e di albicocca, per esaltare le note di frutta rossa e gialla del caffè. Gli espressi e 35 gr di ciascun infuso sono stati messi in un sifone caricato ad azoto (un flash) per dare una leggera cremosità. La tazza in cui il preparato è stato servito offriva una doppia texture: più rugosa sotto (a richiamare la cremosità), liscia sopra per permettere di focalizzare l’attenzione sull’eleganza, la complessità e la pulizia del drink. Semplice da realizzare in qualsiasi locale: «Ho scoperto che è molto più difficile fare una cosa semplice che complessa - conclude Giacomo -: la sintesi è difficilissima!».

 

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