La latte art per tutti del Wlacc funziona davvero

Giornalisti e docenti
Manuela Fensore e Carmen Clemente hanno dimostrato coi fatti l’efficacia del loro approccio metodico e razionale all’emulsione e al decoro.

Quando, a pochi mesi dalla vittoria mondiale Sca di Latte Art nel 2019, siamo andati da Manuela Fensore per comprendere come si realizzano punti e linee con la crema di latte, ha colpito la precisione, l’approccio metodico e razionale che accompagnava ogni passaggio. L’esperienza, l’approfondimento e gli studi fatti in Cina hanno portato alla codifica di un metodo preciso che permette di insegnare in modo semplice ed efficace la posizione, la presa e i movimenti corretti.

Insieme a Carmen Clemente, campionessa mondiale della categoria nel 2022, trasmette con successo queste conoscenze a tutti i corsisti, dai neofiti ai più esperti, nella loro scuola, la World Latte Art & Coffee Center di Rho, alle porte di Milano. Per verificarne l’efficacia ha coinvolto quattro giornalisti con molte conoscenze teoriche, ma pratica scarsa o nulla, in un corso di 5 ore: Manuela Spissu di Comunicaffè, Anna Muzio collaboratrice di Mixer, Nadia Rossi e Stefano Nincevich di Bargiornale.

In teoria. La prima parte ha illustrato i processi alla base della disciplina. A cominciare dalle caratteristiche che il latte deve avere per montare: oltre il 2,8% di proteine che danno struttura alla crema, mentre la parte grassa conferisce il gusto. Il liquido non deve essere lavorato più volte, dunque è importante calibrare bene la capienza della lattiera al fine di utilizzarlo al meglio senza sprechi: 350 ml per 1 cappuccio + 1 latte macchiato; 500 ml per 2 cappuccini + 1 latte macchiato; 750 ml per 3 cappuccini. 

Per ottenere 3 cm di crema l’indicazione è di dare 3 secondi di aria con il beccuccio della lancia inclinata a ore 3 o ore 9, appena immerso nel latte, proseguendo con 15 secondi di emulsione, con la lancia inserita nel liquido, per una lavorazione totale di circa 18 secondi. Il cappuccino ideale è definito come un cocktail tra latte e caffè, meglio se sormontato da un decoro in latte art che è sempre gradito dal cliente ed è un eccellente strumento di promozione del locale: molti consumatori li postano sui social. Quindi la presa della tazza, a “C”, come l’omino della Lego e della lattiera, che deve essere salda (pollice e indice sui due lati alla sommità dal manico, le rimanenti tre dita lo avvolgono) e al contempo flessibile. Infine le linee guida di come realizzare le tre figure base - cuore, tulipano e rosetta, e si passa alla pratica.

In pedana. Si prende il via con l’erogazione di un buon espresso (la base fondamentale di un eccellente cappuccino), quindi si prosegue con la montatura del latte, con mani esperte e istruzioni ben chiare che guidano alla sua realizzazione più o meno spessa e con una tessitura fine e ben lucida, come pure della prima figura, il cuore. La realizzazione in autonomia risulterà molto meno semplice e precisa, ma c’è sempre chi è pronto a correggere una postura errata (che alla lunga provoca problemi ai professionisti), un gomito troppo basso, una presa sbagliata o un versaggio un po’ troppo timido. Piano piano si prende confidenza con la prima figura e si passa alle successive, che creano non poche difficoltà a mani inesperte. Non nascono capolavori, ma senza dubbio, conclusa la lezione, c’è la voglia di riprovare, di tornare e affinarsi o di mostrare quella crema così lucida o un timido decoro il mattino dopo a parenti e amici.

Fare gruppo. «L’entusiasmo, la voglia di riprovare era ciò che sentivo dopo ogni corso fatto con Luigi Lupi - racconta Manuela Fensore -: il nostro auspicio è che i corsisti che sono venuti (ho già avuto molte conferme in tal senso) e che verranno provino lo stesso slancio, unito a un’impostazione (una base per noi essenziale) che aiuta a lavorare davvero bene. Sono miei lo studio dell’impugnatura e della corretta emulsione, che ho affinato in Cina e trasmetto con Carmen a ogni corsista. Guardando le competizioni di Latte Art di Sca e di Latte Art Grading System sono contenta dei progressi di tanti concorrenti, a cui sento di avere dato il mio contributo. Ciò che mi ha colpito e che vorrei arrivasse anche in Italia è lo spirito di gruppo degli asiatici». «Da parte nostra - prosegue Carmen Clemente - cerchiamo proprio di portare questa mentalità: là condividono idee ed esperienze, si allenano tra concorrenti, si danno una mano; perché non farlo anche da noi? I talenti in Italia ci sono, devono imparare a dialogare, farsi forza reciprocamente e fare gruppo: un cambiamento di mentalità che farà molto bene a tutti».

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