Eudr e mondo del caffè, il punto della situazione con CSC

Isola di Sumatra: porzione di foresta abbattuta per fare spazio alla coltivazione di palme da olio
Isola di Sumatra: porzione di foresta abbattuta per fare spazio alla coltivazione di palme da olio
Il regolamento dell’Unione Europea contro la deforestazione entrerà in vigore il 30 dicembre 2024: i tempi sono stretti e i problemi che si prospettano numerosi.

L’Unione Europea ha introdotto una normativa che mira a contrastare la deforestazione in ambito agricolo, che accanto a conseguenze positive, lascia intravedere tanti effetti negativi che potrebbero ricadere sui piccoli produttori nei Paesi più poveri. Con Enrico Romano, responsabile dei caffè dell’India per CSC - Caffè Speciali Certificati e Vittorio Barbera di Barbera 1870, una delle torrefazioni che aderiscono al Consorzio, abbiamo delineato un rapido quadro della situazione del nuovo regolamento.

Tra gli addetti ai lavori la preoccupazione è grande, insieme a numerosi dubbi, riguardo il regolamento dell’Unione Europea contro la deforestazione (Eudr) che entrerà ufficialmente in vigore a partire dal 30 dicembre 2024. Prevede che gli importatori di prodotti di consumo e di materie prime come caffè, cacao, soia, olio di palma, bestiame, legname, gomma, carbone e carta - e di loro derivati come carne bovina, mobili o cioccolato - debbano essere in grado di dimostrare che i beni acquistati non provengono da terreni frutto di deforestazione o degradazione dopo il 31 dicembre 2020. La nuova legge è una parte importante dei piani di Bruxelles per raggiungere le emissioni nette zero nell’Unione entro il 2050.

«Si tratta di un’azione che nelle intenzioni è lodevole, ma nella pratica rischia di far ricadere le conseguenze sull’anello più debole della catena: i paesi produttori più poveri - osserva Enrico Romano, titolare di C.B.C., Coffee Brokers Company, di Roma e responsabile dei caffè dell’India per CSC -. L’European Deforestation-free products Regulation è entrato in vigore il 29 giugno 2023, ma non sono ancora stati pubblicati i decreti attuativi, ovvero i provvedimenti necessari per completate gli effetti della norma stessa. In Europa può essere relativamente semplice soddisfare requisiti di geolocalizzazione e tracciabilità di beni prodotti nel Vecchio Continente, ma questo è decisamente complesso, costoso e in molti casi pressoché impossibile in numerosi Paesi d’origine del caffè. 

A cominciare dall’Etiopia, dove sembra che il governo abbia proibito qualsiasi attività di geolocalizzazione a causa del conflitto armato in atto nel Paese. E comunque ben poche tra le di famiglie (5 milioni) che dipendono dal caffè, spesso proprietarie di piccolissimi appezzamenti, avrebbero gli strumenti (prima di tutto economici) per soddisfare le richieste europee. Lo stesso vale praticamente per tutta l’Africa, l’Indonesia ed anche per l’India, con cui ho rapporti diretti. Qui i nostri fornitori si sono detti pronti a soddisfare quanto verrà richiesto, ma CSC fa da sempre della tracciabilità, dell’alta qualità del prodotto e del rispetto di chi lo produce un suo punto di forza. Quando si scende - anche di poco - nella scala di valore si possono incontrare realtà difficilmente codificabili. Se si tratta di piccoli produttori ci può essere un terreno che fu del nonno che lo divise tra i due figli che a loro volta li hanno suddivisi tra i loro discendenti: non c’è un catasto, ma il rispetto di “confini” definiti da un corso d’acqua, un albero, una roccia… come si può procedere? Fortunatamente, in India da tempo si è compreso che la via per far fronte ai cambiamenti climatici è la coltivazione del caffè sotto la vegetazione, quindi non si disbosca, ma si pianta. 

E se si compra da una cooperativa alla quale centinaia di produttori conferiscono il caffè, come lo si geolocalizza e a chi si attribuisce la coltivazione? Sono solo pochi esempi che sottolineano la difficoltà di applicazione della nuova normativa Europea e potrei proseguire a lungo. Ci sono poi Paesi come l’Indonesia che pare abbiano già dato forfait: non essendo in grado di fornire alcuna documentazione, si dice che il governo abbia preso la decisione di non esportare i propri prodotti in Europa». 

I tempi si fanno sempre più stretti in quanto, come osserva Vittorio Barbera, rappresentante della sesta generazione di Barbera 1870 e import-export manager della Torrefazione siciliana socia di CSC, «effettuiamo i nostri acquisti di caffè con 6-8-10 mesi di anticipo: quali potremo acquistare e come possiamo prendere oggi la decisione? La nostra torrefazione da sempre acquista caffè etiope; ora stiamo cercando di capire se possiamo procedere o meno». Frattanto, una testata attenta al continente africano qual è Nigrizia, già lo scorso dicembre denunciava il fatto che alcune aziende europee avessero pianificato una riduzione degli acquisti dei caffè di piccoli produttori etiopi: una strategia che rischia di aumentare la povertà nelle terre d’origine e di far crescere i prezzi per i consumatori dell’UE.

Nel frattempo gli ambasciatori di 27 Paesi produttori lo scorso luglio hanno inviato ai principali responsabili del Parlamento Europeo una lettera in cui denunciano l’entrata in vigore di una norma quale l’Eudr “a senso unico”, ovvero cucita sulle particolari esigenze dell’UE senza avere aperto un dialogo con i Paesi produttori e ignorando la realtà delle diverse nazioni, le loro capacità di organizzarsi e di adeguarsi a quanto richiesto. Questo atteggiamento è considerato discriminatorio e punitivo per le parti più deboli: «i piccoli proprietari terrieri - si legge - potrebbero essere esclusi non perché hanno deforestato i loro terreni, ma a causa della loro incapacità di dimostrare il rispetto dei severi requisiti imposti». Per questi vengono richiesti un sostegno speciale e linee guida più semplici da soddisfare. Gli interlocutori sottolineato l’importanza di realizzare accordi con obiettivi di tipo ambientale, per i quali chiedono all’Unione Europea l’impegno ad una cooperazione efficace.

«Siamo in una fase di stallo - riprende Enrico Romano -: come detto, i decreti attuativi non ci sono quindi per le aziende ad oggi non è possibile adeguarsi alle disposizioni Eudr entro il 30 dicembre 2024; per le imprese più piccole il termine slitta a giugno 2025. È auspicabile un intervento rapido delle maggiori associazioni del settore sia italiane sia europee al fine di fare chiarezza e comprendere se e come ci si dovrà adeguare alla nuova normativa, se ci potranno essere proroghe dei termini, differenti modalità in base alla particolare situazione dei Paesi produttori. È un passo urgente che un mercato immenso - penso alla globalità dei prodotti interessati, non solo al caffè - sollecita. L’auspicio è che si possa proseguire in un cammino di sostenibilità in modo più semplice e sostenibile, per tutti».

L’8 marzo scorso The Financial Times ha scritto riguardo l’intenzione da parte dell’Unione Europea di ritardare la rigorosa sorveglianza delle importazioni da aree soggette a deforestazione. Se in un primo tempo si era pensato di utilizzare un sistema di classificazione dei Paesi in alto, medio o basso rischio di deforestazione, ora si pensa di indicare un solo rischio standard per dare più tempo di adattarsi al regolamento; inoltre Bruxelles potrebbe adottare un approccio regionale piuttosto che nazionale, dunque, ad esempio, le pianure del Sud del Brasile sarebbero classificate con un rischio inferiore rispetto a quelle della regione amazzonica. 

L’agricoltura è la principale causa di deforestazione. Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), tra il 1990 e il 2020 sono andati persi 420 milioni di ettari di foresta a causa della deforestazione, un'area equivalente a quella dell’UE. Un processo inverso sta avvenendo in Europa, dove tra il 1990 e il 2000 le foreste sono aumentate del 10%.

Le cause della deforestazione e del degrado forestale si trovano soprattutto nell’agricoltura che è la causa di almeno il 50% del fenomeno, principalmente per far posto alla produzione di olio di palma (34%) e di semi di soia (32,8%) nonché di legno (8,6%), cacao (7,5%), caffè (7%), gomma (3,4%), mais (1,6%). Seguono il pascolo del bestiame (40%) e l’urbanizzazione (6%): quest’ultima è la causa principale della deforestazione in Europa.

Il cambiamento climatico è sia causa sia conseguenza della deforestazione: gli eventi estremi che provoca, come incendi, siccità e inondazioni, colpiscono le foreste, la cui perdita è dannosa per il clima in quanto esse svolgono un ruolo in portante nel fornire aria pulizia, regolare il ciclo dell’acqua, catturare CO2, prevenire la perdita di biodiversità e l’erosione del suolo.

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