Vi fidereste di una barista? è stato il titolo provocatorio di un’inchiesta condotta tre anni fa da Bargiornale tra alcune donne che operano nel mondo del caffè a diversi livelli (imprenditrici, trainer, bariste, manager, farmer, ecc), consapevoli di avere innescato un cambiamento all’interno di un settore con una presenza prevalentemente maschile, ma fiduciose in un futuro in cui il ruolo femminile sarà sempre più importante e al pari di quello dei colleghi uomini.
La tematica femminile è sempre più attuale nel settore. Tre figure di Gruppo Cimbali hanno dato la propria testimonianza all’interno della masterclass Le professioni nel mondo del caffè, organizzata da Elle Active!: ne è emerso uno spaccato sulle opportunità all’interno di un ambiente ricco di opportunità anche per l’universo femminile.
L’importanza della conoscenza della complessa realtà del caffè, al quale sono dedicati oltre 40 corsi, è stata sottolineata Rita Saiu trainer di Mumac Academy, i cui corsi si rivolgono sia al professionista sia al consumatore. Entrambi devono infatti comprendere prima di tutto la realtà di prodotto agricolo del caffè, che prima di arrivare in Italia e ancor più al bar, ha una lunga storia che lo accompagna nelle terre in cui viene coltivato e dove subisce la prima lavorazione, quindi nel nostro Paese, dove viene tostato, per arrivare agli ultimi minuti del suo cammino, tra il macinacaffè e l’espresso in tazza. «Il mio ruolo - afferma - è di parlare di tutta la filiera del caffè ponendo un’attenzione particolare alla sostenibilità (uno degli obiettivi del Gruppo, ndr) e alla qualità del prodotto. Quando si assaggia un caffè cosa si deve trovare? In esso si possono racchiudere più di 1800 sentori aromatici, tra cui possono emergere note fruttati e floreali. Infatti il primo caffè che mi ha fatto innamorare di questo mondo è stato un caffè etiope: un prodotto completamente diverso da quello a cui siamo abituati. È importantissimo conoscere le tecnologie tradizionali e le nuove applicate alle superautomatiche». Il barista deve sapere che ogni innovazione è dalla sua parte: se sa che ogni tazza esce perfetta e non si deve preoccupare - ad esempio - della montatura, ha più tempo per seguire il suo cliente.
Valentina Giovesi, supply chain continous improvement, laureata in ingegneria gestionale, vive la quotidianità di un impianto produttivo. In azienda dal 2014, con la nascita della superautomatica S30 ha lavorato con il suo team al cambiamento della catena di approvvigionamento al fine di renderla più snella e più reattiva alle richieste del mercato. «Da circa un anno - spiega - sto lavorando al miglioramento continuo dei flussi di approvvigionamento e al nuovo processo di demand planning. Per avere maggiore precisione al fine di pianificare la produzione e riordinare i componenti necessari abbiamo introdotto un punto di contatto tra la parte operativa e quella commerciale». Sempre su questo processo è stato istituto un programma di riapprovvigionamento. «Sono molto contenta di tutto quello he faccio tutti i giorni - ha concluso -; è un ambiente prettamente maschile, ma e stimolante. Sono stata anche fortunata a incontrare colleghi che non hanno fatto differenze e hanno basato il rapporto lavorativo su sincerità e reciproco rispetto. Credo che proattività, voglia di fare ed entusiasmo siano i segreti anche per affrontare ambienti un pochino più difficili».
L’obiettivo è stato posto sulla sicurezza all’interno di un impianto produttivo con Barbara Stucchi, Hse manager, che mira a questo obiettivo con capacità di ascolto e creatività. «Le nuove linee di produzione - spiega - sono nate ergonomiche: al centro è stato posto chi lavora: i carrelli si regolano in altezza adattandosi a ogni operatore, che ha le attrezzature giuste nel posto giusto e a portata di mano. Le aziende moderne hanno compreso che se l’operatore lavora bene e in sicurezza, opera in qualità e questo è il passaggio culturale che bisogna fare». La sicurezza va oltre i confini aziendali, per comprendere campagne sulla promozione della salute e la prevenzione. «Durante il covid - prosegue - abbiamo offerto i locali del Museo all’Asl di zona per praticare i vaccini: in quattro mesi sono state erogate nei nostri spazi 35 mila dosi e i nostri colleghi si sono offerti di fare il presidio anche nei fine settimana e in estate». Tutto questo fa parte della sostenibilità: l’attenzione verso il lavoratore, verso la comunità, e verso l’ambiente; a quest’ultimo il Gruppo da anni è molto attento, con investimenti di miglioramento ambientale.