Gli ultimi dati a livello internazionale sulla disparità tra uomini e donne nel mondo del lavoro dicono che il divario si sta riducendo. In Italia, tuttavia, le donne soffrono ancora di discriminazioni in termini di paghe, mansioni e possibilità di carriera. Il settore del caffè ha sin dalle origini avuto un’organizzazione del lavoro e una cultura aziendale strutturate per un mercato con una presenza prevalente maschile: una situazione d’altronde comune a molti ambiti dell’economia italiana. A partire dalla fine del secolo scorso i rapporti di forza hanno cominciato leggermente a mutare con la comparsa delle prime professioniste in ruoli di responsabilità all’interno di aziende e associazioni e, oggi, la presenza femminile è ormai un dato di fatto, anche se parlare di una parità effettiva a livello di ruoli e responsabiltà sarebbe scorretto. Ma la volontà di accelerare il cambiamento c’è e lo evidenzia l’entusiasmo mostrato dalle donne interpellate nella realizzazione di questo servizio (imprenditrici, trainer, bariste, manager, farmer ecc.), tutte ottimiste nel prevedere un futuro dove il ruolo delle donne sarà sempre più importante e al pari di quello dei colleghi maschi. Attualmente, l’ostacolo più comune è quello relativo alla difficoltà di farsi accettare come figure esperte sul piano tecnico.
Persona di riferimento
Non è un caso che al bar la donna sia la figura di riferimento per fare due chiacchiere (spesso purtroppo la bella presenza è l’unica caratteristica ricercata sia dal datore di lavoro, sia dal cliente) o scambiare due battute, ma se si tratta di ottenere delle informazioni su una miscela particolare o su un’origine, il cliente, spesso e volentieri, si rivolge quasi inevitabilmente al barista di sesso maschile che, magari, non è affatto competente in materia o che ne sa molto meno della collega. Una situazione, quella appena evidenziata, più comune di quanto si immagini e riproducibile in tanti contesti: dall’aula di formazione alla trattativa commerciale con un cliente. E che induce molte professioniste, ad accontentarsi, a fare un passo indietro, ad assumere un ruolo subalterno e, in definitiva, ad accettare lo status quo. Emblematica, a questo, proposito, la testimonianza di Sonja Grant, barista, trainer, roaster e vice presidentessa della Coffee Roasters Guild: «Le donne devono spesso fare una scelta: se è la famiglia, rimangono vincolate ad essa, mentre l’uomo è in generale più libero. Si tratta di una realtà comune nel mondo. Per affermarsi, dunque, bisogna volerlo tanto e non pensare ad altro. Le donne non sono talvolta abbastanza determinate, ma più propense ad accontentarsi». Fortunatamente, sono sempre meno numerose le professioniste che decidono di non accontentarsi e di confrontarsi ad armi pari con i colleghi, facendo perno sulle proprie competenze e riuscendo ormai a giocare ruoli chiave in praticamente in quasi tutti i campi del mondo del caffè. Dalle macchine (di una donna che ne sa di apparecchiature è difficile dimenticarsi) alla ricerca e selezione del verde, dai processi di tostatura alle competizioni internazionali (quest’anno i titoli italiani di Cup Tasting e di Latte Art sono andati a due donne, rispettivamente a Helena Oliviero e a Emanuela Fensore), dalla comunicazione al marketing.
Competenza e nozioni
Bisogna poi dire che l’ingresso delle donne nel mondo del caffè ha generato effetti positivi a cascata. Pensiamo al mondo della formazione sia quella in aula, sia “on the job”. Alle trainer viene riconosciuto non solo competenza e professionalità, ma anche una sensibilità e un modo di interagire con gli allievi o con gli apprendisti del tutto fuori dal comune. Come racconta Marzia Viotti, formatrice Sca e responsabile training di Sevengrams UK: «La donna trainer non trasmette solo nozioni, ma coinvolge l’allievo in un percorso che mira a fare emergere le sue peculiarità». A proposito di nozioni e competenze, ricorda Prunella Meschini, titolare e responsabili acquisti de Le Piantagioni del Caffè, che per una donna non è facile far capire ai suoi interlocutori che s’intende di caffè e, a volte, la tentazione è puntare sull’aggressività per farsi ascoltare. Una strategia perdente perché, come rivela Jessica Sartiani, barista presso Ditta Artigianale occorre rimanere fedeli a se stesse: «A volte ho tentato di cambiarmi, prendendo un atteggiamento più serio ma ritengo che la mossa vincente sia mostrarsi per quello che veramente si è».
Parità di retribuzione
Ovviamente, la parità di genere non deve essere solo intesa nel volere fare a tutti i costi le stesse cose, ma nel godere degli stessi diritti, di livelli di retribuzione analoghi (in Italia il divario di remunerazione è in media del 10,9%, una differenza che sale al 36,3% tra i laureati), lo stesso livello di ascolto e di considerazione. La buona notizia è che in base al Gender Equality Index, l’indice pubblicato dall’Eige, l’agenzia dell’Unione Europea che si occupa dell’uguaglianza tra uomini e donne, l'’Italia è il Paese del Vecchio Continente che ha compiuto più progressi in tema di parità di genere negli ultimi 10 anni, passando dalla 26esima alla 14esima posizione nella classifica dei Paesi più virtuosi. È, tuttavia, presto per cantare vittoria. Emblematico, a questo proposito, il contributo di Valentina Dalla Corte, responsabile di Dalla Corte Ibérica: «Sono andata in Spagna per fare esperienza e mettermi alla prova e non è stato facile far capire che mi intendevo di macchine. Ho seguito corsi tecnici e a volte sono stata tentata di assumere atteggiamenti maschili, ma ho compreso che non era quello il modo di fare emergere la mia professionalità». Professionalità è proprio la parola chiave che ritroviamo in tutte le testimonianze raccolte. E ciò vale sia per le nuove leve, moltissime le giovani intervistate che vantano esperienze all’estero o che lavorano in pianta stabile fuori dall’Italia, sia per coloro che hanno aperto la strada in tempi non sospetti.
Formazione continua
È il caso d un’antesignana come Lucia Musetti, oggi presidentessa onoraria di Caffè Musetti, che dichiara: «Incoraggio sempre le donne a non avere paura a entrare in settori prima a loro preclusi: non con la forza o con l’arroganza, ma con determinazione, serietà, preparazione e, soprattutto, aggiornandosi continuamente».