Birra in cerca di rilancio: i numeri e le proposte di AssoBirra

birra mercato 2020 Assobirra
foto da da Pixabay
Dopo un decennio di crescita esponenziale, il settore ha subito pesantemente gli effetti della pandemia. Tuttavia, ci sono tutte le condizioni per ripartire. Ma occorrono misure di sostegno ad hoc

La crisi innescata dalla pandemia ha colpito duro tutto il mondo beverage e non solo. Immune dagli effetti dell’emergenza sanitaria non è rimasto il comparto italiano della birra che nel 2020 ha registrato un calo di tutti i principali indicatori di mercato: produzione, consumo, giro d’affari. Un calo che arriva dopo un decennio di crescita esponenziale su tutti i fronti, culminato con i numeri record del 2019 (leggi Report Assobirra, nel 2019 numeri record per la birra).

È quanto emerge dall’Annual Report 2020, lo studio che traccia il quadro del settore nello scorso anno, redatto da AssoBirra, l’associazione confindustriale che riunisce le maggiori aziende che producono e commercializzano birra e malto nel nostro Paese.

Nel 2020 la produzione nazionale di birra si è attestata a 15.829.000 ettolitri, in discesa dell’8,4% rispetto al 2019, quando aveva raggiunto i 17.288.000 ettolitri, culmine di un decennio nel quale il volume di produzione era cresciuto del 35%. Ancora più consistente il calo dei consumi, passati dagli oltre 21 milioni di ettolitri del 2019 a 18.784.000 ettolitri, segnando così un -11,4%. Una caduta generata dalle restrizioni imposte nel fuoricasa, principale canale di consumo.

Giù anche l’export, sebbene con numeri più contenuti, che dopo anni di grande crescita è calato del 4,8%, con volumi esportati pari a 3,3 milioni di ettolitri. Un volume comunque significativo, soprattutto considerando che i principali mercati di sbocco sono rappresentati da Paesi a forte tradizione birraia, a conferma della qualità riconosciuta del prodotto italiano: Regno Unito (47,3%), Usa (7,3%) e Australia (7%). Di contro, rilevante è stato il calo delle importazioni, crollate del 15%.

Di conseguenza è andato giù anche il valore condiviso generato dalla birra lungo tutta la sua filiera, una filiera lunga che va dal campo al fuoricasa. Questo ammontava a 9,5 miliardi di euro nel 2019, dei quali 5,9 miliardi di euro nel solo canale horeca. Nel primo semestre del 2020, ultimo periodo per i quali si hanno dati consolidati, la perdita è stata di 1,3 miliardi di euro, bruciando quasi tutta la crescita sviluppata negli ultimi 4 anni.

Un patrimonio per il Paese

Numeri che raccontano di una brutta inversione per un settore fino a due anni fa in grande salute, tuttavia fisiologici alla luce della drammatica situazione creatasi nell’anno nero della pandemia. E comunque, se può consolare, il crollo è stato largamente inferiore a quanto accaduto in Europa, dove il valore aggiunto del settore birra si è ridotto di oltre 15 miliardi, ovvero del 25%, passando da 60 a 45 miliardi.

Ma i numeri del report di Assobirra raccontano però anche il peso consistente della birra per il tessuto economico del nostro Paese. Nel 2020 il settore conta circa 1000 imprese e oltre 115.000 occupati lungo tutta la filiera. Ancora più significativo l’impatto che la produzione della bionda ha per gli anelli a valle della catena del valore, dove ogni persona occupata in produzione contribuisce infatti a creare ben 31,4 posti di lavoro. Ma non solo perché la birra incide con una quota media tra il 7% ed il 27%, nei ricavi finali, di ristoranti, pub, bar o pizzerie, e ha un ruolo fondamentale nell’economia dei distributori di bevande, dove pesa mediamente per oltre il 30% nei volumi e del 40% del fatturato, a testimonianza di come la bevanda porti ricchezza non solo a chi la produce, ma anche a tutti i player a valle e a monte della filiera e allo Stato.

Occorrono misure per il rilancio

Una ricchezza per il Paese che va supportata e valorizzata per tornare a crescere. A questo proposito AssoBirra guarda al futuro con un cauto ottimismo, confortata dal fatto che anche nell’anno della pandemia la birra è rimasta la bevanda più consumata dagli italiani e dall’alta reputazione, di cui il prodotto gode presso i consumatori nazionali ed esteri.

Ma per un serio rilancio occorrono anche interventi di supporto al settore. «La ripresa del comparto birrario – che in un solo semestre ha visto l’azzeramento dell’intera crescita dell’ultimo quadriennio – passa da interventi mirati di fiscalità dedicati al settore», ha commentato Alfredo Pratolongo, vicepresidente di AssoBirra, intervenendo nella conferenza online di presentazione del report.

Nello specifico l’associazione pensa a misure che possano dare una boccata d’ossigeno in particolare al canale horeca e ai microbirrifici, per i quali proprio il fuoricasa rappresenta in molti casi l’unico canale di vendita della propria produzione, gli anelli della filiera che più hanno risentito degli effetti della crisi.

E proprio il mondo dei micro-birrifici costituisce un fiore all’occhiello del panorama birraio italiano che, grazie alla diversità dei prodotti, ha portato una ventata di novità nel mondo della birra, stimolando la curiosità dei consumatori, aumentandone la cultura e contribuendo a valorizzare i territorio nei quali operano. Un comparto costituito in gran parte da realtà imprenditoriali giovanili, che prima della crisi contava oltre 850 produttori da Nord a Sud con circa 3000 addetti, ma che con lo scoppio della pandemia ha subito un calo del 31% della produzione, attestatasi a 361.000 hl a fronte dei 523.000 del 2019, portando alla chiusura di diverse imprese.

Per aiutare la ripresa di questi comparti per AssoBirra è indispensabile introdurre un incentivo fiscale, ovvero un credito di imposta, di 10 centesimi al litro sulla birra in fusto destinato direttamente ai punti di consumo. «Una misura necessaria per sostenere gli oltre 140.000 punti di consumo, quali bar, ristoranti e le 80.000 pizzerie, e i birrifici artigianali, che può generare un effetto moltiplicatore lungo tutta la filiera».

Sempre a sostegno delle piccole realtà, l’associazione ha chiesto inoltre al governo altre misure quali l’Iva agevolata fino al 2023, l’estensione dell’attuale regime forfettario per il pagamento delle accise e la sospensione di queste ultime fino alla fine del 2022.

A tale proposte per fare fronte all’emergenza dovrebbe unirsi poi una misura strutturale: la riduzione delle accise. In questo modo si riprenderebbe il percorso virtuoso intrapreso con successo nel triennio 2017-2019 e poi interrotto con la pandemia. «Una diminuzione delle accise di circa 2 punti percentuali ha generato un effetto leva, stimolando in Italia investimenti in impianti e nuovi prodotti, aumentando la varietà e proponendo innovazione con nuove birre locali e speciali, sostenute da politiche commerciali espansive da parte delle aziende – ha spiegato il vicepresidente-. Il risultato finale è stato una crescita dei consumi del 9%, lo sviluppo delle piccole realtà imprenditoriali e uno stimolo alla filiera agricola nazionale».

 

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