Renato “Tato” Giovannoni, ovvero l’arte della miscelazione argentina

Il miglior cocktailbar dell’America Latina è, per The World’s 50 Best Bars 2019, il Floreria Atlantico di Buenos Aires. Un terzo posto mondiale che la dice lunga sul talento di Renato “Tato” Giovannoni che, incontrato a Milano, non potevamo far andar via senza un’intervista esclusiva…

Il mondo avrà magari perso un regista, ma ha guadagnato un grande barman. Renato, detto “Tato”, Giovannoni è un quarantaseienne dalla faccia gentile e i tratti che rivelano ascendenze mediterranee. Argentino di Pinamar, una cittadina costiera a sud di Buenos Aires, ha iniziato lavando i bicchieri nel bar paterno, mentre i suoi coetanei giocavano a pallone, e ha continuato dietro il banco anche quando, trasferitosi nella capitale, studiava all’università. Ha solo mollato per il periodo necessario a studiare Graphic Design e Cinema a New York, ma poi la sua terra e lo shaker sono stati il suo “richiamo della foresta”. Così eccolo coinvolto nell’inaugurazione del Gran Bar Danzón, “un locale che ha cambiato la storia della miscelazione argentina” e poi, il 23 gennaio del 2013, il Floreria Atlantico. La sua creatura che già lo stesso anno sbarcava nei 50 Best Bars, ne usciva di un soffio nel 2016 ma che, da allora, non si è più fermata fino al terzo posto del 2019. Un risultato che lo consacra come miglior bar del Sud America. Di passaggio a Milano, per una masterclass organizzata da Nonsolococktails di Mattia Pastori non abbiamo dovuto fare altro che attenderlo al varco…

Beh, iniziamo dalla fine… Come cambia la vita di un bar il terzo posto nei 50 Best?

Già l’anno scorso, quando eravamo giunti quattordicesimi, la nostra vita era cambiata. Immediatamente avevamo molti più clienti. Quest’anno sta andando ancora meglio con gente in coda che attende l’apertura delle porte… tanto che pensiamo seriamente di aprirle un’ora prima.

Il che significa che il 50 Best Bars non ha una eco solo tra i professionisti…

No, esatto. Il ritorno è immediato anche tra gli appassionati o, se vogliamo, il pubblico. E inoltre c’è il ritorno nei media con un numero maggiore di interviste, come in questo caso, e di articoli che, come dire, aggiungono ulteriore notorietà tra il pubblico alla notorietà che procura essere tra i 50 Best

A questo punto sarebbe interessante sapere come si fa a raggiungere il vertice…

È un mix di cose che ogni bar dovrebbe curare. Di base c’è lo stare bene, il divertirsi che, se vogliamo, possiamo tradurre nel concetto di ospitalità che, a sua volta, è un mix di atmosfera, qualità indiscutibile dei prodotti, estro creativo. Chi entra al Floreria trova tutto questo e può trovarsi a suo agio a prescindere da come è vestito, da quello che beve, da quanto può permettersi di spendere.

Come ti spieghi l’attuale successo della mixology sudamericana?

Fino a qualche anno fa era l’Asia a riscuotere la curiosità, oggi è l’America Latina. Bene, a patto che non sia solo l’effetto della “ruota che gira”. Credo che la nostra forza, la mia e quella dei miei colleghi amici, risieda nell’autenticità e nel voler valorizzare le nostre radici. Il che significa per esempio studiare e utilizzare ciò che la nostra natura e il nostro territorio ha da offrire.

Quanto incide un’economia altalenante come quella argentina nella conduzione di un bar?

Incide molto ovviamente. Lo scorso anno Diageo ha lasciato l’Argentina e anche oggi molti loro prodotti non arrivano. Poi c’è la questione prezzi, che cambiano, e non di poco, molto rapidamente. Un whisky scozzese che usavo per un certo cocktail è passato in pochi mesi da 800 a 2000 pesos a bottiglia. Certo, magari i turisti stranieri possono continuare a permetterselo, ma noi vogliamo continuare a essere un locale per gli argentini.

Però è anche per questo che hai creato un tuo gin, il Príncipe de los Apóstoles?

Il nostro gin, con yerba mate, pomelo ed eucalipto, è nato perché lo volevamo così. Però è vero che avere una propria distilleria, piccola ovviamente, aiuta a tenere sotto controllo i costi. A breve lanceremo anche una vodka di frumento, ma produciamo pure due vermut, uno dolce e un extra dry, due birre, qualche bevanda sodata come acqua tonica e ginger ale.

So che la cucina è importante in Floreria. I piatti si abbinano ai cocktail?

In Argentina non ha preso piede l’abitudine di abbinare il cibo ai cocktail. Per chi cena c’è solo l’imbarazzo della scelta nella carta dei vini. Ovviamente solo argentini e solo naturali. Però in futuro le cose potrebbero cambiare. Tre anni fa abbiamo fatto una collaborazione con Mauro Colagreco, (lo chef argentino del ristorante Mirazur di Mentone considerato il migliore del mondo per The World’s 50 Best Restaurants, ndr.).

Ultima domanda: quando hai aperto nel 2013 ti saresti aspettato questi risultati?

No, certamente. Ma siamo sempre stati sicuri di ciò che facevamo e delle idee che avevamo. Se il progetto è buono e riesci a rimanerne fedele, negli anni i risultati arrivano.

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