Mixology a modo nostro

L'editoriale di maggio 2025 di Bargiornale a firma dei vicedirettori Andrea Mongilardi e Stefano Nincevich

Mixology. Un termine che di solito si associa ai cocktail. Ma oggi possiamo - anzi, dobbiamo - allargarne il significato. Mescolare, sì, ma non solo ingredienti. Anche stili, idee, linguaggi, formule. Una mentalità che parte dal bancone e finisce nel progetto d’impresa. Prendete un locale che fa pizza e teatro, dove i camerieri recitano a copione come fossero al Piccolo. Oppure uno spazio che sembra uscito da una fiera del design scandinavo, ma serve sake in tazzine e playlist jazz da listening bar. O ancora quei mini bar-confetto che sembrano bomboniere minimaliste ma sanno essere punk quanto basta. O gli izakaya giapponesi da 30 metri quadri dove, tra uno spiedino e un highball, ti senti più a casa che nel salotto buono.

La verità? Siamo entrati nell’era dell’ibrido consapevole. Non più luoghi monotematici e solitari, ma ambienti contaminati, evoluti, capaci di accogliere Gen Z e boomers con la stessa spontaneità di un gesto imparato a memoria guardando Karate Kid o Kobra Kai. Locali dove la qualità della musica è curata quanto quella del drink, dove l’interior design racconta una storia ancora prima che lo faccia il menu.

Il mondo dell’hospitality è cambiato: è fatto di spazi unici e multipli insieme. Ci sono bar che sono anche librerie, barber shop che fanno brunch, cocktail bar con accenti da museo, caffè che fanno formazione culturale.

Non esistono più linee nette, ma intersezioni. E nel numero di Bargiornale di maggio vi raccontiamo proprio questo universo variegato. Non si tratta di mode, ma di risposte concrete a nuovi bisogni. L’all day bar, per esempio, non è altro che la versione aggiornata del classico bar italiano: quello che apre alle sette per la colazione e chiude alle dieci dopo l’aperitivo. Il bar che inizia dalla brioche del mattino, passa per il toast del pranzo e arriva all’aperitivo, oggi vero campione di incassi.

Niente di nuovo sotto il sole? Forse. Ma c’è poesia in questo ritorno. Un romanticismo pratico, se vogliamo. La riscoperta del bar di quartiere, del chiosco nel cortile, assediato da bambini col gelato in mano e lo sguardo furbo. Ecco, questa è la mixology che ci piace: quella che parte dal quotidiano per diventare visione. È l’evoluzione dell’homo bartender. Una specie che, contrariamente a quanto dicono certi pessimisti, non è affatto in via d’estinzione. Anzi, si sta rafforzando.

Per difendersi dai dazi, dall’inflazione, dal cinismo, da quella pallaprigioniera dell’algoritmo, c’è solo una strada: giocare d’attacco. Anticipare, essere duttili, malleabili, mettersi in discussione. Serve rigore, certo. Ma anche visione, standard, formazione.

Non lo diciamo solo noi. Lo sostiene anche la protagonista della nostra copertina, Monica Berg, co-fondatrice del Tayer + Elementary di Londra. Icona contemporanea, capace di dispensare parabole alcoliche e parabole di vita. E di farlo nello stesso discorso. In Bargiornale di maggio 2025, ancora una volta, vi offriamo un viaggio tra format che si trasformano, idee che prendono forma e professionisti che non si fermano. Un numero da leggere, consultare, conservare. Magari anche da prestare a un collega in crisi d’ispirazione.

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