I mercati asiatici, sottolinea un’indagine del Centro studi Vinitaly, rappresentano un’opportunità per le cantine italiane
Le aziende vitivinicole italiane scommettono su una seconda parte dell'anno positiva: è quanto emerge da un sondaggio condotto da winenews.it e Confagricoltura su 50 tra le più importanti imprese del settore. Il 53% delle aziende interpellate si dichiara ottimista rispetto a quanto avverrà nella seconda parte del 2009, contro un 47% che, complice una oggettiva difficoltà di inizio anno, dichiara che il futuro resta di difficile decifrazione e mantiene un atteggiamento sostanzialmente prudente.
Il sondaggio
Per quanto riguarda invece l'andamento degli affari nel primo trimestre del 2009, il 62% delle aziende intervistate lamenta un decremento del fatturato, il 23% segnala un pareggio e il 15% un aumento, segno evidente che la crisi fa sentire i suoi effetti anche sul comparto vitivinicolo. Il 2009 resta comunque un anno di non facile previsione, dove, il dato più certo è una generalizzata instabilità dei mercati più maturi: per fronteggiare questa criticità economica, le imprese italiane dovranno scommettere sugli emergenti paesi asiatici.
Il mercato indiano
L'India, in particolare, rappresenta uno dei mercati con le maggiori potenzialità: secondo alcuni dati elaborati dal Centro studi Vinitaly di VeronaFiere, il consumo di vino medio pro-capite degli indiani è appena di un cucchiaio l'anno. Ma se si considera che nel subcontinente vivono 1,1 miliardi di persone, delle quali il 70% al di sotto dei 35 anni, è evidente come questo gigantesco paese offra grandi opportunità per le aziende vitivinicole occidentali. Che il mercato indiano sia sempre più strategico lo confermano le cifre: il valore delle bevande alcoliche consumate in India si appresta a raggiungere le undici cifre (attualmente vale 9 miliardi di euro). Il mercato indiano è però oggi fortemente centrato su birra e superalcolici; nel 2008 gli indiani hanno consumato 1 milione e 100 mila casse di vino, 220 mila delle quali d'importazione.
I consumi in crescita
I consumi crescano però stabilmente del 20% l'anno, con preferenza verso i bianchi aromatici, in grado di sposarsi con la speziata cucina del subcontinente. E un recente rapporto, pubblicato da Jbc, prevede che nel 2015 si arriverà a un mercato di 4 milioni di casse, di cui 600 mila (equivalenti a oltre 7 milioni di bottiglie) provenienti dall'estero. La diffusione della cultura del vino nel gigante asiatico è anche favorita dal fenomeno del “Reverse Braindrain”: si tratta del ritorno in patria dei professionisti indiani emigrati, che portano con sé nuova ricchezza e stili di consumo occidentali. Un recente articolo dell'Hindustan Times ha stimato che nei prossimi 3/5 anni faranno ritorno in patria oltre 100 mila indiani.
Le prospettive di Singapore
Un altro mercato asiatico con buone prospettive è Singapore: attualmente l'import vinicolo è appannaggio di Francia (75,9%) e Australia (11%), ma i vini italiani, che oggi rappresentano appena il 2,3% del totale, possono aspirare a traguardi importanti. Le importazioni di vino dal nostro Paese nel 2007 ammontavano a 287,2 milioni di euro e il tasso di crescita registrato negli ultimi anni è stato del 6%. L'Italia è invece leader nel settore dei vermouth e di altri vini aromatizzati, con il 53,3% del mercato, davanti al Regno Unito che detiene il 38,7%.
La Corea del Sud
Anche la Corea del Sud, a partire dalle Olimpiadi di Seul del 1988, è diventata un importante mercato per il vino occidentale. Le importazioni dall’Italia durante i primi undici mesi del 2008 sono aumentate del 30%, registrando la più alta crescita fra i principali paesi fornitori. La quota di mercato italiana è ora superiore al 14,3%, dato che ci pone subito alle spalle della Francia (39,8%) e del Cile (17,3%). In valore le importazioni di vini italiani in Corea sono cresciute di venti volte nell’ultimo decennio.