È l’ora di diventare un vero bar di quartiere

Superata la tempesta pandemica, le reti di vicinato delle città potrebbero rifiorire. Bar e ristoranti compresi. Ne parliamo con Luca Pellegrini, presidente di TradeLab

La pandemia ha messo a dura prova le cosiddette reti di quartiere o di vicinato rappresentate da piccoli negozi di servizi alla persona, convenience store, dettaglianti alimentari  e, ovviamente, bar e ristoranti. Secondo Confesercenti sarebbero a rischio circa 70 mila le attività commerciali che, senza una decisa inversione di tendenza, potrebbero cessare definitivamente nel 2021. Allarmanti anche le previsioni di Fipe che prevede la chiusura definitiva, sempre entro l'anno in corso, di 30 mila pubblici esercizi. E gran parte di queste chiusure riguarderanno imprese situate in centri urbani, tanto che le associazioni imprenditoriali parlano del rischio di una "desertificazione" di vie e piazze. Esiste, però, anche l'altra faccia della medaglia. Che è quella rappresentata dal "quartierismo" o dell'urbanistica tattica: in un momento, come l'attuale, in cui gli spostamenti sono limitati, le amministrazioni stanno ripensando le città, redistribuendo funzioni e servizi che si collocano in zone diverse dal centro. Il modello di riferimento è quello delle "15 - minutes cities" che consiste nel garantire ai cittadini di trovare i servizi essenziali nell'arco di un quarto d'ora a piedi o in bicicletta (un esempio è il Piano Quartieri elaborato dal Comune di Milano). A questo proposito, non mancano progetti e modelli di riqualificazione urbana che ripensano anche lo spazio pubblico, creano aree verdi e zone pedonali e riservano spazi ai dehors dei pubblici esercizi che oggi, più che mai, sono protagonisti della riscossa economica dell'intera categoria (per saperne di più sulle agevolazioni promosse da alcune città riguardo leggi il nostro approfondimento).

Format della distribuzione più piccoli, a misura di quartiere

Si tratta, dunque, di rendere attrattivi i vari quartieri che possono offrire i servizi cittadini in una condizione di quasi completa autosufficienza. In questo senso, il commercio organizzato si è mosso da tempo, mandando in pensione il modello iper, e creando nuovi formati, più piccoli, proprio a misura di quartiere. «Oggi i quartieri si stanno riprendendo il ruolo che hanno sempre svolto fino a quando non si è cominciato ad adottare a livello urbanistico lo zoning all'americana per cui si lavora in un posto, si dorme in un altro e si fa shopping in un altro ancora  - spiega Luca Pellegrini, presidente di TradeLab e ordinario di Marketing all'Università IULM di Milano, che ha tenuto un recente webinar, visionabile su YouTube , dedicato alla situazione del commercio di vicinato dopo la crisi pandemica da Covid-19 -. Le città stanno, dunque, cambiando e trasformandosi in un arcipelago di quartieri. Sarà un processo lungo, ma l'offerta si sta già riorganizzando. Sul fronte del commercio - prosegue Pellegrini - assistiamo già a iniziative di insegne che hanno ridefinito e valorizzato i loro servizi, offrendo qualcosa in più rispetto a quello che, comunque, il consumatore riesce ad ottenere in rete. È il caso, ad esempio, di Esselunga con Esse, superette vocata al take away con servizio di ristorazione interno e i locker click & collect».

Non solo food delivery, anche food retailing

In questo scenario che privilegia la prossimità e il vicinato, bar e ristoranti giocano ovviamente un ruolo di calamite naturali, ma sarà avvantaggiato chi avrà messo a frutto le lezioni di sopravvivenza imparate durante la pandemia. «Uno dei primi banchi di prova sarà il food delivery - precisa Pellegrini - un business che i bravi gestori hanno imparato a presidiare durante la crisi pandemica e che non devono lasciarsi scappare. Anche perché probabilmente ci sarà una quota di lavoratori che rimarranno, in ogni caso, in smart working. Si è capito che certi ruoli non hanno bisogno di lavorare in presenza e questa "assenza" impatterà soprattutto sul giro d'affari dei bar diurni. È chiaro che chi resta a casa finisce per frequentare i locali di vicinato che dovranno essere propositivi nell'offrire menu e servizi dedicati a questo target. Senza dimenticare, che i bar di vicinato sono avvantaggiati rispetto a intermediari e piattaforme che popolano il mercato del food delivery in quanto giocano in casa e possono sfruttare le loro relazioni sociali a livello locale per essere maggiormente attrattivi». Un'altra sfida è quella della bottega. «L'espansione verso il commercio al dettaglio - conclude - è già un dato di fatto. Esistono pubblici esercizi che durante quest'ultimo anno si sono parzialmente convertiti in dettaglianti, senza tuttavia rinnegare la loro anima di bar. È questo un tema, quello della commistione di più attività, che potrebbe venire cavalcato da un'ampia fetta di microimprese della somministrazione che vogliono puntare ad ottimizzare la loro "capacità produttiva" durante tutto l'arco della giornata. D'altronde il fortissimo interesse che stanno dimostrando i retailer verso il mondo del vicinato significa che esistono grandi opportunità di business e spazi di crescita».

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