Progettare locali che piacciano ai clienti prima che ai gestori, pensati per restare così solo pochi anni. È la filosofia “estrema” di Andrea Langhi, uno dei più prolifici architetti specializzati nel realizzare pubblici esercizi. Provocatoria, ma solo in apparenza. Perché nasconde una precisa ide
Progettare locali capaci di comunicare, di “raccontare una storia” a chi entra. Senza la presunzione di renderli eterni. Al contrario: Andrea Langhi, uno dei più prolifici progettisti di locali italiani (ne ha realizzati circa 200), cataloga le proprie architetture come “effimere”, «destinate a durare 4-5 anni al massimo per poi scomparire o essere rifatte».
Un approccio volutamente provocatorio, ma che nasconde, in realtà, una visione precisa di come funziona il business dei locali e una ricetta per cavalcarlo con successo.
Il punto di partenza è anch’esso apparentemente provocatorio: «Cerco di fare locali che piacciano ai clienti che li dovranno frequentare, prima ancora che ai gestori» sostiene convinto.
«Fino a pochi anni fa, l’approccio prevalente nei gestori che davano vita a nuovi locali era di tipo funzionale - racconta -. Il ragionamento standard era: “Ci metto un banco, delle sedie, dei tavoli ed è fatto. Se poi è anche bello meglio, ma non è poi così importante”. Adesso fortunatamente le cose stanno cambiando. Sempre più gestori capiscono che il locale deve essere attraente, esteticamente gradevole. Ma non bisogna dimenticare che l’ambiente ha una funzione che cambia nel tempo. All’inizio è fondamentale: in un nuovo locale, il look ha il compito di catturare l’attenzione, di riuscire a “convincere” le persone a entrare. Questo è tanto più vero, per esempio, in un centro commerciale, dove c’è un locale in fila all’altro, perché fa decidere di fermarsi in un bar anziché in un altro. Con il passare del tempo però, finito l’effetto novità, la funzione dell’architettura diventa più “di servizio”: serve cioè a valorizzare la professionalità di chi gestisce il locale e la qualità dei prodotti che si servono. Perché è chiaro che se uno entra in un locale perché gli piace l’ambiente ma poi si trova male, la bellezza del posto non sarà sufficiente a fargli decidere di tornare».
Creare una storia coerente
I suoi locali sono tra loro tutti differenti. E difficilmente lasciano indifferenti.
«Il punto di partenza - spiega - è sempre lo stesso: creare un ambiente che sia coerente con il tipo di pubblico a cui ci si vuole rivolgere e che racconti una storia, abbia una sua identità. Capace di valorizzare il prodotto che vende».
Langhi distingue tra locali diurni e locali notturni: «Le persone che li frequentano possono anche essere le stesse - dice -, ma a seconda dei momenti e delle aspettative hanno esigenze diverse. Quello dei locali diurni è un mondo più fisico, dove i frequentatori cercano stimoli meno forti». Le parole chiave sono ordine e pulizia. Sono importanti anche l’immagine coordinata e la cura dei dettagli.
Lo scheletro e il vestito
«Di sera cambia tutto - dice Langhi -: i locali diventano un palcoscenico. Dove ogni notte si va in scena, ci si sente protagonisti: non solo chi ci lavora, anche e soprattutto i clienti. Per questo diventano fondamentali l’atmosfera, il fascino, la suggestione, la capacità evocativa. Sensazioni che le luci, le proiezioni, la realtà virtuale possono contribuire a esaltare».
Chi vuole un locale contemporaneo, secondo Langhi, non deve preoccuparsi di creare un ambiente destinato a durare: «Le cose ormai cambiano con una rapidità estrema - afferma -. Oggi la nostra vita è molto diversa da come era dieci anni fa: siamo passati dal fax alla mail, dal telefono al cellulare. Internet non c’era nemmeno. Un locale innovativo, al massimo, può restare tale per qualche anno. Poi non lo è più. Meglio allora investire seriamente nelle parti strutturali del locale, quelle che hanno un valore che dura (gli impianti, le attrezzature ecc.) e pensare all’aspetto esteriore come a un abito che si possa periodicamente cambiare per rimanere sempre al passo con i tempi». Proprio come un palcoscenico, che resta se stesso ma cambia le quinte mostrandosi ogni volta diverso. «Modernizzare un ambiente non è una scelta particolarmente dispendiosa. Anzi: la fortuna di chi fa questo lavoro è che reinventare periodicamente il locale è una scelta economicamente sostenibile, visto che in pochi anni si rientra dell’investimento iniziale e che i costi di un restyling sono contenuti. Avere un locale offre una possibilità di sperimentare e di cambiare che poche altre attività hanno. L’imperativo di chi lo gestisce, per me, deve essere di riuscire a essere sempre interessante, sempre un passo avanti». Per Langhi il committente ideale esiste: «È quello che interpella un progettista perché si rende conto di essere bravo nel proprio lavoro ma cerca qualcuno capace di valorizzare le sue capacità. La cosa più difficile è lavorare con le persone che non hanno le idee chiare, che non sanno bene cosa vogliono. Oppure con chi non è disposto a mettere in discussione il proprio modo di essere, che pensa di sapere già tutto e non vuole cambiare niente del proprio lavoro. I risultati migliori si ottengono con chi è disposto a condividere l’idea di valorizzare l’esperienza con il cliente».