Quel boom di baby giocatori da gestire

Giochi&scommesse –

I teenager hanno scoperto il gioco d’azzardo. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio Gioco e Giovani di Nomisma. Un fenomeno che tocca da vicino anche i gestori dei bar, cui spetta il ruolo di educatori e controllori

Una recente ricerca condotta da Nomisma ha confermato una tesi da tempo in circolazione tra i soli addetti ai lavori (educatori, sociologi, psicologi, pedagogisti): giovani e giovanissimi studenti - quelli che alcuni anni fa venivano etichettati con il generico appellativo di “teenager” - hanno scoperto il gioco d’azzardo. Stando ai risultati dello studio, realizzato raccogliendo dati relativi al 2008, il fenomeno è tutt’altro che contenuto: in pratica il 68% degli studenti che frequentano le classi IV e V degli istituti secondari nel nostro Paese hanno tentato la fortuna almeno una volta con una spesa mensile di 10 euro. Quella di Nomisma è un’istantanea, una “foto di classe” scattata a 8.582 studenti delle superiori, un campione rappresentativo dell’universo dei ragazzi che frequentano le classi scolastiche oggetto di indagine in tutta Italia (circa 950.000 studenti). Tirando le somme, il fenomeno degli “studenti-giocatori” coinvolge circa 686mila ragazzi in età compresa tra i 16 e 19 anni.

Le tipologie di gioco preferite

Il dato che riguarda più da vicino gli esercizi pubblici - investendoli nella complessa questione dell’offerta del “gambling” e del “betting” ai più giovani - è rappresentato dalle tipologie di gioco più gettonate dal campione preso in esame: “I giochi più popolari tra i ragazzi - si legge nel Rapporto 2009 Gioco e Giovani - sono i Gratta e Vinci (ci ha giocato nel 2008 il 53% degli studenti), il Superenalotto (39%) e il Lotto (27%)”. Al fianco di questi giochi che potremmo definire “tradizionali” i più giovani sembrano prediligere le new slot (il cui mercato è concentrato nella maggior parte nei bar), le scommesse in agenzia o corner su eventi sportivi e il poker on line. Le motivazioni che conducono le nuove generazioni a cimentarsi nel gioco sono diverse e non sempre seguono un cliché prestabilito. La speranza di una vincita rappresenta di certo una molla importante, visto che il 51% degli studenti intervistati l’ha indicata come spinta principale al gioco; il divertimento (28%), tuttavia, si colloca subito dietro all’aspirazione di una corposa vincita.
Vero è che se per molti “studenti-giocatori” (il dato è confermato dal 52% degli intervistati) l’incontro con il mondo del gioco è avvenuto in modo del tutto casuale, c’è chi - e parliamo in questo caso del 32% del campione esaminato - non trova alcuna attrattiva nello scommettere o nel passare del tempo davanti a una slot. Il gioco resta, comunque, un passatempo occasionale con un “limitato impatto sulla vita quotidiana”: il tempo speso in questo genere di attività ludiche non supera, infatti, un’ora al mese. A rendere i giovani meno propensi a spendere tempo e soldi nel gioco è probabilmente la consapevolezza di avere “maggiori possibilità di perdere” (54%); gli studenti intervistati hanno mostrato un pragmatismo invidiabile laddove dichiarano (56%) che pur in presenza di un’inaspettata e consistente disponibilità di denaro non giocherebbero, dirottando quella stessa somma in altre attività.

Fino a 30 euro la spesa media mensile

L’identikit dello “studente-giocatore” sembra avvicinarsi per certi aspetti a quello dell’“adulto- giocatore”: la propensione al gioco è sensibilmente maggiore tra i ragazzi (76% rispetto al 61% delle ragazze), nelle aree del Sud-Isole (75%), negli istituti professionali (78%), tra gli studenti che provengono da famiglie in cui vi è l’abitudine al gioco (80%). Il rovescio della medaglia c’è, e dovrebbe rappresentare, vista l’età media del campione preso in esame, un campanello d’allarme. All’interno dello studio, infatti, emerge una fascia di consumo che potremmo definire critica: il 22% degli studenti chiamati in causa dalla ricerca ha dichiarato di aver partecipato ad almeno 5 tipologie di gioco, un dato che confermerebbe un interesse nel gioco nel suo complesso, piuttosto che in una sola modalità. Nella fascia critica è stato inserito quel 24% dei ragazzi intervistati che ha dichiarato di aver nascosto o ridimensionato le proprie abitudini di gioco ai genitori; preoccupa quel 5% degli studenti che per giocare ha derogato a impegni scolastici e/o familiari. Toccano il 12% i ragazzi che hanno giocato per sfuggire ai problemi personali: in questo caso il dato allarmante riguarda la spesa media mensile per il gioco che raggiunge i 30 euro. Su un punto gli “studenti-giocatori” sembrano concordare tutti: risulta carente ogni tipo di informazione sul gioco, sui divieti imposti dalla legge e sui rischi connessi. È alta la consapevolezza della possibilità di incappare nel gioco problematico (92%), anche se solo il 38% degli studenti posti sotto la lente d’ingrandimento dell’indagine ritiene di non avere sufficienti informazioni a riguardo. Scarsa, inoltre, è la conoscenza delle norme che regolano il gioco d’azzardo nel nostro Paese, un dato che culmina con un 17% degli studenti che hanno dichiarato di ignorare completamente l’esistenza dei limiti di età per alcune tipologie di gioco. Un altro dato emerso dallo studio che dovrebbe indurre alla riflessione riguarda, infine, l’accesso al gioco da parte dei minori: in alcuni casi, infatti, i tassi sono preoccupanti, segno di uno scarso controllo nei luoghi in cui il gioco viene offerto. Le risposte fornite dai ragazzi confermano che il 14% dei minorenni hanno avuto accesso alle new slot, il 20% alle scommesse sportive in agenzia, l’11% alle sale Bingo e il 7% al poker on line.
Più controllo da parte dei gestori

In che modo tutto ciò può riguardare i pubblici esercizi? «Quando parliamo di adolescenti che entrano in contatto con il gioco - spiega Florinda Maione, responsabile del Siipac Lazio, Società italiana di intervento sulle patologie compulsive, onlus ideata e diretta da Cesare Guerreschi - è indispensabile l’attività di controllo, a cominciare dal verificare che siano a tutti gli effetti maggiorenni». L’arma nelle mani dei gestori dei bar si chiama “informazione e formazione”: «Durante i nostri corsi di formazione che vedono coinvolti i titolari dei bar nei quali si offre gioco pubblico, spieghiamo chiaramente come gli stessi giocatori problematici non siano consapevoli del loro stesso stato: tenere d’occhio, ad esempio, il tempo e i soldi che i giocatori investono in un’attività (new slot, scommesse, gratta&vinci ecc.) può rappresentare l’inizio a un approccio responsabile. Inutile ricordare come la presenza del gestore del bar e la sua formazione specifica possano rappresentare ulteriori strumenti di prevenzione. Vero è che il Siipac compie il proprio lavoro di aiuto ai giocatori compulsivi in qualità di volontari; i tempi sono maturi affinché lo Stato ci affianchi».

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