Per le nuove aperture di pubblici esercizi no al numero chiuso, sì a indici di qualità

Concorrenza –

I nuovi provvedimenti di programmazione degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande dei Comuni non possono fissare tetti al numero di locali. Lo afferma il ministero, che invita ad adottare meccanismi in grado di promuovere sviluppo e garantire l’equilibrio degli interessi coinvolti

Numero chiuso per i pubblici esercizi? No, grazie. Il dubbio è stato sciolto dalla risoluzione del ministero dello Sviluppo economico n. 67911/2009, con la quale il ministero ha chiarito che i Comuni non possono imporre limiti e prescrizioni alle attività di somministrazione di alimenti e bevande. Queste attività - come prevede l'articolo 3 del decreto legge n. 223/2006 - “sono svolte senza limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale”. In buona sostanza i Comuni, nella predisposizione del nuovo provvedimento di programmazione degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, non potranno più introdurre meccanismi di previsione delle aperture basati sull'indicazione di un numero massimo di esercizi correlato al numero di abitanti.

I parametri possibili

Questo, però, non vuol dire via libera a chiunque lo richieda. Il ministero, al contrario, ha auspicato l'adozione di meccanismi di programmazione “fondati su indici di qualità e fruibilità del servizio, in grado di promuovere sviluppo e garantire l'equilibrio degli interessi coinvolti” e “in grado di rispondere alle necessità anche stagionali del territorio”.
Il chiarimento del ministero si è reso necessario dopo la richiesta di parere formulata da un Comune in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2808/2009. In questa sentenza i giudici affermano che, anche nel caso in cui “l'esigenza di interventi limitativi sia collegabile alla tutela di valori di rango equivalente al principio di libera iniziativa economica, posto che questa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (articolo 41, comma 2, Costituzione), tra tali valori non può farsi rientrare la salvaguardia di una quota di mercato in favore degli esercizi esistenti”.

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