I locali che diffondono musica nei loro ambienti sono tenuti a pagare un diritto riscosso dalla Società Consortile Fonografica. Dopo l’accordo con Fipe, è in crescita il numero degli esercizi che fa fronte al pagamento. Fiepet, invece, resta sulle barricate
Diffondere musica in un locale, attraverso la radio oppure con un dvd di videoclip, impone il pagamento di un diritto di diffusione che va a beneficio dei discografici. La cosa è ormai appurata, come ha sancito, nel marzo 2009, l'accordo tra Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, e Scf, la Società consortile fonografica, che rappresenta la grande maggioranza delle industrie discografiche attive in Italia e degli autori di tutto il mondo. Scf ha reso noti gli importi delle tariffe da pagare per il 2010. Un bar di piccole dimensioni, con superficie entro i 150 metri quadri, deve corrispondere entro il 31 marzo 72,96 euro, che scendono a 51,36 se l'esercizio è membro Fipe.
Cresce la raccolta
Intanto Scf si dichiara soddisfatta di come sta andando la raccolta. Gianluigi Chiodaroli, presidente di Scf, segnala per il 2009 un trend di crescita del 25% rispetto al 2008. «Ormai - dice - siamo arrivati a coprire oltre 12.000 bar ed esercizi pubblici, un risultato impensabile soltanto 12 mesi fa e raggiunto soprattutto grazie all'accordo con Fipe, che ha reso possibile definire una tariffa equa, tagliata ad hoc per il settore e modulata sulle dimensioni dei locali. Ma vogliamo crescere anche nel 2010. Secondo il nostro calcolo gli esercenti che utilizzano la musica in modo non prioritario sono da 200.000 a 300.000 e questa cifra dà la misura del lavoro che ci aspetta».
«La cosa importante - sottolinea ancora Chiodaroli - sancita dall'accordo con Fipe, è che sta finalmente passando l'idea che quello che chiediamo non è l'ennesimo balzello nei confronti degli esercenti, ma un diritto sacrosanto, quello degli autori di musica e dei distributori di essere remunerati per il loro lavoro».
Non tutti però sono della stessa idea. Fiepet Confesercenti, per esempio, non ha definito accordi per un equo compenso e attraverso alcune sedi regionali ha invitato i propri iscritti a non pagare compensi agli incaricati Scf. Secondo Confesercenti i diritti sono già pagati dalle emittenti. Inoltre, sempre secondo Fiepet, non sarebbero condivisibili i criteri di definizione della giusta tariffa seguiti da Scf e Fipet.
Invito al dialogo
«In realtà - osserva sempre Chiodaroli di Scf - non ci pare che queste obiezioni abbiano un fondamento giuridico, ma non intendiamo scendere in una polemica sterile. Quello che si dovrebbe fare, secondo noi, è sederci intorno a un tavolo e parlare: solo così, con un accordo tra le parti, si può arrivare a definire un'equa tariffa. Da parte nostra, proprio per evitare che ci sia disinformazione, abbiamo come obiettivo di comunicare in modo diretto e pragmatico con gli esercenti, che possono anche contattarci e pagare direttamente le tariffe aggiornate sul nostro sito attraverso un semplice conto corrente bancario».