Dici Luini ed è subito panzerotto, è subito leggenda milanese. Street food prima che lo street food diventasse un trend, cibo semplice e servizio basico in un forno nato nella Milano del dopoguerra, diventato consumo di precetto per concittadini e turisti, resistente a tutto e a tutti: è la formula magica del prodotto da forno venduto in via Santa Radegonda 16 (a un passo dal Duomo di Milano) in un punto vendita piccolo e solo per l'asporto, nata nel 1949 e diventata un modello di successo. Cibo conosciuto in tutta la città, immutabile nel concetto ma evolutosi nelle modalità produttive e nella gestione.
A lezione dall'antesignano dello street food
Luini, 90 anni raggiunti e superati coccolando il business di famiglia, si è raccontato nel libro Volevo solo fare il panettiere (ed. Egea). Una saga famigliare e, insieme, la narrazione di un'avventura imprenditoriale, dalla quale abbiamo provato a trarre cinque lezioni di gestione, cinque parole chiave che identificano le basi del successo del panzerotto di Luini. Le abbiamo fatte emergere con l'aiuto del professor Sandro Castaldo, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese presso il Dipartimento di Marketing dell’Università Bocconi a Milano, autore della prefazione del libro di Luigi Luini.
I cinque ingredienti che fanno del panzerotto di Luini un mito
Queste le cinque "lezioni" che il modello Luini può dare anche a un locale di oggi, inserito in una realtà urbana.
1. Innovazione di prodotto e di servizio
La capacità dell'azienda non solo di innovare nella produzione e nei prodotti, ma anche nella modalità di servizio al cliente (rapido e street food).
Basta passare da via Santa Radegonda per un assaggio: anche in tempi di Covid, la gestione dei flussi è impeccabile, le file sono gestite, i tempi di attesa sono minimi, la cortesia non è mai in discussione. Così Luigi Luini racconta il passaggio chiave dell'impostazione del nuovo banco vendita: quello vecchio «andava bene quando eravamo un piccolo panificio, in una fila si veniva serviti, in un’altra si pagava alla cassa e nell’angolo della stanza rimaneva lo spazio per scambiare due parole, allacciarsi una scarpa». Ma i tempi erano cambiati e le scarpe pure. L’idea del nuovo bancone venne a quel piccolo vulcano di Emanuela (una delle due figlie, ndr). «Facciamo un bancone in linea, così chi entra non deve fare mille giri. Guarda, sceglie, ordina e esce con i suoi prodotti. Le cose più semplici sono sempre le più efficaci».
2. Rispettare la tradizione
Innovare non vuol dire tagliare i ponti col passato, ma reinventare costantemente ricette e formati distributivi classici, interpretandoli in modo moderno e allineato ai nuovi trend di consumo.
Ancora dal libro, a proposito di come segnalare caratteristiche e ingredienti dei panzerotti al banco: «Negli anni ho imparato a fidarmi anche delle mie sensazioni, anche quando agli occhi degli altri vengono scambiate per capricci. "Ma Luigi! Perché non vuoi mettere un tabellone con i numerini? È pratico, moderno, agevola negli orari di punta, lo hanno tutti!". NO! I clienti non sono freddi numeri e la mia bottega non è un ufficio postale».
3. Orientamento al cliente
Costante ascolto delle esigenze del cliente e della loro evoluzione nel tempo, senza mai smettere di rispondere ai bisogni emergenti della domanda, che è il vero fulcro dell'iniziativa imprenditoriale.
«Certi clienti li considero una fortuna. Non per quello che mi hanno comprato, ma per quello che mi hanno insegnato». E così, ascoltandoli, Luini ha mantenuto viva l'offerta del suo forno. «È cambiata e non poteva essere altrimenti - ricorda sempre Luini nel libro - se mi fossi limitato a fare michette non sarei a raccontare questa storia. Fu quello londinese il periodo delle più grandi sperimentazioni, alcune delle quali, rientrato in patria, volli riproporre anche a Milano. In memoria degli anni a Londra, mi lasciai convincere a tenere i nomi originali, così come erano stati pensati, in inglese. «Chocolate Cake» e «Country Cake» entrarono allora nel nostro menu, alcune varianti vennero rimaneggiate ancora, altre invece abbandonate per far spazio alle novità più in linea con i gusti dei clienti».
4. Trasformare le passioni in lavoro
La passione rappresenta il punto di partenza dell'attività imprenditoriale, così l'impegno nel lavoro e nelle attività professionali non rappresenta più un sacrificio, ma diventa soddisfazione e piacere.
«Io non vedo alcuna differenza di principio tra un prodotto da forno e una stretta di mano. Panzerotti, taralli, friselle, rosette, sfilatini e torte sono questione di mani, e quelle mani appartengono soltanto a un uomo, che nelle sue mani profonde tutta la sua intelligenza, tutto se stesso».
5. Resilienza
Non abbattersi per risultati non convincenti e insuccessi nel breve termine. Cercare sempre di apprendere dagli errori e dagli insuccessi per migliorare.
Nel 1970 Luigi Luini rischia di perdere tutto: la proprietà dei "muri" del suo forno vuole revocargli l'affitto, mandarlo via. Lui racconta così la sua decisione di rischiare l'azzardo più grande della vita: «Misi mano a ogni risparmio e raggruppai tutta la mia liquidità, arrivai persino a impegnare alcuni miei beni pur di raggiungere la cifra richiesta e acquistare i muri dell’intera proprietà, dal piano terreno dove lavoravamo fino al primo piano dove abitavamo. Quello fu credo il più grande azzardo della mia vita. Pazzo, mi dicevano. Rimasi senza risparmi, nemmeno un centesimo di riserva». Lottare come un leone per tenere quella location si rivelò un azzardo vincente, perché senza quella posizione strategica non esisterebbe il mito Luini.
La sesta lezione: qualità del prodotto prima di tutto
A ben guardare, c'è un'ultima lezione da ascoltare. Quella che riguarda il prodotto. La formula del panzerotto ha origine dal libro di ricette - scritte a mano - della mamma di Luigi Luini. Semplice e geniale, adeguata al mercato che ha richiesto differenziazione (oggi il panzerotto è offerto in 11 versioni fritte e 6 al forno), ma immutata nella sua essenza, sempre con la massima attenzione alla qualità delle forniture. Sempre con quel mix di bontà e semplicità che fa del panzerotto un mito.
«Ho visto svariati modi di tenere in mano un panzerotto e mangiarlo, ognuno ne ha uno proprio. Ho scoperto che alcuni lo tengono per l’estremità e sembrano equilibristi attaccati a una fune. Altri li avrei abbracciati, tanto erano impacciati nel maneggiare anche solo la carta tutt’intorno. Tutti, però, lo finiscono».