La catena Ghm sceglie il quartiere a nord della città per la sua prima struttura europea
L'ultimo boom alberghiero a Milano fu con Italia '90. Una corsa a costruire senza intuire le profonde trasformazioni che avrebbero investito il turismo, e cambiato il turista, negli anni a venire. Oggi un vento globale spira sul capoluogo lombardo. L'ospite ha desideri e necessità sfaccettati: business più “leasure”, più benessere, più tecnologia, più spazio, più servizi, più cucina.
Gli hotel 4 e 5 stelle nati di recente sono ispirati ad un modello più internazionale e di flessibilità alto, come il Bulgari, il Park Hyatt, gli spagnoli NHow e Ac Grand Class. Dall'anno prossimo sono attese al debutto altre grandi firme: W (gestione Starwood), Meridien Gallia in Brera, un Ata in Garibaldi e gli hotel di Armani in via Manzoni, Moschino in via Montegrappa (Ras e Mobygest) e Missoni.
Ma se vogliamo guardare ai concetti innovativi, l'esempio è il The Chedi Milan, recentemente inaugurato. Si tratta di un urban resort da 250 camere, collocato a nord, in zona Bovisa, sull'asse Torino, Malpensa e la nuova Fiera di Rho. La facciata è un po' understatement, colore polvere di cacao che confonde la struttura con il complesso residenziale in cui è inserita, che a sua volta riflette il paesaggio industriale della zona, riabilitata come nuovo polo culturale della città.
Sotto le colonne dell'ex fabbrica, dietro l'insegna appena accennata, l'albergo mostra il suo dna: uno staff multietnico dà il benvenuto, c'è chi apre la portiera del taxi, chi prende in consegna il bagaglio e il pr guest che introduce l'ospite al microcosmo asian style, il cui nome in tailandese significa “monumento spirituale”.
La geografia dell'hotel
The Chedi si spalma in una serie di corpi, e di piani, dove i servizi via via salgono di comfort e di livello. C'è la zona meeting con ingresso e reception separati, con un anfiteatro da 250 posti, 8 boardrooms (43 mq) hi-tech (lavagna interattiva, Lcd, Wifi); ci sono i piani delle camere (250) e delle suite (38, di 50 mq), ciascuna con letti king size, e una spettacolare penthouse (150 mq) con terrazzo (80 mq) al decimo piano.
Al quinto e sesto piano si trova il The Chedi Club, un hotel dentro l'hotel, dove scattano i servizi a cinque stelle: reception dedicata per check-in veloce, salone con biblioteca, internet, bar, tè corner (selezione Arte del Ricevere, Milano), sala da pranzo privata per 20 persone e sala riunioni sempre allestita. Tra i servizi complementari, maggiordomo personale e daily laundry.
Ma non è finita, un altro pezzo del resort è in via Varesina, il Virtus Club, dedicato al long staying: 40 mini appartamenti con i servizi del The Chedi, compresa la cucina, le cui delikatessen italo-indo-thailandesi vengono recapitate o confezionate per il take away (“deli” aperta anche al pubblico).
The Chedi Milan è il primo Ghm-Aman Resort in Europa, un'operazione favorita dall'imprenditore Emanuele Cisa de Gresy che, affascinato da questo tipo di ospitalità, ha coinvolto la company di Singapore per la gestione e il disegno degli spazi. Così il capoluogo lombardo risulta di fatto l'entry point in Occidente della catena asiatica di lusso fondata da Adrian Zecha e Hans Jenni, architetti del benessere, che in 15 anni hanno messo insieme una collezione spettacolare, dal The Setai a Miami al Nam Hai in Vietnam. Tutti luoghi magici e lussuosi, frutto di un sapiente dosaggio delle culture indiana, cinese e indonesiana.
Il benessere prima di tutto
Dice il mago degli interior, l'indonesiano Jaya Ibrahim Pratomo, designer ufficiale della Ghm: «Sentirsi in armonia con se stessi è fondamentale quando si è in viaggio. E lo è anche il benessere interiore che i luoghi possono favorire. Per questo prediligo spazi tranquilli, scelgo colori tenui, e il bianco che genera calma interiore. E punto su luci avvolgenti, perché arrotondano le forme e amalgamano le tecnologie occidentali».
Anche per il The Chedi milanese l'ospitalità si fonda sul benessere. La Spa (370 mq) è firmata Henri Chenot, con sauna, bagno turco, jacuzzi e una piscina tutta vetrate, riscaldata, affacciata sulla courtyard. La fitness room ha le ultime macchine Tecnogym. Mentre la cucina, perché anche questo è benessere, è nelle mani di Paolo Sari, executive di tre stazioni gastronomiche, quella mediterranea, l'indiana e la thai (con cuochi del circuito The Chedi).
Lo chef trevigiano, esperienze al Dorchester di Londra, in Corea (Millenium Seul Hilton), a New York (Bice) e a Milano (Palazzo Mezzanotte) ha un credo che va ascoltato: «Il breakfast è il momento più importante per contattare l'ospite, per questo ogni cosa deve essere fresca come a casa, spremute vere, uova spadellate al momento, confetture, pani, croissant, realizzati qui».