L’attacco dei baristi mascherati

Attività –

Esercenti sull’orlo di una crisi di nervi. Succede quando la propria attività deve fare i conti con la recessione e viene attaccata da concorrenti travestiti da circoli privati. Soggetti che non rispettano le regole e fruiscono di agevolazioni di tutti i tipi

La concorrenza talvolta può avere la faccia innocente di un'associazione culturale che promuove il benessere psicofisico dei propri soci o di club di quartiere che spacciano singolari attività di “solidarietà” come tatuaggi o massaggi. Attività che dietro la facciata di circolo privato nascondono in modo crescente iniziative che non hanno alcuna finalità sociale ed assistenziale, ma sviluppano una vasta area di abusivismo in particolare nel settore della somministrazione di alimenti e bevande. Una zona grigia che sta assumendo dimensioni economiche preoccupanti e che sta togliendo letteralmente il sonno a molti imprenditori che, oltre a destreggiarsi tra cali di fatturati e norme restrittive, devono anche guardarsi il fianco da concorrenti mascherati da enti senza scopo di lucro. Un settore, quello del no profit, su cui recentemente ha fatto luce l'Agenzia delle Entrate avviando un censimento di enti e Onlus: un'iniziativa introdotta dall'articolo 30 del Decreto Anticrisi (dl 185/2008). Scaduti i termini (lo scorso 31 dicembre 2009) per l'invio all'agenzia di un modello contenente 38 domande su tutti gli aspetti giuridici ed economici della loro vita associativa, sono stati oltre 220mila gli enti che hanno inviato la loro comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali. Da evidenziare che la pena per la mancata compilazione consisteva nella perdita delle agevolazioni fiscali che la normativa prevede in favore degli “enti non commerciali di tipo associativo”: agevolazioni che, in sintesi, consistono nell'esclusione dall'imposizione diretta e indiretta ai fini Iva. Adesso, dunque, esiste un database che rafforzerà la capacità di controllo dell'amministrazione e che servirà a scovare vere e proprie imprese commerciali dissimulate sotto forma di associazioni sportive, culturali ecc.

Un'attività di somministrazione professionale
Detto questo, nessuno vuole mettere in discussione la libertà di associazione garantita dall'art. 18 della nostra Costituzione, o la serietà della maggioranza di enti assistenziali o di associazioni di promozione sociale o altro. Il problema è un altro. E sorge quando il circolo che svolge dietro regolare autorizzazione un'attività di somministrazione di alimenti e bevande non solo non l'effettua esclusivamente a favore dei propri associati, come prevede la legge, ma la svolge in forma “professionale”. «È questo il fenomeno più preoccupante - conferma Alfredo Zini, vice presidente Epam-Confcommercio -. Non siamo più di fronte a operatori che pur violando la legge improvvisano un'attività di somministrazione aperta al pubblico. Oggi, i nostri associati si misurano con veri e propri professionisti che organizzano attività commerciali con tutti i crismi: dalla prima colazione alla cena, lavorando sette giorni su sette».

Lo sviluppo di un vero e proprio mercato parallelo

«Attività - prosegue Zini - dove sono quasi del tutto assenti non solo controlli di natura fiscale, ma quello che è ancora più grave controlli di carattere igienico sanitario. Vigiliamo sul territorio e facciamo continue segnalazioni alle autorità competenti, ma è innegabile che le file del mercato parallelo della somministrazione si stiamo continuamente ingrossando: un esercito di 100mila imprese che attuano forme di concorrenza sleale nei confronti dei pubblici esercizi. Non solo, dunque, i circoli privati “aperti” al pubblico, ovviamente, ma anche falsi enti che gestiscono attività d'intrattenimento e tutto il variegato mondo delle imprese artigiane che non rispettano le regole della somministrazione non assistita». Un problema avvertito trasversalmente da tutte le categorie e che assume forme particolarmente “pericolose” (perchè non rispettano gli standard di sicurezza) e aggressive soprattutto nelle fasce orarie serali e notturne.

Requisiti di sicurezza ed evasione fiscale

«C'è un aggravarsi delle situazioni di abusivismo - spiega Luciano Zanchi, presidente di Assointrattenimento - Confindustria - con locali di pubblico spettacolo camuffati da circoli sportivi o ricreativi senza avere i requisiti di gestione e di sicurezza di una discoteca. Quest'anno abbiamo fatto circa 700 esposti per combattere una concorrenza che sfugge alle norme sulla sicurezza imposte dal Decreto del Ministero dell'Interno del 19 agosto 1996 sulla prevenzione degli incendi. Dunque, quasi mai c'è un'autorizzazione preventiva e la pratica comune, vietata dalla legge, è quella di “associare” il pubblico all'ingresso del circolo. Per non parlare del profilo fiscale: mentre una discoteca è sottoposta a una serie di imposte e tasse - Iva, imposta spettacolo, Siae ecc. - che comportano un prelievo immediato di oltre il 40% sull'incasso lordo, il finto circolo privato che fa attività d'intrattenimento musicale o danzante con serate che vengono regolarmente pubblicizzate sui media evade completamente l'Iva e, oltretutto, non ha dipendenti». È chiaro che esiste anche un problema di controlli. Talvolta si assiste a un sostanziale scaricabarile tra Comuni e organi di polizia sulle modalità e i tempi di intervento. Senza contare che la disciplina relativa ai circoli privati è talmente complessa e ricca di eccezioni e richiami da scoraggiare anche il più volenteroso dei controllori. Una disciplina intricata, che qualcuno sospetta sia stata creata ad hoc dalle potenti lobby del mondo associativo. Al di là di tutto, c'è da dire che un'azione di controllo più severa e capillare non solo sgombrerebbe il campo dalla concorrenza sleale, ma andrebbe a privilegiare quegli enti che, nel rispetto delle leggi, sono effettivi depositari e portatori di utilità sociale. La realtà è che oggi il bar è come un fortino: assediato da soggetti che, spesso in barba alla legge, invadono il suo campo d'azione. Agli occhi di un imprenditore onesto questa situazione è inaccettabile. Anche perché il settore, grazie o per colpa della deregulation, sta vivendo una difficile fase di ristrutturazione. Solo nel 2009, oltre 22mila imprese hanno cessato l'attività con un saldo negativo di 2mila unità. E, stante le cose, si comprende bene che la concorrenza anche di un solo circolo privato che effettua un'attività di somministrazione “urbi et orbi” non sia assolutamente un problema di lana caprina.

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