La voce delle donne nella bar industry

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Ventidue donne protagoniste della bar industry nazionale ci raccontano la loro esperienza, perlopiù positiva. Ma i numeri fotografano una realtà in cui il divario di paghe e di opportunità tra maschi e femmine è ancora forte

Quando scriviamo, si è appena concluso il caldissimo turno di primarie ed Elly Schlein è ufficialmente la prima donna a guidare il Partito Democratico. Appena eletta la neosegretaria ha promesso subito di puntare su salario minimo, ambiente, lavoro, ma anche di dare del filo da torcere al governo di Giorgia Meloni. Non vi preoccupate. Non stiamo per buttarla in politica. Anche perché la prima regola del bar, e di conseguenza di Bargiornale, è non buttarla mai in politica. Il segnale forte è che al di là delle idee, ideologie e convinzioni ideali, dal nostro sistema arriva un interessante segno di discontinuità che riguarda tutte e tutti. Perché, per la prima volta nella nostra storia, sia alla presidenza del Consiglio sia alla guida del maggior partito d’opposizione, ci sono due donne. E dopo secoli di potere politico declinato al maschile si tratta di una gran bella scossa. Ma fino a un certo punto.

Così nel mese della Festa della Donna, Bargiornale sceglie di dare voce a 22 protagoniste del nostro settore chiedendo loro di esprimersi su questioni legate al gender gap, con particolare riferimento al mondo della bar Industry. A confronto, nelle pagine del numero di marzo 2023, troverete le visioni di bartender, bar manager, brand ambassador, consulenti, campionesse e figure apicali del nostro settore. Insieme, pagina dopo pagina, ci sono i punti di vista, talvolta agli antipodi, di lavoratrici della hospitality industry e della industry del beverage. Queste sono le nostre 22 voci.

ANNALISA SPADOLA, DIRETTRICE MARKETING E COMUNICAZIONE GRUPPO MOAK

BARBARA RICCI, TITOLARE THE GIN CORNER, HOTEL ADRIANO

CARMEN CLEMENTE, TITOLARE CON MANUELA FENSORE DI WLACC - WORLD LATTE ART & COFFEE CENTER E CONSULENTE

CAROLINA VERGNANO, CEO CAFFÈ VERGNANO

CHIARA BERETTA, BRAND AMBASSADOR FINE SPIRITS

CHRISTINA MEINL, MANAGING DIRECTOR JULIUS MEINL

CINZIA FERRO, OWNER ESTREMADURA CAFÉ

DANIELA GARCEA, CONSULENTE AZIENDALE NEL SETTORE BEVERAGE

DENISE RUSCIO, TRADE MARKETING MANAGER DORECA ITALIA

DIANA LISCI, CHIEF COMMUNICATION OFFICER COMPAGNIA DEI CARAIBI

FEDERICA GEIROLA, BAR MANAGER, CONSULENTE E CONTENT CREATOR

FRANCESCA BARDELLI NONINO, RESPONSABILE COMUNICAZIONE WEB NONINO

FRANCESCA GENTILE, TITOLARE FUNI 1898

GIULIA CASTELLUCCI, GM E CO-OWNER CO.SO COCKTAIL & SOCIAL E REM

ILARIA BELLO, BAR MANAGER TALEA E CONSULENTE

MARIA ANTONELLA DESIDERIO, DIRETTRICE BU PREMIUM SPIRITS DI COCA-COLA HBC ITALIA

MICAELA PALLINI, PRESIDENTE & CEO PALLINI SPA

ROBERTA MARIANI, ADVOCACY DIRECTOR ITALSPIRITS

SABINA YAUSHEVA, GENERAL MANAGER TRIPSTILLERY

SIMONA BIANCO, GLOBAL MARKETING E ADVOCACY MANAGER ILLVA SARONNO

TERRY MONROE, TITOLARE OPERA 33 E ORO SCRT ROOM

VANESSA VIALARDI, CO-OWNER D.ONE E SOHO TORINO

 

Le domande rivolte sono sei:

  • Quali sono gli ostacoli e le difficoltà che avete incontrato (o che incontrate) nel relazionarvi con una industry prevalentemente al maschile?
  • Come giudicate il rapporto con i colleghi?
  • Sono sempre rispettosi del vostro ruolo e della vostra posizione?
  • Quali difficoltà incontrate nel rapporto con i fornitori?
  • Ci sono disparità salariali tra voi e i vostri colleghi maschi?
  • Qualcosa si è mosso, in senso positivo, negli ultimi anni?Ogni intervistata è stata libera di rispondere alle questioni che voleva e che più la riguardavano da vicino. Gli spunti di riflessione non sono mancati. Così come non sono mancate le sorprese. Intanto la maggior parte delle intervistate, come leggerete nelle pagine della rivista, non lamenta particolare difficoltà di relazione né con i colleghi maschi né con i fornitori. Sul divario salariale, a detta della nostre intervistate, sembra non sussistano particolari criticità. Anzi, c’è chi lavora al bar e ammette di essere trattata meglio dei colleghi uomini. E, per dirne un’altra, molte sostengono che in tema di inclusione il nostro settore, a differenza di altri, si sia evoluto. Specialmente negli ultimi 10-15 anni. Ci sono, e sono la maggioranza, coloro che chiedono maggiore presenza delle donne nei ruoli di vertice.

L'evidenza dei numeri

Per offrirvi un antipasto, abbiamo raccolto alcuni numeri, a livello nazionale ed internazionale, in tema di gender gap. Perché si sa i numeri, meglio di tante parole, aiutano a inquadrare meglio la realtà. Intanto, quanto guadagnano le donne in meno? Secondo gli ultimi dati disponibili di Eurostat, relativi al 2020, le donne nell’Unione Europea guadagnano in media il 14,1% in meno degli uomini. Questo indicatore è noto come “gender pay gap” (differenza di retribuzione di genere) e si riferisce alla differenza percentuale tra la retribuzione media oraria delle donne e degli uomini in un determinato Paese o area geografica. Vale la pena notare che il gender pay gap può variare notevolmente da Paese a Paese e che alcuni Paesi hanno fatto progressi significativi nel ridurre questa differenza negli ultimi anni. Tuttavia, il divario salariale tra uomini e donne rimane un problema serio in tutta Europa e nel mondo.

Altro capitolo importante riguarda le posizioni aziendali di vertice occupate da donne. Secondo il rapporto “Women in Business 2021” di Grant Thornton, nel 2021 il 29% delle posizioni di vertice a livello globale erano occupate da donne, in aumento rispetto al 28% del 2020. Tuttavia, la relazione ha anche evidenziato che solo il 7% delle aziende a livello mondiale aveva una CEO donna.

E la situazione italiana? Nella classifica sull’ampiezza del divario di genere nel mondo, pubblicata dal World Economic Forum nel 2022, l’Italia occupa la posizione numero 63 su 146 Paesi. Nel 2021 l’Italia era al numero 76 su 156 Paesi. Questo significa che, secondo il rapporto, ci sono 83 Paesi al mondo in cui il divario di genere è più ridotto rispetto all’Italia. In particolare, il report ha valutato il gender gap in quattro aree tematiche: partecipazione ed opportunità economiche, realizzazione educativa, salute e sopravvivenza, potere politico. L’Italia ha ottenuto i punteggi più alti nella categoria “potere politico”. In tema di political empowerment, l’Italia si trova al 40° posto su 146 Paesi. Andiamo benino anche alla voce “realizzazione educativa” (59°). Quello su cui invece bisogna riflettere sono i punteggi della categoria “salute e sopravvivenza” (108°) e “partecipazione ed opportunità economiche” (110°) che include la partecipazione delle donne al lavoro e la retribuzione delle donne rispetto agli uomini. Su questi temi, altrettanto cruciali, tanti passi andranno ancora fatti.

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