La ricetta per i bar? Cortesia, bell’ambiente e buoni prodotti

punti di vista –

Per il gastronauta Davide Paolini il futuro del bar è fondato sulla “relazione”. Intervista esclusiva dal numero del trentennale di Bargiornale

Come gran parte delle persone cresciute in un piccolo paese (lui è di Galeata, comune sulle colline romagnole), Davide Paolini ha trascorso gran parte dei suoi anni giovanili al bar: «Era il centro di tutto: amicizie, discussioni di politica e di sport, zingarate». Ora naturalmente, “quel” bar non esiste più. Nè è pensabile poter tornare indietro.Il problema però, secondo Paolini, è che il bar che avrebbe dovuto sostituirlo, in realtà, non esiste ancora. Gli abbiamo chiesto di spiegarci come dovrebbe essere e cosa manca ai bar d’oggi per arrivare lì.

Cosa manca di più ai bar che oggi si trova a frequentare?


Quello che io raramente trovo è la qualità del servizio, l’amore per quello che si fa e la capacità di trasmetterlo. Avere un caffè ben fatto sembra una richiesta banale, ma spesso così non è. Con un paradosso: che a volte ci si trova di fronte a materie prime eccellenti, per esempio nell’espresso, a grandi capacità di raccontarle e di invogliare il cliente a fare un’esperienza di consumo con un risultato finale in tazza assolutamente deludente.
Sul fronte opposto, il rischio a cui si va spesso incontro è quello dell’uniformità dell’offerta: prodotti tutti uguali serviti alla meno peggio, senza un minimo di cura. Quali sono le direzioni di lavoro di lavoro che i gestori di locali dovrebbero perseguire?

Credo che il bar debba tornare a fare il bar, curando la qualità dei prodotti che più lo caratterizzano. Prima di tutto un caffè e un cappuccino fatti nel modo migliore; ma anche ottimi toast e ottimi panini, oltre a cocktail fatti come si deve per l’aperitivo. Ecco, proprio l’aperitivo potrebbe essere un momento su cui costruire un’offerta originale e di qualità.

Quindi basta con l’happy hour?
Direi basta a quegli happy hour in cui si propinano cibi rimediati e rimescolati di nessuna qualità, salse impresentabili e piatti di cui si fatica persino a indovinarne il contenuto.
Il momento dell’aperitivo, al contrario, è una grande occasione per i bar. Varrebbe la pena puntare su poche cose, semplici ma di qualità. L’aperitivo potrebbe essere la giusta occasione per valorizzare i tanti giacimenti della nostra gastronomia, a partire da salumi e formaggi. Contribuendo così a far conoscere i prodotti del territorio più validi. Naturalmente accompagnati da cocktail fatti a regola d’arte.
Oltre all’aperitivo, un altro grande momento di consumo da rilanciare e valorizzare è la prima colazione. In Italia mancano luoghi dove si possa fare una colazione all’altezza. Il bar potrebbe diventare il luogo giusto.
Per quanto riguarda la sera, invece, la strada dovrebbe essere quella di inventarsi delle motivazioni di incontro. Quello che occorre sono organizzazione e programmazione.

Detto della qualità dei prodotti, resta da affrontare il tema del servizio.
Qui la parola chiave è una sola: formazione dei dipendenti. Da noi manca quasi del tutto, figlia della presunzione tutta italiana di pensare di “saper già fare” e di non aver bisogno di imparare nulla. Nè come si fa un buon caffè, nè quali sono le tecniche migliori per trattare con il cliente, nè nessun’altra cosa.
La formazione dovrebbe comprendere sia gli aspetti tecnici relativi alla preparazione dei prodotti, sia quelli più immateriali: dal servizio alle tecniche di accoglienza dei clienti.

In conclusione: quali caratteristiche che deve avere un bar per piacere al Gastronauta?
La prima cosa è la capacità di creare uno spazio e un’atmosfera gradevoli, che sappiano mettere il cliente a proprio agio. Non sono necessari effetti speciali strabilianti, ma una certa presenza scenica dell’ambiente resta comunque un elemento importante.
Lo spazio gradevole, però, da solo non è sufficiente. Occorre anche che venga reso vivo e animato, con la cortesia e l’educazione delle persone chi ci lavorano dentro.

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