La cura dei dettagli fa la differenza

Ricerche –

Due recenti indagini Ispo analizzano gli scenari dopocrisi. Funzionano i locali che curano arredo, pulizia e atmosfera, capaci di offrire prodotti di qualità al giusto prezzo

Molti fattori stanno modificando il mondo del bar. Alcune conferme, ma anche novità, emergono dall'indagine Ispo (5/09) ”L'atteggiamento degli italiani nei confronti del consumo fuori casa” pubblicata dall'Istituto per gli studi sulla pubblica opinione (Ispo) guidato da Renato Mannheimer, in vista della prossima edizione di Host - Fiera Milano (23-27 ottobre 2009). Alla domanda su quanto spesso capiti di entrare in un bar per pranzare, sedendosi per un panino, trancio di pizza, piatto caldo o freddo, il campione selezionato di 800 intervistati ha dato queste risposte: tutti i giorni (5%), qualche volta alla settimana (18%), qualche volta al mese (28%), qualche volta all'anno (17%), mai o quasi mai (32%, nel nord-est il 37%). Interrogato invece su quante volte si entra in un bar per una semplice consumazione (caffè espresso, cappuccino con brioche, gelato) il campione ha così risposto: tutti i giorni (21%), qualche volta alla settimana (32%), qualche volta a mese (20%), qualche volta all'anno (8%), mai o quasi mai (19%).
Luoghi e tipo di consumi al bar cambiano in modo significativo a seconda dei luoghi: «Mentre nelle città, visto le distanze da coprire tra casa e posto di studio o lavoro, la pausa pranzo al bar piace ed è sempre più diffusa - sottolinea Mannheimer - nei centri di provincia è invece ancora radicata l'abitudine di rientrare a casa per la pausa di mezzogiorno. Ecco spiegato il dato basso (5%) relativo agli italiani che usano il bar per la pausa pranzo. Viceversa, grazie all'elettronica, in città come in provincia, cresce la funzione di servizio dei bar per pagamenti, ricariche e giochi».
In provincia resiste la tradizione

«A motivare i clienti nella scelta di un pubblico esercizio (65%) - puntualizza Mannheimer - contribuiscono giudizi come relax, qualità del servizio, fiducia nel personale, occasione per stare insieme agli altri. Non solo: l'ambiente di un locale è capace di attrarre nuova clientela, a prescindere dalla sua notorietà. Piacciono così i locali a maggior valore aggiunto per arredo, pulizia e atmosfera, tipo lounge bar, cocktail bar e music bar». Solo il 19% (65% per i pensionati) non si fa coinvolgere dal richiamo del locale bello da vedere e sceglie invece di entrare in base ai prezzi dei prodotti. Da notare anche che il 69% degli intervistati valuta positivamente la possibilità di vedere in diretta come vengono preparati cibi e bevande».

La crisi premia storicità e notorietà

Un'altra recente ricerca Ispo (6/09) “Food and beverage: come cambiano i consumi degli italiani in tempo di crisi” su un campione analogo di 800 intervistati, evidenzia i cambiamenti di consumo anche a livello bar. «La tendenza generale prevalente (38%) è di risparmiare - sottolinea Mannheimer -, riducendo soprattutto la quantità dei prodotti, ma senza rinunciare alla qualità, una scelta condivisa più o meno da tutte le categorie sociali. Tra i prodotti a risentire meno della contrazione delle spese sono quelli a base di carne, pesce e vino. A farne le spese sono invece quelli giudicati non essenziali come amari e liquori». In particolare è il vino il prodotto a riscuotere il maggior grado di fedeltà da parte dei clienti. Ben il 65% degli intervistati ammette di spendere come prima per vini della stessa qualità, ai quali va aggiunto un 19% di intervistati che acquista meno di prima, ma sempre vini della stessa qualità, arrivando alla quota fedeltà di 84%. Un altro dato importate emerso è che esiste un forte legame tra qualità, storicità della marca e territorio. Oltre il 72% ha dichiarato di essere più sicuro della qualità del vino affidandosi a marchi storici. «Un criterio di valutazione che si può facilmente estendere ad altri prodotti - ha concluso Mannheimer - aggiungendo quello di notorietà, in mancanza della storicità».

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