Osservare: un modo semplice per migliorare gli affari

Chi l'ha detto che il marketing dev'essere per forza complicato? Per imparare a vendersi meglio basta guardare con occhio distaccato il proprio locale dall'esterno. A patto di seguire quattro semplici regole

Denise Cumella, osservazione, marketing
Chi l'ha detto che il marketing dev'essere per forza complicato? Per imparare a vendersi meglio basta guardare con occhio distaccato il proprio locale dall'esterno. A patto di seguire quattro semplici regole

Cosa pensa di noi chi entra nel nostro locale la prima volta? E perché tutti gli altri che passano davanti non entrano? «C’è un metodo semplice per scoprirlo - afferma Denise Cumella, consulente strategica e titolare di One Hour Marketing -: mettersi nei loro panni». L’invito è a farlo fisicamente, abbandonando temporaneamente il proprio posto dietro il bancone o in cassa per trasformarsi in un osservatore.

«L’osservazione è uno strumento potentissimo - spiega Cumella - per capire come possiamo migliorare la nostra offerta». Perché funzioni, occorre seguire tre semplici regole (più una): voler capire cosa si può migliorare, ripetere l’osservazione nel tempo e farsi affiancare da occhi attenti di cui ci si fida. La quarta? Ve la sveliamo più avanti.

«L’atteggiamento di partenza è fondamentale - spiega Cumella -: ognuno tende a vedere quello che vuole vedere. Se cerco solo conferme di quanto siamo bravi e quanto è bello il locale, l’osservazione non porterà a niente. Se invece decido di provare a scoprire cosa posso cambiare per far meglio, guarderò con occhi attenti e troverò ogni volta spunti nuovi. Vale la vecchia regola che quattro occhi vedono meglio di due: per questo è utile chiedere a qualcuno di cui ci fidiamo di osservare con noi cosa succede. A patto di scegliere chi sappiamo che ci regalerà più suggerimenti che complimenti. Ognuno di noi tende a compiacersi: non c’è niente di male, se non che con questo atteggiamento migliorarsi diventa piuttosto difficile».

Prima e dopo

Una prima semplice domanda a cui Cumella suggerisce di rispondere è: «Che effetto faccio a chi passa davanti al mio locale?». Che, tradotto in termini più brutali, significa: ci notano o sembriamo trasparenti? Facciamo venir voglia di entrare? «È importante concentrarsi soprattutto sulle persone che non entrano da noi e chiedersi il perché» spiega Cumella. Il passo successivo è provare a modificarne la percezione: «Possono bastare piccole modifiche. Sempre meglio farne una alla volta, in modo da cercare di scoprire l’effetto che fa il cambiamento».

Ed eccoci alla quarta regola (quella che mancava) per rendere davvero efficace il metodo dell’osservazione: verificare se la percezione delle persone è cambiata, se chi prima non entrava ora entra e consuma.

Cumella elenca dieci elementi, esterni o interni al locale, su cui provare a metter mano (vedi riquadro a destra; ognuno allunghi la propria lista come meglio crede); per ciascun elemento, indica alcune semplici mosse da mettere in atto per capire se le cose migliorano, peggiorano o restano le stesse. «Posso cambiare l’illuminazione, rendendola più intensa o più calda. Mettere o cambiare la musica, alzando o abbassando il volume. Mettere fuori delle offerte, magari con una lavagnetta, o scriverle diversamente. Posso scrivere qualcosa in vetrina o cambiare il modo in cui comunico i prodotti esposti: è meglio scrivere “brioche 1,00 euro” o “brioche appena sfornate”?». Sembra incredibile come per lavorare meglio sia utile “smettere di lavorare”, almeno nella definizione che si dà normalmente al verbo lavorare. Eppure è così. Provare per credere, come diceva un noto televenditore di un secolo fa.

Vedi l'articolo completo su Bargiornale di aprile 2018

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