L’innovativa formula di Carico, locale di Dom Carella e Leonardo d'Ingeo, che alla sinergia tra drink e cucina affianca l’idea di una stanza dedicata al Martini: non si paga il singolo cocktail, ma il tempo di permanenza

Inaugurare il locale in data 10 febbraio 2020 non è stato certo un colpo di fortuna. Nonostante tutto, in questi due anni – di tempo effettivo, molto meno – Carico ha ottenuto importanti riconoscimenti, affermandosi tra le realtà più interessanti di Milano, e non solo. Merito di una formula che compenetra cucina e drink e di un'atmosfera dalle vibrazioni decisamente internazionali. Il locale sorge all'inizio di via Savona, porta d'ingresso del distretto del design. Qui Domenico Carella e Lorenzo Ferraboschi, soci da anni, hanno rilevato i muri di un vecchio esercizio.

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Domenico Carella

«Siamo entrati con il martello e abbiamo azzerato tutto e ricostruito il locale su mio progetto – racconta Dom Carella - ci ha ispirato la volontà di ricreare una vibe da grandi capitali europee, un'esperienza che potesse essere vissuta a Londra come Hong Kong o Shanghai». Questo si è declinato in un locale raccolto, energico e dinamico, materico, vissuto – i segni del tempo per esempio sono stati valorizzati con la tecnica giapponese del kintsugi, che non nasconde le ferite, ma le sottolinea con l'oro – e contemporaneo al tempo stesso. Tanto verde, la cucina - laboratorio a vista, il rotovap in bella mostra, la station ricavata da un'antica scrivania notarile, mobili vintage che ben si sposano con il ferro, i mattoni, il legno e il cemento. «I particolari sono quelli che fanno la differenza. Un locale è fatto soprattutto di luci, audio e sedute che devono essere della giusta altezza, permettendo di non avere le gambe a penzoloni né lo stomaco schiacciato».

Quattro momenti di consumo, centrale il ruolo della cucina

All'involucro è stata poi data un'anima chiara, una rarità nel panorama italiano. «Abbiamo portato una visione internazionale, l’idea di poter mangiare e bere e vivere una bella atmosfera nello stesso momento. Abbiamo iniziato con cinque drink signature, otto classici, salumi spagnoli e italiani, una tartare, una quinoa e qualche panino gourmet, e da lì siamo partiti per crescere con cocktail di visione legati al food. Quattro i momenti di consumo, con la cucina sempre aperta: aperitivo, cena, post cena, high night».
In questa visione, la cucina è centrale. «Senza Leonardo d'Ingeo  - racconta Dom Carella - non ci sarebbe Carico. Ci siamo conosciuti per caso in un'estate barese, sorseggiando mezcal e mangiando gusano rojo. La sua cucina è ricercata senza essere sofisticata, complessa e al tempo stesso equilibrata».

Leonardo d'Ingeo

Il ventisettenne Leonardo d'Ingeo - tra le sue esperienze, anche quella all'Atelier de Joel Robuchon Saint Germain a Parigi, 2 stelle Michelin - propone una cucina personale e contemporanea, che segue la stagionalità e il mercato, che si declina in piatti come Quinoa, burro, Parmigiano, salsa di porcino, mandorla, polvere di pomodoro - quasi una firma dello chef - o come l'Ombrina cotta per metà, albicocca marinata, topinambur e liquirizia. L'avventore può affidarsi a una tasting experience ridotta (aperitivo e tre portate più dessert, con cinque drink in abbinamento) o completo, dove le portate diventano cinque e i drink abbinati sette. L'impronta è orientale «perché di fatto non ci sono equivalenti nazionali ed europei alle preparazioni orientali. La visione è mondiale. Partiamo dalle migliori materie prime per creare prodotti che siano alla pari dell'ingrediente iniziale. Non vogliamo essere né italiani né globali, vogliamo essere semplicemente noi». Nessun confine, se non quello del gusto. «Tra i dolci c'è quello che per me è il piatto del 2022, nato poco prima della fine dell'anno - continua Carella - ovvero il tiramisù alla banana fermentata, caffè di banana, crema al mascarpone, polvere di funghi shitake e sfoglie croccanti di cocco e porcino. Un piatto che rafforza il concetto di unione e scambio tra cucina e bar. Con l'utilizzo di tutto lo “scarto” della preparazione: lavoriamo infatti una soda alla banana utilizzata al bancone che finisce nel drink che accompagna il piatto».

I drink in versione compact

Detto che qui si può pasteggiare anche a vino - e la carta invoglia parecchio, con la sua propensione alla ricerca e ai vini naturali - certamente il menu trova il suo compimento nella sincronia con i cocktail. Cocktail signature, grandi classici, italici e Martini, la proposta liquida accoglie circa 25 drink che si rinnovano per lo più mensilmente. Distintiva l’idea di proporne una buona parte anche in versione compact tasting, circa una mezza porzione, una dedica a chi abbia voglia di un vero e proprio percorso. L’approccio è sempre quello di dare spazio a tutti e cinque i continenti, infatti non mancano sake e distillati internazionali. «Nella creazione dei cocktail cucina e bar lavorano assieme, in una sorte di brainstorming. Ma non esiste un drink gastronomico: dipende sempre a quale domanda deve dare risposta».

Il Martini acquistato a tempo nella room dedicata

Lo scorso settembre Carico ha vissuto un’evoluzione. «Quando si è liberato il piccolo negozio della dirimpettaia, abbiamo colto la palla al balzo per concretizzare un nostro sogno». È nata così la Martini Room, dedicata al cocktail più famoso al mondo. «Volevamo creare un tempio che parlasse del Martini Cocktail. Un luogo moderno ed essenziale, minimale, dove l’attenzione è catturata soltanto dal bicchiere e dalle mani del bartender». Sette posti a mezzaluna,unico bancone, luci a occhio di bue sulle mani del bartender e sul drink & food dell’ospite. Il format è innovativo: si acquistano 30, 60 o 90 minuti. All’interno di queste finestre, i Martini sono illimitati e serviti in coppe da mezzo drink in modo da farne assaggiare più tipologie, mentre, oltre a un piccolo aperitivo di benvenuto, i piatti vengono serviti ogni 15 minuti. «Il cliente ha modo di dedicarsi alla sua esperienza senza preoccuparsi del costo, può godersi il momento e pensare a se stesso». Il perfect serve è assicurato: coppette sottilissime, raffreddate con azoto liquido a -200 °C e tutta l’expertise di Carella.

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