L’impresa del caffè secondo Ferran Adrià

Si chiama "Coffee Sapiens" l'ultima tappa della collaborazione tra Ferran Adrià e Lavazza: un supermanuale per superare ancora una volta i confini del caffè

Si chiama "Coffee Sapiens" l'ultima tappa della collaborazione tra Ferran Adrià e Lavazza: un supermanuale per superare ancora una volta i confini del caffè

Parla e incanta il “diavolo delle spume” Ferran Adrià, che nel 2003 inventò il primo caffè solido della storia, Èspesso, accompagnato da un cucchiaio forato al fine di enfatizzarne la texture compatta. Durante la presentazione di “Coffee Sapiens - Comprendere per innovare”, un’opera che  offre una visione globale del caffè,  il guru mette subito il dito sulla piaga. «Il 50% circa dei locali non va oltre il terzo anno di attività - afferma Adrià -. Questo avviene perché si apre senza sapere cosa si fa, senza una visione, un progetto».

Così il filosofo e guru della gastronomia non si limita a spiegare il prodotto dalla piantagione alla tazzina, ma offre la propria visione di ciò che significa progettare, aprire e gestire un coffee bar, la cui chiave vincente è identificata nella conoscenza unita all’innovazione. I primi cinque capitoli del volume analizzano il caffè come prodotto; quando si arriva al coffee bar e ai capitoli dedicati alla gestione, la narrazione lascia il posto al dialogo o, meglio a una vera sceneggiatura con ambientazioni, espressioni, pause e parole tra otto figure che in modo vivace e avvincente, compiono il percorso che va dall’idea di un locale alla sua pianificazione, dall’organizzazione alla leadership, dalle risorse necessarie all’innovazione, fondamentale per non smettere di crescere. Con tanto di coffee break, magari per invitare il lettore a una breve pausa.

La conoscenza è il “chiodo” su cui Adrià continua a battere. Così il capitolo “Coffee Bar: comprendere l’impresa e avviare l’attività” prende il via con un classico scambio di battute che si svolge all’interno di un coffee bar: Elena, cliente affezionata e aspirante imprenditrice esclama: “sono affascinata da questo luogo. Ho sempre sognato qualcosa come questo per il mio progetto”. Pietro, direttore generale del locale domanda: “ah! stai pensando di aprire un locale?”. Elena risponde: “ci sto pensando da tantissimo tempo, in effetti. L’ideale per me sarebbe Venezia, sai? Ma quando ci penso ho molta paura, perché non saprei da dove iniziare”. Da qui prende il via una conversazione, in cui entrano più personaggi, che porta a focalizzare il percorso ideale per realizzare l’impresa giusta nel luogo più indicato.

Nelle pagine alcuni “strilli” mettono in risalto i concetti più importanti, tra i quali, tornando alle battute iniziali, quello dell’avviamento di un’attività e del rischio di una sottovalutazione dell’iniziativa. “Questo - avverte uno dei personaggio del libro - è il grande errore che molti commettono. Si pensa che aprire un coffee bar sia un’impresa facile: quattro idee, un po’ di impegno e via, il guadagno è fatto! Ma non è così, credimi”. L’analisi prosegue con i passaggi per mettere a fuoco l’attività, i concetti chiave che ne possono determinare il successo o il fallimento, la necessità di obiettivi chiari e ben definiti e la conoscenza di come funziona un’impresa. Ogni particolare viene analizzato e spiegato, e più volte si trovano diversi schemi con una check list degli aspetti fondamentali da considerare fase per fase. Ad esempio: chi sa coordinare al meglio gli chef de cuisine, sa che le basi essenziali di un’impresa, indispensabili per riempire ogni giorno il coffee bar, sono l’organizzazione e il funzionamento. All’interno del locale ogni membro della squadra deve avere ben chiaro il suo ruolo e far capo a un responsabile con il quale condividere le modalità di gestione e di relazione con il cliente.

Messa a punto del locale

È inoltre fondamentale la mise en place, la “messa a punto” per quanto riguarda le infrastrutture, le attrezzature e l’offerta gastronomica. Per avviare un locale è poi indispensabile sviluppare strategie di marketing per individuare e richiamare nel tempo l’attenzione sull’esercizio e attirare il pubblico; qui la comunicazione svolge un ruolo centrale a cominciare dagli elementi che identificano l’esercizio (il logo, i colori, gli elementi tipografici) per proseguire con la comunicazione cartacea (la più semplice sono i bigliettini) e arrivare a quella on line, sempre più strategica. Un aspetto molto delicato è la leadership che consiste nell’assegnare a ogni figura una mansione formando un’organigramma efficiente. Il “capo” deve avere le qualità umane per la gestione di una squadra, attitudine decisionale, intelligenza emotiva e virtù quali l’onestà, la lealtà e il coraggio. Deve saper coinvolgere chi lavora con lui, entusiasmandolo e facendogli sentire il locale come se fosse il proprio.

Il ruolo del barista

In “Coffee Sapiens” la figura del barista assume l’importanza e lo spessore di cui il settore ha oggi bisogno per fare un netto salto di qualità. Leggiamo: “Essere un barista significa molto più che essere tecnicamente bravo nella preparazione di ricette a base di caffè. Il barista deve essere costantemente aggiornato dal punto di vista della formazione, approfondendo”. L’invito è a non sentirsi “formati” solo per aver frequentato un paio di corsi: “il livello di formazione deve essere profondo, come nel caso, per certi versi, di un bravo sommelier”. La parola innovazione si incontra più volte leggendo il volume ed è la protagonista del 12° capitolo “Per un locale che non smette di crescere”. Qui si legge che possedere un’attitudine creativa e innovatrice è un requisito fondamentale all’interno di qualsiasi azienda, comprese quelle dell’horeca. Alla sua base ci deve essere non solo una personale propensione alle novità, ma anche un approccio scientifico alle sfide come insegna la metodologia Sapiens adottata da Adrià e proposta a chi vuole fare impresa nel caffè.

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