In Italia quello dei cocktail analcolici è un movimento in tiepido fermento, spesso relegato a contesti alberghieri di alto livello, con una clientela internazionale. Ma sotto questa “punta dell’iceberg” progressivamente cominciano a far capolino anche proposte analcoliche nelle drink list dei cocktail bar. Perché, se è vero che al mondo dell’analcolico non si è storicamente dato molta importanza, è altrettanto vero che la richiesta di cocktail analcolici c’è sempre stata, e che ancora oggi molto spesso viene tradotta in un blend di succhi di frutta e bevande gassate, fatti al momento e con poco trasporto.
Le possibilità oggi sono tante, dai distillati ai liquori analcolici, passando per bevande gassate innovative ed estratti di frutta o verdura interessanti. La clientela è più abituata a pagare cifre maggiori per un cocktail fatto a regola d’arte, per cui si tratta solo di strutturare un’offerta, poiché la domanda è già presente. In fondo, uno dei pionieri del tema è l’italianissimo Simone Caporale, che con Alex Kratena, negli anni d’oro dell’Artesian di Londra, aveva stupito il mondo della mixology anche per la grande attenzione dedicata ai cocktail a grado zero. Furono, dieci anni fa, i primi ad approcciarsi a una ricerca sugli analcolici che comprendeva il glassware, gli ingredienti, le preparazioni e le varietà di gusto. Ma, se la prima pietra è stata posata sulle rive del Tamigi, è sul lago Michigan di Chicago che viene scolpita nella roccia la prima grande opera omnia sull’universo dei cocktail analcolici.
Alinea, ristorante top sulle sponde del lago Michigan
Tutto inizia dietro le porte della cucina tristellata di Grant Achatz, titolare di Alinea, uno dei ristoranti più celebri al mondo per la cucina modernista, portato avanti da un team che negli anni ha ricevuto più riconosimenti di Micheal Jordan, per citare l’altra star del luogo. Alinea significa “non-lineare” e la filosofia di Achatz in cucina è la stessa che viene tradotta nel loro cocktail bar, l’Aviary. Per quanto riguarda l’approccio a quelli che loro chiamano “NAs”(acronimo di non-alcoholics), il pensiero invece molto lineare: «Nei nostri ristoranti, accade spesso che - per un motivo o per un altro - un cliente non voglia consumare bevande alcoliche. Il nostro compito è offrire a quel cliente l’esperienza di alto livello che riceverebbe qualsiasi altro commensale». Invece di puntare su bevande sodate e succhi, il team di Alinea si è messo in moto per proporre qualcosa che fosse più complesso e sorprendente. Per cui, dallo Champagne all’amaro, passando per il rum jamaicano e il mezcal, in cucina sono nate tutte queste alternative a grado zero. Per comprendere il processo creativo di un drink analcolico, si parte studiando le strutture delle bevande che invece l’alcol lo contengono: nel vasto mondo di birra, vino e cocktail, l’alcol è normalmente bilanciato con vari elementi dolci, amari o acidi. Ognuno di questi è utile a dare l’armonia e il bilanciamento finale alla bevanda. Rimuovere semplicemente l’alcol dall’equazione può sbilanciare drammaticamente un drink.
Si pensi alla “pizza Margherita” dei cocktail: il Daiquiri. I tre elementi che lo compongono creano un bilanciamento perfetto e il rum non potrà mai essere eliminato o sostituito con acqua, perchè non contribuisce solo con la sua parte alcolica, ma anche con tutte le sfumature di gusto che può avere: se è un rum ligero avrà tonalità miti ed erbacee, se è un Jamaica sprigionerà note eccentriche di frutta tropicale e banana arrostita, se è un aged avrà vaniglia e caramello tra le sue componenti...e così via. Capire quali sono le caratteristiche gustative di un rum, aiuterà poi a comprendere come tappare quei buchi che verrano fuori quando si toglie l’alcol dalla ricetta. Altra caratteristica delle bevande alcoliche è che, normalmente, vengono consumate più lentamente di quelle analcoliche. Nessuno si accanirebbe su un Gin Fizz allo stesso modo in cui lo farebbe con un bicchiere di limonata. Per questo, nel pensare un analcolico di livello, una delle cose più difficili è dare complessità sufficiente da far diminuire la voglia che il cliente ha di finirlo subito. Bisogna creare interesse.
Creare interesse sui cocktail analcolici
Quali sono gli elementi che creano questo interesse? Il gusto, prima di tutto. Le combinazioni di gusto a contrasto, tipiche in cucina, sono quelle sulle quali spingere di più anche per la creazione di un analcolico. Poi si può far leva su reminescenze condivise, spesso ripescandole dall’infanzia. Il prosciutto e melone in estate piace a tutti, allora perché non cercare di riprodurlo in forma liquida, per un drink? Nel fattore gusto entra in gioco anche la texture. La setosità data dall’alcol può essere sostituita con addensanti, puree e anche elementi solidi con cui giocare: i futuristi italiani facevano il ghiaccio con la spremuta d’arancia, oggi lo si può fare con un’infinità di altri liquidi, che aggiungono complessità, texture ed estetica al drink. Oltre al fattore estetico, nelle bevande analcoliche è stato spesso lasciato indietro un altro elemento, considerato cruciale nei corrispettivi alcolici: la forma. Il glassware degli analcolici è molto spesso relegato al tumbler alto o al rock glass con ghiaccio. Perchè non un bicchiere da vino? O una coppetta Nick&Nora?
Le porzioni contano anche nel mondo dell’analcolico, soprattutto se lo si vuole nobilitare e far apprezzare la ricerca che c’è dietro. Per cui è perfettamente accettabile che venga servito in una porzione minore o in un bicchiere dedicato (come nel caso del Peanut Butter and Banana Sandwich della pagina seguente). Poi c’è il fattore alcol, che anche se non è presente in qualche modo va riprodotto. La sensazione di calore in bocca fornita da una bevanda alcolica può essere ricreata facendo uso di spezie calde, pepi, ma anche erbe aromatiche usate in stile “smash”.
Tutte queste sono le domande e gli approcci che hanno ispirato la formulazione degli Zero Cocktails di Alinea, e nel tempo le ricette e le preparazioni sono andate sempre più a crescere, insieme alla curiosità del team nel capire fin dove potessero spingersi. Per cui alcuni cocktail sono stati ideati appositamente per essere accompagnati al cibo, altri per rinfrescare, altri ancora semplicemente per stupire.
Nel 2020 la ricerca di Alinea si è tradotta in Zero, libro dal grande impatto estetico, con foto di ogni drink e spiegazioni a margine di ogni singolo elemento che lo compone.
Zero, seconda pubblicazione dopo The Aviary Cocktail Book, fornisce innumerevoli spunti e nuove prospettive al bartender curioso.
Rimuovendo un solo ingrediente fondamentale - l’alcool - chef Achatz e il suo team hanno aperto le porte a un mondo inesplorato di gusti, combinazioni ed esperienze che ora è alla portata di tutti. Le tecniche e le attrezzature richieste sono infatti, nella maggior parte dei casi, presenti in tutti i ristoranti e in gran parte dei bar. Condividendo con tutti la propria esperienza, questo gruppo di cuochi visionari ha iniettato nuova curiosità in un mondo dell’ospitalità che, talvolta, arriva un po’ in ritardo rispetto alle esigenze dei clienti. Che sia veramente iniziata l’era dei cocktail no-alcol? *