Storia di un gin a tutto vapore

Aziende –

Alla Bombay Sapphire Blue Room di Londra incontriamo Sam Carter.L’ambassador svela i segreti del suo spirit. A cominciare dalla “caldaia gentile”

La ricetta originaria, formulata nel 1761, comprendeva otto erbe aromatiche: bacche di ginepro, semi di coriandolo, radice di angelica e rizoma di giaggiolo (iris), corteccia di cassia, scorza di limone, mandorle e liquirizia. A questa cartella botanica si sono aggiunti, circa alla metà degli anni Ottanta, due pezzi altrettanto forti: i grani del Paradiso e le bacche di Cubebe, una pianta della famiglia del pepe. Spezie esotiche che hanno reso la miscela più “peperina”. Alcune cose di Bombay Sapphire, distribuito in Italia da Bacardi Martini, sono rimaste le stesse: l'acqua, che proviene dal piccolo lago Vyrnwy in Galles, i cereali al 100% scozzesi, la bottiglia azzurro-cielo col ritratto della Regina Vittoria inserito in una cornice di zaffiri. Non è cambiata la Carterhead - la caldaia che contiene spezie, radici, frutti ed erbe aromatiche - attraverso la quale passano i vapori della distillazione. Un sistema antico in cui l'alcol non viene bollito insieme ai suoi botanical. I vapori passano attraverso delle celle di rame perforate, che contengono le dieci erbe, e da lì prendono delicatamente l'aroma. Nasce così questo gin al palato leggero e floreale, dolce e al tempo stesso di carattere.
Un distillato da maneggiare con cura

Uno spirit da maneggiare con cura e da non disperdere in pozioni da improvvisati. Sam Carter, brand ambassador per il Regno Unito di Bombay Sapphire, ha le idee chiare in proposito. «Se lo si tratta coi guanti darà il meglio di sè. Al contrario, se lo si strapazza miscelandolo con ingredienti dozzinali, rischiamo di perdere qualcosa di importante». Carter suggerisce di combinarlo con ingredienti freschi, che esaltino le note agrumate del gin. Per il Collins schiaccia nello spremi-agrumi un limone succoso, leggermente dolce e dalla scorza spessa. Il Bramble di Dick Bradsell lo guarnisce con more, così belle e succose che sembrano uscite da un casting. Per il Martini Cocktail intaglia con una lama in ceramica una sottile listarella di scorza d'arancia, ne spreme gli oli essenziali, la trasforma in un ricciolo e la versa in coppetta. Nel Gin and Tonic utilizza per guarnizione un bel pezzo di limone. «Se la decorazione c'è, bisogna farle sentire. Puoi miscelare il long drink migliore del mondo, ma se ci metti una fettina di limone trasparente come l'acqua, hai fatto un lavoro inutile». Con Sam Carter ci troviamo alla Bombay Sapphire Blue Room (bombaysapphire.com), un moderno museo, anche detto “the spiritual home”, che accoglie una delle più ricche collezioni di coppette martini di design. Ci sono pezzi, custoditi nelle teche come opere d'arte, di Tom Dixon, Karim Rashid, Marcel Wanders.

Il rapporto design e cocktail

Al fianco delle coppette firmate dai grandi, fanno bella mostra quelle vincitrici delle ultime edizioni della Designer Glass Competition (designerglasscompetition.com), lo speciale premio riservato agli studenti delle facoltà di progettazione di tutto il mondo. È un inno al binomio design-cocktail. Un'alleanza vincente che poggia sul buon gusto. «Funzionalità e ricerca estetica - sottolinea Carter- sono cardini del design, ma anche dell'arte di fare cocktail. Una shakerata eseguita in modo elegante, una decorazione di buon gusto, un buon equilibrio tra gli ingredienti. Tutte cose in cui il buon gusto conta. Eccome».

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