Riecco il bar letterario ma in versione office

punti di vista –

Per il futurologo Francesco Morace il futuro del bar è “deep&slow”. Intervista esclusiva dal numero del trentennale di Bargiornale

Future Concept Lab si è consolidato negli anni come laboratorio di ricerca sui consumi e di innovazione concettuale tra i più completi. L’istituto milanese è oggi infatti riconosciuto come un “think-tank” strategico con visioni sul futuro in tutti i principali settori di attività. Compreso, ovviamente, quello dell’ospitalità. Ne parliamo con Francesco Morace, presidente dell’istituto e curatore di un gettonatissimo blog su Nòva100 del Sole 24 Ore. Partiamo da un dato di fatto: a differenza dei negozi specializzati che sono stati in gran parte cannibalizzati dalla grande distribuzione, i bar in tutti questi anni hanno resistito. Rafforzando il loro ruolo non solo di centro di scambio di prodotti e servizi, ma anche di relazioni sociali basate su una sempre più stretta interazione del locale con il territorio. « Certamente - esordisce Morace - tra l’altro molti altri esercizi di prossimità, dalle farmacie ai piccoli supermercati, hanno “tenuto” per lo stesso motivo. Fiducia e relazione personale diventano essenziali in un momento di crisi, addirittura più del prezzo...».

La polifunzionalità nell’ambito dei pubblici esercizi è ormai un dato acquisito. Quali potrebbero essere le nuove aree di business da scoprire o (ri)scoprire?

Tutto ciò che riguarda il quotidiano e le ritualità del territorio, anche e soprattutto in termini di servizio alla persona e alle famiglie

La forza del bar non è forse legata anche al fatto di essere un tassello importante di una rinnovata slow economy?
Certamente: noi utilizziamo la formula “Deep & Slow”. Non solo la lentezza ma anche la profondità dell’esperienza che richiede tempo. In questo senso la relazioni interpersonali, lo scambio di opinioni e non solo “la chiacchiera” costituiscono variabili decisive in termini di cultura ed esperienza del territorio. E lo scambio culturale potrà essere tale laddove si trovano idee, contenuti, approfondimenti come ad esempio avviene in molti “caffè culturali” di stampo ottocentesco, ma con una rinnovata cultura del servizio.

Come si immagina il futuro del bar italiano tra 10 anni? Quali sono le sue “PreVisioni” e i suoi “PreSentimenti” in materia?

Il futuro del bar italiano - se inquadrato nella cornice che abbiamo appena immaginato - sarà molto simile a quello di un micro-avamposto per la convivialità, lo scambio sul territorio e addirittura l’erogazione di servizi sociali e culturali. Qualcosa di molto simile alle nuove librerie che non a caso hanno inserito il bar come servizio essenziale. Le librerie partono dalla lettura, i bar partiranno dal consumo delle bevande e del cibo, ma il tipo di esperienza sarà simile con la lettura dei giornali al posto di quella dei libri.

Il modello italiano di bar è una sorta di unicum a livello mondiale. Resterà tale anche in futuro o c’è da aspettarsi una globalizzazione della formula?

L’unicità del bar italiano sarà sempre più la base anche della sua universalità: se Schultz - l’ideatore di Starbucks - ebbe l’idea di creare la sua catena in un bar di Milano, non c’è dubbio che in futuro questa formula continuerà a nutrire progetti globali se solo sarà capace di non perdere il contatto diretto con il quartiere e con il territorio. Cioè con la vita vera delle persone, con le loro ritualità quotidiane. Negli altri Paesi si tratterà di capire quali sono queste ritualità, sicuramente diverse da quelle italiane.

Esistono insegne o formule anche fuori dall’Italia che già incarnano in parte servizi o caratteristiche del locale del futuro?

In questa dimensione bisogna osservare non tanto la formula del bar classico - che all’estero non esiste e che difficilmente sarà imitata - ma piuttosto la formula mista e ibrida di luoghi pensati per la convivialità o per le attività quotidiane (l’incontro di lavoro, la relazione) che si accompagnano alla consumazione di snack o bevande. È interessante a questo proposito segnalare una nuova catena che ha aperto in questi giorni a Buenos Aires il suo primo locale e che si chiama Urban Station. Un luogo piacevole e ben disegnato, a metà tra la sala di aspetto di un aeroporto e un Internet cafè sofisticato, dove al wi-fi gratuito e ad alcune sale di riunione per incontri di lavoro, si affianca il classico servizio di bar e un’area di convivialità soft con poltrone e piccoli divani ricercati, tra il vintage e l’art-decò. Si paga una tariffa oraria di pochi euro per la permanenza e l’utilizzo di un pacchetto di servizi (compresa la consumazione) a piacere. Questo luogo nasce sulla spinta di una generazione di giovani professionisti e creativi che dopo la crisi economica del 2001 in Argentina non possono permettersi un ufficio - neanche in condivisione - e che richiedono, in alcuni momenti della loro quotidiana vita lavorativa, un punto di incontro e di professionalizzazione del loro tempo, ma in modo soft e rilassato, al di fuori delle regole formali del business classico, o della semplice (e a volte triste) funzionalità di alcuni Internet cafè. Ecco, questo è un tipo di nuovo format che unisce le caratteristiche di un bar, di una libreria, di una sala d’aspetto e di un ufficio. Questa sarà la direzione del futuro.

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