Niccolò Branca, numero uno della F.lli Branca, scommette sul boom di un nuovo cocktail a base di Fernet. E invita il pubblico a dargli un nome
Continuare a instillare nuova linfa nella tradizione: è il credo che guida Niccolò Branca, presidente di Fratelli Branca Distillerie, rappresentante della quinta generazione di una famiglia che ha fatto la storia della liquoristica italiana. Un credo racchiuso anche nel motto dell'azienda: “Novare serbando”, cioè innovare in continuità con il patrimonio di conoscenze su cui la società ha costruito i suoi successi.
La storia alle spalle è importante: la Fratelli Branca, infatti, è del 1845. Ma Branca punta a continuare a crescere. Sia sui mercati esteri, che oggi pesano per il 60%, sia in Italia, con il rilancio di antichi prodotti come Antica Formula, Caffè Borghetti e Candolini, estensioni di gamma e la promozione di nuovi modi di consumo di un prodotto storico come il Fernet Branca. Puntando forte sull'horeca.
Gli ultimi anni sono stati, per le aziende liquoristiche, anni difficili: è così anche per Branca?
Le acquisizioni completate tra gli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio, come Carpano e Caffè Borghetti, e la scelta strategica di ampliare la distribuzione all'estero dei nostri brand ci hanno consentito di ben affrontare i mercati e di aumentare la nostra presenza. Se nel suo complesso il settore del beverage non cresce, si assiste però a crescite anche interessanti di alcuni prodotti su alcuni mercati. Noi cerchiamo di andare a cogliere tutte le opportunità. Consapevoli della forza dei nostri prodotti, tutti basati sull'eccellenza delle materie prime, sulla qualità delle lavorazioni e su formule segrete custodite e tramandate. Una qualità che ci rendiamo conto di non riuscire a trasmettere al 100%, ma che tutti quelli che vengono a visitare la nostra collezione e il nostro stabilimento scoprono con ammirazione.
Quali sono le opportunità di sviluppo più interessanti che vede oggi in Italia per i vostri prodotti?
Fernet Branca ha registrato un trend decisamente positivo nel canale horeca, sorprendente rispetto all'andamento del settore, visto che nell'ultimo semestre 2009 è cresciuto a doppia cifra. Caffè Borghetti sta vivendo un momento positivo, così come Sambuca Borghetti, diventata la terza del mercato. E poi c'è Candolini, dal 2008 la grappa più bevuta dagli italiani nel canale moderno.
L'obiettivo ora è far riscoprire il Vermut Antica Formula, un prodotto eccellente che soprattutto negli Stati Uniti è diventato un must per gran parte dei bartender di grido.
Qual è la strada per rivitalizzare i consumi di prodotti che, avendo alle spalle oltre un secolo di storia, non sono certo una novità?
Prendiamo l'esempio del Fernet Branca, un prodotto che ha oltre 150 anni di storia. Crediamo che ogni tanto sia necessario ricominciare da capo. Solo così si può trasmettere alle nuove generazioni, che non lo conoscono, cos'è Fernet Branca. Un prodotto che per chi è avanti con gli anni - almeno in Italia - è sinonimo di digestivo, ma il cui consumo nel tempo ha già subito diverse evoluzioni.
Negli anni '60, per esempio, veniva bevuto caldo, aggiunto al caffè e anche con il latte. In altri Paesi, invece, ha tutt'altro vissuto, essendo noto soprattutto come ingrediente per i cocktail. Così, per esempio, in Argentina lo bevono soprattutto i giovani, visto che è l'ingrediente principale di un cocktail di grande successo come il Fernandito, Fernet miscelato con Coca-Cola, mentre negli Usa viene mixato con il Ginger Ale.
Forti di queste esperienze e di alcuni test molto positivi, puntiamo a far conoscere alle nuove generazioni il Fernet come ingrediente per i long drink. Per questo in Italia il fenomeno legato alla riscoperta del chinotto ci ha portato a suggerire un nuovo cocktail a base di Fernet e chinotto (la ricetta prevede tre parti di Fernet Branca, sei parti di Chinotto Lurisia, una parte di soda, scorza di limone e tanto ghiaccio, ndr). I primi riscontri sono davvero positivi. Contiamo di replicare il successo ottenuto con Brancamenta, che nel canale serale è cresciuto del 7% soprattutto grazie al Mintonic, cocktail con la tonica che nel nord est va per la maggiore. In entrambi i casi, l'obiettivo è quello di far scoprire nuove modalità di consumo al di là di quelle canoniche. Modalità che rispecchiano del resto l'evoluzione nelle abitudini e negli stili di vita dei consumatori. Un'evoluzione che va nella nostra direzione, visto che i clienti oggi sono più consapevoli e attenti, e quindi anche maggiormente in grado di apprezzare l'eccellenza qualitativa di Fernet Branca e degli altri prodotti della nostra azienda.
Non ci ha detto il nome del nuovo cocktail a base Fernet.
Abbiamo preferito non darlo. Come è accaduto in Argentina con il Fernandito, ci piacerebbe che fosse il mercato a scegliere il nome che più gli piace. Le suggestioni non sono mancate: da Branchinotto, a Fernotto, a Eagle king. Vedremo quale sarà il più apprezzato.
L'ultimo decennio, per Branca, è stato caratterizzato da una strategia focalizzata sulle acquisizioni e sulle estensioni di gamma. Restano ancora delle opportunità aperte?
Non è facile trovare nuove opportunità sul mercato. Tutte le acquisizioni fatte sono state nel segno della continuità con i nostri valori di fondo: abbiamo rilevato aziende con una storia e con prodotti di grande qualità. Una scelta a cui non intendiamo derogare.
Di recente accennava a un vostro interesse per la vodka...
È vero che la vodka è una categoria a cui guardiamo con interesse, visto che è diventato un segmento molto importante nel quale noi non siamo presenti.
Nel 2009 avete siglato un accordo con Rémy Cointreau per distribuire i loro prodotti in Italia. Qual è il bilancio della partnership? E quali i vostri piani sul fronte distributivo?
Anche l'accordo con Rémy Cointreu è funzionale alla volontà di proporsi al mercato come un'azienda specializzata in prodotti premium. La qualità riconosciuta dei loro prodotti e una storia molto simile, visto che siamo due solide aziende a struttura familiare, hanno reso la nostra collaborazione feconda.
Un tema che le aziende di spirit negli ultimi anni si sono trovate ad affrontare è quello del bere consapevole. Qual è la vostra posizione?
Per noi è un tema importante. Cerchiamo nella nostra comunicazione di spingere verso un bere mediterraneo, fatto in compagnia per stare insieme, socializzare, dialogare. Del resto, bere centellinando è il modo migliore per apprezzare al meglio la qualità dei nostri prodotti.
In tema di comunicazione, avete alle spalle una lunga e gloriosa tradizione. Come l'affrontate oggi?
Con l'idea che oggi, perché un prodotto funzioni, occorre che si accenda una lampadina nei consumatori, che considero co-imprenditori, motivati nello scegliere i nostri prodotti per la qualità che li caratterizzano e la passione artigianale che abbiamo nel produrli. Cerchiamo di trasferire tutto questo usando ogni strumento, dalla tv, al web, alle attività di brand ambassador e altre iniziative presso i bar e ristoranti. Per i 150 anni di Caffè Borghetti, per esempio, abbiamo lanciato un concorso via web, anche perché volevamo comunicare con una community di oltre 20mila persone che si è formata spontaneamente in rete.
Quale consiglio darebbe a un gestore italiano per far funzionare al meglio il proprio business?
Credo che il fuori casa sia un mercato che per mantenere il proprio successo debba ampliare i modi e le occasioni di consumo. Vedo nelle persone un grande bisogno di socializzare, di stare insieme, di scambiarsi le idee. Penso che i locali dovrebbero offrire occasioni di incontro, proponendo serate letterarie, mostre e stimoli sempre nuovi.