L’oroscopo del 2015 by Dom Costa

Dom Costa

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Come Nostradamus, ma molto di più, Dom Costa svela in esclusiva per Bargiornale le sue visioni e previsioni per il 2015

Festa in maschera
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dal ritorno dei cocktail classici o, meglio fossili, e dalle loro rivisitazioni. Con il recupero della mixology classica i barman si sono immedesimati a tal punto da adottare l’abbigliamento in voga all’epoca dei pionieri. Gilet, bretelle, cappelli di fogge varie, reggi maniche hanno fatto da contorno a baffi e barbe spesso fuori luogo e fuori misura. In tutto questo mi sfugge una cosa: i reggi manica servono ad uno scopo ben preciso e cioè a tenere su le maniche della camicia quando sono troppo lunghe. La maggior parte dei barman si tirano su le maniche e indossano i reggi manica. Qualcuno mi spiega il nesso?

Più fumo per tutti
“Un, due, tre e affumico anche te” è stata la parola d’ordine negli ultimi anni. L’affumicatore è stato uno degli strumenti più usati e abusati degli ultimi anni. Nelle cocktail competition è diventato ormai insopportabile: lo usano nove bartender su dieci. E c’è sempre il «Johnny Come lately» della situazione che l’ha scoperto solo ora, lo deve far vedere a tutti e lo usa su tutto.

Fatti in casa
Nei cocktail bar più o meno noti gli home made sono una presenza fissa. Per alcuni rappresentano un prezioso strumento di lavoro, per altri un modo per fare il figo col collega. Anche perché, diciamoci la verità, il cliente non resta favorevolmente impressionato se gli si fa assaggiare un bitter al cardo gobbo, raccontandogli che per raccoglierlo ti sei fatto un mazzo così e hai impiegato una giornata intera per prepararlo. Stesso discorso per le infusioni. È una pratica da fare con accortezza e invece c’è chi nelle bottiglie butta ogni tipo di frutta o spezie.

I signori dell’hard
Non ho mai nascosto la mia avversione per la tecnica dell’hard shake che non ci appartiene e tantomeno ci identifica. A un certo punto migliaia di bartender si sono messi a shakerare facendo balletti e coreografie inguardabili. C’è persino chi ha passato notti intere davanti allo specchio per perfezionare la tecnica. Nell’ultimo numero della Difford’s Guide c’è un articolo molto esplicativo che spiega che la shakerata non influisce sul prodotto finale, inclusa quella giapponese.
Ma già nel 2009 Dave Arnold e ed Eben Klemm, al Tales of the Cocktail di New Orleans, avevano ampiamente spiegato, attraverso uno studio particolareggiato, che la shakerata, qualunque essa fosse, non dava risultati finali diversi. Direi che gli unici che hanno avuto benefici sono stati i vari “sensei” che con i loro seminari in giro per il mondo hanno visto lievitare notevolmente il loro conto in banca. Stesso discorso vale per i vari forconi, gli shaker dalle dimensioni lillipuziane e i mixing glass che troverebbero spazio solo nella casa delle bambole. Tutto materiale venduto a prezzi esagerati e ostentato dai barman come fosse un trofeo. E il ghiaccio? Le palle e i blocchi di ghiaccio fanno parte di un’altra cultura e nel nostro Paese se ne fa spesso un utilizzo distorto e fuori luogo.

Bella hawaiana
È il momento del grande ritorno del tiki e dei drink esotici. Anche se non basta mettere una camicia hawaiana per far rivivere il mito di Donn Beach e Trader Vic. Anche qui, l’interpretazione tutta italiana, ha spesso travisato il principio dei tiki bar, dietro c’era una filosofia ben precisa : bisognava far sognare il cliente, fargli credere di essere in vacanza senza prendere un aereo, l’atmosfera polinesiana giocava un fattore molto importante, così come la cucina, senza tralasciare il fatto che Donn Beach e colui che ha convinto gli americani a pasteggiare a cocktail.
Vedere bar dalla faccia moderna definirsi tiki bar” è deprimente. In Italia ci sono migliaia di chioschi sulla spiaggia che, in poche mosse, potrebbero diventare dei meravigliosi esempi di tiki bar.

Supersonic Gin and Tonic
La Gin and Tonic mania spagnola si è espansa a macchia d’olio in tutta Europa. Gin and Tonic serviti in ballon da vino con frutta, spezie, erbe, fiori sono stati favorevolmente accolti dalla clientela italiana. Direi che ancora il mercato non è saturo e c’è spazio di crescita per proporre un gin & tonic menu che dia spazio e faccia risaltare il distillato più popolare del momento. Stesso discorso vale per il mondo delle toniche.

Flavored whiskey
I flavored whiskey sono una grande realtà tra i consumatori americani, tanto che le grandi multinazionali se ne sono accorte e hanno lanciato sul mercato la loro versione al miele, all’acero, alla cannella ecc. Non sono molto amati dai mixologist, ma come dare torto alle aziende se il prodotto vende.

Cocktail in bottiglia
Non sono una novità assoluta, basti pensare che già a fine Ottocento la Hublein produceva cocktail in bottiglia. Oggi il successo di questa pratica sta nel fatto che rispetto ai ready to drink dei nostri giorni qui si tratta di drink artigianali realizzati dagli stessi barman e poi messi in bottiglia.
Molti locali famosi hanno la loro linea di cocktail già pronta e il successo è stato notevole. Soprattutto per il fatto che sono preparati con ingredienti di qualità, uno degli elementi chiave per avere successo al giorno d’oggi. Durante gli eventi preparare in batch i cocktail e imbottigliarli dà il vantaggio di fare un servizio veloce e comunque senza tralasciare la qualità. Tra l’altro la clientela è sempre molto incuriosita dalle bottiglie e spesso chiede di acquistarle.

Agave boom
Il successo del Tequila non accenna a diminuire, e negli Stati Uniti, nel settore premium, è il distillato con il maggior tasso di crescita ( 9% nel 2014). Inoltre la grande popolarità di temi folkloristici come «Dia de los muertos» e «Santa Muerte» hanno scatenato la fantasia dei produttori e sono nati packaging molto attraenti. A seguito del grande successo del Tequila, si è agganciato il mezcal il quale però, con una percentuale di mercato dell’ 1 % rispetto al Tequila, rimane un prodotto di nicchia molto amato dagli addetti ai lavori e meno dalla clientela. Tuttavia è presente in quasi tutti i bar ed è ricercato soprattutto nella produzione artigianale. Lo sciroppo d’agave, inizialmente utilizzato come alternativa naturale allo zucchero, trova impiego sempre più vasto anche in miscelazione dove è ormai usato ampiamente come sostituto dello sciroppo di zucchero. È molto apprezzato per il fatto che come dolcificante può essere assunto anche da chi ha problemi di glicemia. Logicamente il successo di Tequila e mezcal hanno fatto emergere altri distillati di agave poco conosciuti al grande pubblico, infatti prodotti regionali come Sotol, Bacanora e Raicilla cominciano ad essere presenti sulle bottigliere dei top bar, anche se al momento sono prodotti assolutamente di nicchia.

Barman robot
I barman robot sono la cosa più triste che possa offrire il mercato, però suscitano grande curiosità e alcune grandi catene lo impiegano oltre che come infallibile dosatore, un po’ come attrazione. Vidi per la prima volta un barman robot nel 1990 su un traghetto che faceva spola tra Norvegia e Danimarca, inutile dire che rimasi scioccato, ma a giudicare dal fatto che negli anni non ha avuto un grandissimo sviluppo e non ha avuto un grande impiego nell’industria dell’ospitalità, mi viene da pensare che resterà un fenomeno circoscritto.

Cocktail a prova di bilancia
Gli skinny drink hanno avuto negli Usa un successo a dir poco formidabile. Molto amati dalla clientela femminile, sempre preoccupata dalla sentenza impietosa della bilancia, hanno conquistato un importante settore di mercato. Per ammissione della clientela stessa sono popolari perché permettono di bere maggiori quantità di cocktail assumendo meno calorie.
Anche Starbucks se n’è accorto ed a inserito nel menù una linea di “skinny coffees”.

Viva la pancetta
I savoury cocktail sono una realtà. I cocktail cosiddetti “umami”, succulenti, saporiti e gustosi hanno conquistato gli americani, tanto che moltissimi locali hanno in lista creazioni a base di pomodoro, brodo, parmigiano, olio d’oliva, pancetta, prosciutto crudo ecc. La Michelada è un classico esempio. Una volta popolare solo in California e in Texas è ormai presente un po’ in tutti i bar americani. Si prepara in due versioni, quella con il succo di pomodoro e quella senza, l’alternativa è il famigerato «clamato», il succo di pomodoro alle vongole tanto amato dalla clientela canadese e ingrediente essenziale per la preparazione del «Caesar».

Nella vecchia fattoria
Il foraging è la pratica di procurarsi gli ingredienti nei boschi, nei mercati dei contadini o nelle fattorie. È molto diffusa in California, dove presumibilmente è nata, ma si è diffusa in tutto il paese e ormai si possono trovare locali che hanno in lista ingredienti da «foraging» da costa a costa. È una tecnica in crescita ed è molto apprezzata dalla clientela, l’amico Matt Biancaniello è uno dei primi ad aver adottato il foraging e i risultati gli hanno dato ragione, è spesso on tour a divulgare la sua tecnica ed è molto richiesto in programmi televisivi. Spero di portarlo presto a uno dei nostri eventi.

Tutti sullo spine
Prima o poi doveva succedere: i cocktail alla spina si stanno purtroppo diffondendo. Nel mucchio però ho trovato uno spunto interessante. Allo Smuggler’s Cove di San Francisco appendono in una rete alcune angurie di grossa dimensione. All’interno contengono miscele in stile punch e rubinetti per spillarne il contenuto inseriti direttamente nella scorza. Inutile dire che l’idea funziona alla grande.

Fontane da cocktail
Le cocktail fountain sono ampiamente utilizzate in occasione di eventi al posto delle classiche ciotole da punch. Ampiamente viste in occasione di più di un evento all’ultima edizione di Tales of the Cocktail, sono in realtà più divertenti delle punch bowl e non hanno bisogno di personale addetto: fanno tutto da sole. Un’ottima idea da cui prendere ispirazione.

Acque fresche
Le “aguas frescas” sarebbero la scoperta dell’America da parte dei chioschi nostrani. Facili e veloci da preparare, belle da vedersi ed economiche, farebbero fare affari d’oro agli statici e vetusti chioschi italiani che sono rimasti ad' un offerta ferma agli anni 60. Al giorno d’oggi i chioschi sono tutti omologati, hanno tutti la stessa offerta e vendono prodotti industriali con margini esigui. Questa sarebbe un’ottima opportunità per proporre qualcosa di nuovo. Le acque aromatizzate sono la cosa più semplice da preparare e sono molto amate dalla clientela. Basta un po’ di frutta e delle spezie per creare delle bevande fresche e squisite, molti ristoranti negli Usa offrono la prima bottiglia come drink di benvenuto. Inutile dire che si è creato un nuovo mercato.

Disco Cocktail
I cocktail degli anni Settanta stanno avendo un ritorno importante, d’altronde come dico sempre i cocktail sono come le vecchie camicie: se non le butti via ritornano di moda. Cocktail come Harvey Wallbanger, Silk Stockings, Yellow Bird, Grasshopper, stanno conoscendo una nuova giovinezza, il principio è sempre lo stesso: utilizzare solo ingredienti freschi, niente più crema di latte spessa come un budino, basta succhi d’arancia da base surgelata, via gli sciroppi di scarsa qualità ed ecco che i disco drink tornano con tutti gli onori sulla scena. Tendenza da monitorare.

Amari e vermouth made in Usa
Gli Usa hanno scoperto gli amari. E li copiano anche. Amaro delle Sirene, Amaro Bravo, Margerum Amaro sono solo alcune etichette di amari a stelle e strisce. Inutile stupirsi, i prodotti italiani fanno tendenza e piacciono, gli amari sono al momento quanto di più trendy ci possa essere nel mondo del bere miscelato. Il bar Amor Y Amargo di New York, propone cocktail a base di amari in tutte le salse. Ha creato una tendenza: si trova nell’ East Village. La passione per i vermouth non è da meno: i vermouth americani si ispirano ai nostri, ma finisce tutto lì.

Il latino che piace
Il Perù continua ad essere uno dei protagonisti nel campo gastronomico trainati dall’inesauribile fonte di ispirazione che è lo chef stellare Gastòn Acurio. Il successo dell’autoctono Pisco viene di conseguenza. La Pisco Mania ha contagiato l’America: Pisco Punch e Pisco Sour sono ormai presenze fisse nelle cocktail list. Ancho Reyes è invece uno dei nuovi prodotti che ha creato molto interesse. Si tratta dell’aperitivo tradizionale di Puebla in Messico. La sua ricetta del 1927 è a base di una miscela tipica con peperoncini Anchos, essicati ancora a mano.

Colpo grosso
Sammy Hagar, ex voce dei Van Halen, orfano della sua Tequila Cabo Wabo che “a malincuore” ha ceduto alla Campari per 120milioni di dollari (capitale iniziale investito 5 milioni), si è buttato su un nuovo rum prodotto alle Hawaii da canna di zucchero locale. Chissà se tra qualche anno gli scapperà di nuovo la lacrimuccia.

Whisky sotto la luna
Il prodotto più divertente sul panorama del beverage. Packaging accattivante, grande tradizione, il Moonshine era il distillato prodotto illegalmente. Ha in breve conquistato l’1% del mercato americano, tanto che le multinazionali hanno immediatamente immesso sul mercato le loro versioni di distillato di cereali non invecchiato: White dog, Ghost, White Whiskey sono alcuni dei nomi utilizzati per definire il whisky bianco «unaged».

Aromatizzati a tutti i costi
Per il mondo degli spirit “flavored” è la parola d’ordine. Anche se a volte si esagera. Di recente in America ho visto di tutto: vodka aromatizzate al bacon, ai pop corn al burro, al salmone affumicato. Lo stesso vale per i rum. Tutto è aromatizzato in America. Perfino i preservativi si sono convertiti al “flavour”. Ho scoperto a New Orleans una confezione che indicava profilattici aromatizzati allo scotch whisky.

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