La Spagna e le Mille sfumature di… Throwing

Anche in Spagna la bar-culture sta vivendo il suo momento di splendore. I tempi delle cubatas (long drink composti da un distillato e una bevanda gassata) che hanno contraddistinto il modo di bere iberico sono ormai lontani e, dopo il coronamento del Jinebra y Tonic a bevanda nazionale, anche i barman spagnoli stanno riscoprendo la propria eredità: vini liquorosi o ossidati, sidri e punch dalle tradizioni antiche. Chiedere a Luca Anastasio di raccontarci i cambiamenti osservati nella miscelazione spagnola degli ultimi anni è un po’ come chiedere a un padre di raccontare la crescita del proprio pargolo dato il ruolo che il bartender di origini amalfitane ha giocato nel sviluppare e assecondare queste nuove tendenze: la prima e la più evidente corrisponde alla tecnica di miscelazione che abitualmente viene chiamata “throwing” e che gli spagnoli, dato il totale rigetto nell’utilizzo di termini stranieri, chiamano “escanciado de cocteles”.

Terra di “lanciatori”
È una tecnica nota ai barman da oltre 200 anni, ed è particolarmente indicata per la preparazione di cocktail a base di vini liquorosi, vermouth e sherry poiché l’areazione generata consente di far sprigionare gli aromi della materia prima. Lungi da noi dire che il throwing sia nato in Spagna, vero è però che questa tecnica era conosciuta nella penisola iberica molto prima della venuta del professor Jerry Thomas. Stiamo parlando del rituale del “venenciar del vino de Jerez”: la” venencia” è un piccolo recipiente cilindrico collegato a una lunga e sottile asta metallica che viene introdotta all’interno della botte di sherry per estrarne una parte di liquido destinata all’assaggio. Il versaggio si esegue distanziando il bicchiere dalla “venencia” e lasciandovi cadere dentro il liquido alla lo scopo di aprire al meglio l’aroma del vino. “Lanciare” i liquidi non è una prerogativa unica delle terre andaluse dello Jerez, ma un’usanza che si ritrova anche all’estremo Nord, nelle Asturie, dove viene prodotto il famoso sidro di mele che prevede l’utilizzo di questa tecnica. Lo sa bene Luca Anastasio che aggiune:  «Piace molto il mio collins con un top di sidro che, come prevede la tradizione, verso dall’alto mantenendo all’altezza dell’inguine il bicchiere in cui ho già preparato la prima parte del cocktail. Quella che osservo è una riscoperta di tradizioni centenarie, riadattate ad un concetto nuovo di bar che strizza l’occhio al futuro ma tiene molto alle proprie radici. I barman spagnoli hanno cominciato a riscoprire gli sherry, i brandy e i loro liquori locali e hanno anche imparato a “giocarci”, riadattandoli a ricette classiche oppure a cocktail originali».

Tradizioni e folklore
In tale clima di riscoperta stanno tornando alla superficie usi e consuetudini del folklore iberico che si pensavano dimenticati come quello della “queimada galiega” che segue un rituale carico di misticismo e magia. Alla aguardiente che sta alla base di questa bevanda, si aggiungono zucchero, scorze di agrumi e, in alcuni casi, uva o mele. Si dà fuoco al composto recitando un canto per allontanare gli spiriti maligni e poi tutti i partecipanti sorseggiano quella che si potrebbe definire una versione primordiale del Blue Blazer. I modi, a volta davvero creativi, in cui i nostri cugini iberici stanno interpretando tecniche antiche per applicarle alla miscelazione moderna merita attenzione. Da tutti e, in particolare, dai bartender che vogliono osare, rispettando la tradizione.

 

Chi è Luca Anastasio
Amalfitano, gode di  una fama a livello mondiale. Da oltre un decennio contribuisce ad alzare il livello dei bar di Madrid e della penisola iberica: nella sua sala dei trofei vanta ben tre vittorie alla Diageo World Class spagnola ed una finale europea al Grand Marnier Throphy. Nel 2010 entra da bar manager nel team di Javier de las Muelas al “Dry” di Madrid e Barcellona. Lascia l’illustre bancone nel 2014 per dedicarsi a progetti personali e consulenze per catene alberghiere e importanti brand spagnoli e internazionali.

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