Insieme a una nuova generazione di baristi stra emergendo una inedita offerta di caffè speciali frutto di lavorazioni artigianali. Costano di più, ma stanno rigernerando il settore.
Da necessità a scelta, da consumo inconsapevole a piacere selezionato con attenzione: è un cammino lento, impercettibile, ma il classico “prendere un caffè” sta cambiando pelle, anche in Italia. In parte torna quello di una volta, quando andare in una particolare caffetteria significava avere la certezza di ricevere un prodotto esclusivo e un servizio impeccabile, accompagnati dal sorriso (raro al giorno d’oggi) di chi faceva il suo mestiere con passione e ricerca. In parte, alla generazione di baristi che si è limitata ad acquistare una miscela purché a essa si accompagnasse il relativo “parco macchine”, che si è accontentata di compiere operazioni di routine senza comprenderne a fondo il significato (quanti non sanno regolare il macinacaffè?), ne sta subentrando una nuova. Fatta di professionisti consapevoli, che studiano e si impegnano per offrire prodotti di qualità. Non solo semplici caffè, ma “specialty coffee”. Ma cosa s’intende esattamente per “specialty coffee”?!
Qualità superiore
Uno specialty è una realtà complessa; lo si può definire un caffè “speciale” perché è coltivato in microclimi e aree geografiche che gli conferiscono un particolare profilo aromatico e gustativo, che può mantenersi lungo tutta la filiera grazie alla massima attenzione in fase di raccolta (manuale), selezione e lavorazione delle ciliegie e dei chicchi, trasporto, tostatura e corretta estrazione: in tazza ha un gusto pieno, ricco, privo di difetti.
La Scaa - Specialty coffee association of America - ha definito un preciso standard di classificazione, prendendo in considerazione la sola varietà Arabica: i caffè che ottengono un punteggio tra gli 80 e i 100 punti si possono definire specialty. Esistono poi altre procedure per identificare questi prodotti di qualità superiore; un’eccellenza che si distingue anche per il costo: un chilo di caffè specialty può infatti costare dai 20 ai 200 euro ed anche più se proveniente da microlotti con una produzione limitata e di altissima qualità. È interessante notare che ogni specialty ha una propria precisa identità e una storia legata a quella del produttore locale.
Con questa offerta e grazie a una nuova generazione di baristi anche l’Italia sta entrando nella cosiddetta “Third Wave”, fase caratterizzata da produzione artigianale, sfida competitiva basata sulla ricerca dei migliori caffè e un’offerta che all’espresso vede affiancati diversi metodi di estrazione.
Da parte sua il cliente affina le proprie conoscenze - come è avvenuto con il vino - diventando intenditore. È un cammino complesso, ma le soddisfazioni che questa nuova “generazione caffeicola” può raccogliere sono numerose. Osserviamo i principali attori all’interno della genesi degli specialty.
Dal produttore al buyer
La coltivazione del caffè richiede cura e attenzione in ogni passaggio: chi produce specialty non cerca la quantità, ma la qualità.
Quando raggiungono la giusta maturazione, raccoglie i frutti uno per uno, li processa curando ogni particolare (depolpatura, temperatura e tempi di essicazione, percentuale di umidità nel chicco, conservazione), per ottenere un prodotto unico. Per questo uno specialty ha sempre un nome e un cognome propri e di chi lo coltiva e una precisa provenienza e non può essere un generico “caffè del Brasile” o, peggio ancora, un semplice 100% Arabica.
Gli specialty non si comprano in borsa e non vengono trattati come una qualsiasi commodity. Ci sono persone che hanno una conoscenza approfondita del mondo del caffè e del suo assaggio che vanno letteralmente alla ricerca di prodotti di pregio nei Paesi di origine. Individuati dei prodotti interessanti, assaggiano alla brasiliana diverse varietà di raccolto fino a quando trovano un prodotto che si può definire eccellente, dunque specialty. Il lavoro che sta alle loro spalle fa comprendere perché non può essere un prodotto economico.
Il ruolo del torrefattore
La tostatura è un processo molto complesso e delicato, cui spetta il compito di trasformare il chicco da crudo, con un colore giallo/verde a tostato, di colore marrone ottenendo le caratteristiche di aroma, gusto e corposità desiderate; per questo tostare è una vera e propria arte. Il torrefattore deve conoscere a fondo il prodotto che va a trattare, la sua provenienza, le sue caratteristiche, le trasformazioni chimiche e fisiche che avvengono durante la trasformazione e saperle “governare”. A lui spetta poi l’assaggio per valutare la correttezza del profilo di tostatura mirato ai diversi medoti di estrazione. È un mestiere che non si improvvisa, ma che richiede conoscenza e una lunga esperienza e che non si può affidare a “cicli automatici” di lavorazione, che non sono in grado di riconoscere ed esaltare le qualità di caffè unici.
Il tocco finale del barista
Per chi lavora al banco bar uno specialty deve rappresentare una sorta di “tesoro”, da mostrare e far degustare con la cura e l’attenzione che si riservano ai prodotti particolari, di cui si è fieri e che si raccontano con piacere al cliente finale.
È importante che il barista abbia un contatto diretto con il torrefattore, per conoscere a fondo l’origine, le caratteristiche e impostare la corretta modalità di erogazione (granulometria, grammatura, temperatura di estrazione) sia che lo serva espresso, sia in modalità filtro (per quest’ultimo sarà indicato un caffè tostato più chiaro). Per lo più uno specialty è disponibile per un tempo limitato. La sua unicità e il suo pregio ne fanno un prodotto superiore anche per costo: una tazzina non dovrebbe essere servita a meno di 1,20-1,30 euro; nel caso di caffè molto particolari, il costo può lievitare e di molto. Se barista e consumatore saranno entrati in sintonia, questo valore aggiunto non ostacolerà l’acquisto di un caffè di particolare pregio. In fase di trasformazione hanno una notevole importanza attrezzature e macchine: ne riparleremo presto.