La Galizia reinventa la cucina di mare

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Un territorio pescosissimo per quantità e varietà di specie. Mercati del pesce fra i più grandi d’Europa. E un drappello di giovani chef capaci di unire intelligenze ed esperienze

La cucina galiziana si è fatta conoscere nel mondo attraverso il suo popolo migrante, quando nel secolo scorso i transatlantici carichi di manovalanza solcavano gli oceani per raggiungere le Americhe in cerca di fortuna, per aprire bodegas che esportavano empanadas (fagottini ripieni), zuppe galiziane, stufati di carne cocidos (bollito) e l'immancabile polpo nel Nuevo Mundo. Con il tempo le cose sono cambiate: chi è rimasto in patria ha continuato a lavorare la terra, iniziando a produrre vini di sempre miglior qualità, recuperando l'allevamento di razze autoctone come il cerdo celta (una razza suina) con il quale si preparano i pregiati insaccati di Lugo.

Una ricchezza che viene dal mare
Ma la fortuna della Galizia è arrivata soprattutto con uno sfruttamento intelligente del suo mare, pescosissimo, che neppure il disastro ecologico causato della petroliera Prestige, naufragata a 250 chilometri dalle coste galiziane nel 2002, ha potuto oscurare. Il grave incidente - al quale hanno prontamente reagito le popolazioni locali - ha invece innescato una maggior attenzione alla tutela dell'ambiente marino e alla salvaguardia delle sue specie. Le mareggiate atlantiche hanno spinto verso nord l'onda inquinante e da allora una serie di provvedimenti sulla circolazione del traffico di mercantili e petroliere lungo le coste, insieme ad un rispetto rigorosissimo dei tempi di fermo della pesca e del divieto di raccolta di frutti di mare e pesci sotto misura, ha avuto l'effetto di implementare la flotta di pescherecci e il lavoro dei pescatori, senza impoverire i mari. Basta fare una visita alle prime luci del giorno alla lonja di La Coruña, il secondo più importante mercato del pesce all'ingrosso di tutta la Spagna, oltre che uno dei principali d'Europa, per rendersi conto della generosità in termini di qualità e quantità e varietà dei suoi prodotti.

Il rinnovamento culinario
Sull'onda del successo della nuova cucina basca e catalana, da una decina d'anni è iniziato in Galizia un nuovo fermento culinario. Il tutto grazie ad un piccolo gruppo di giovani chef, figli d'arte, che hanno iniziato a riscrivere e reinterpretare i grandi classici di una cucina di sostanza, caratterizzata un tempo da lunghe cotture e da una gran varietà di prodotti di mare e di terra. Preparazioni di altissima qualità, ma sovente in passato scarsamente valorizzate oppure cucinate con tecniche che non ne esaltavano più di tanto le virtù. In Galizia dunque il rinnovamento non è arrivato grazie all'influenza della vicina Francia, come invece è avvenuto per i cugini baschi e catalani, favoriti dalla vicinanza dei rispettivi confini. Per le condizioni di particolare isolamento geografico della Galizia - che confina con il Portogallo, Paese che non eccelle per le sue tradizioni gastronomiche - il cambiamento è iniziato grazie ai fermenti sviluppatisi all'interno della Spagna, soprattutto per i meriti e la lezione di Ferran Adrià il quale, pur nutrendo un debole per questa importante cucina regionale, non ha risparmiato in passato critiche allo stato di arretratezza culturale in cucina, a fronte di un territorio ricco di eccellenze. I giudizi dello chef hanno così contribuito ad innestare una vera e propria rivoluzione che oggi mostra orgogliosa i suoi frutti.

Il Gruppo Nove
Nel dicembre 2003 dieci tra i migliori innovatori della cucina gallega, riunitisi in associazione, si presentarono al Museo di Arte Contemporanea di Vigo, come “Grupo Nove”, uniti con l'intenzione di rappresentare l'avanguardia galiziana nell'arte culinaria. Nove nell'idioma galiziano significa “nuovo”. L'azione spettacolare suscitò l'interesse dei media, che diedero molta visibilità all'iniziativa. Il forte senso d'identità e la voglia di riscattare una cucina fino ad allora sottovalutata ha portato il gruppo a lavorare insieme e a raggiungere traguardi importanti, prima di aggiudicarsi la recente “pioggia di stelle” attribuite dalla guida Michelin a sette ristoranti galiziani.

La cucina minimalista di Marcelo Tejedor
Tra le figure più carismatiche del Grupo Nove spicca per talento e simpatica follia il giovane Marcelo Tejedor di Casa Marcelo, una stella Michelin, invitato a rappresentare la Galizia in importanti convention internazionali come il Festival Culinaire Bernard Loiseau 2007 nell'isola di Mauritius. «I miei migliori maestri mi hanno insegnato a dubitare delle cose ovvie e a non pormi limiti», spiega Marcelo parlando delle sue esperienze professionali passate al fianco di personalità prestigiose come Juan Mari Arzak, Jacques Maximin o Alain Ducasse. Allegro e scanzonato, Marcelo manda in tavola con disinvoltura sublimi sardine cotto-crudo all'olio extravergine d'oliva servite in scatolette riciclate, incredibili pomodori confitados (canditi) ripieni di salsa corallo, ogni tipo di pescato scottato a bassa temperatura, per non parlare del suo millefeuilles, leggero come una nuvola. Una cucina minimalista, molto tecnica e basata sui migliori prodotti di terra ma soprattutto di mare. Un locale dove la splendida cucina a vista regala un colpo d'occhio indimenticabile per i clienti.

Le ricette marinare
Attualmente i rappresentanti del Grupo Nove sono diventati diciotto, con l'imbarazzo di tentare una classifica: tra le new entry c'è Gonzalo Rey del Mercadito di Santiago, chef che sottomette il suo menu a quello che l'antico mercato della Plaza de Abastos gli propone nelle diverse stagioni dell'anno. Maniaco della tipicità, Gonzalo lavora esclusivamente prodotti galiziani freschissimi, con una predilezione per gli abbinamenti mare-terra: eccellenti vieiras (cappesante) al tartufo nero, mix tempura con peperoncino verde di Padron, alghe delle Rias Baixas e mariscos (frutti di mare) atlantici. Ma per apprezzare appieno la nuova cucina marinara meglio spostarsi a Cambados, lungo la costa, dove Antonio Botana del Pandemonium ha reinventato il modo di cucinare e servire il pulpo (polpo), montandolo su una deliziosa schiuma di peperoncino, immerso in una riduzione eccelsa del suo brodo di cottura. Per non parlare della coda di rospo, scottata a vapore e servita a medaglioni, con una tecnica che la rende incredibilmente simile per gusto e consistenza alla coda d'aragosta: un piatto “recuperato” da un'antica ricetta utilizzata dai ristoratori negli anni '60, che ingannavano in questo modo i gourmet meno esperti. Il tutto in un locale moderno, colorato e minimalista, decisamente raffinato nei dettagli. Come la sua cucina.

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