Nel conto economico di ristoranti ed enoteche, il vino è più importante a Roma che a Milano. Nella capitale si spende di più è c’è più attenzione al servizio. Ma a Milano si trovano più locali che servono vini al calice e mezze bottiglie. I risultati di due indagini
Milano, Roma, eterno dualismo. La prima dinamica, produttiva, un po’ stacanovista. La seconda tranquilla, allegra, lavoratrice, ma in modo “equilibrato”. Al di là degli stereotipi, che delle differenze tra le due città esistono è piuttosto palese per chiunque. Stili di vita influenzati dalla storia, dal diverso tessuto sociale, dal clima, fattore mai secondario nei comportamenti delle persone, e da numerose altre cause. Interessante scoprire che, almeno dal punto di vista del consumo di vino, tali diversità sono ora “certificate” da una ricerca nata dalla collaborazione tra Syngenta, uno dei principali attori dell’agro-industria mondiale (21 mila dipendenti in 90 nazioni), e la Rocchelli di Milano, società specializzata in servizi di marketing. Un’indagine che ha sondato assortimenti, orientamenti commerciali e opportunità di sviluppo del vino nelle due principali metropoli italiane grazie al coinvolgimento di 120 esercizi. Ai gestori di ristoranti ed enoteche è stato sottoposto un questionario composto da una quarantina di domande. I risultati? Eccoli.Partiamo dai ristoranti. Secondo i gestori il consumo di vino aumenta a Milano più che a Roma. Alla domanda se il consumo di vino fosse in diminuzione, stabile o in aumento hanno infatti risposto “in aumento” il 32% di ristoratori milanesi contro il 23% dei romani. A livello nazionale il dato torna. Secondo la Fipe, che a giugno ha presentato i risultati di una ricerca analoga svolta a livello italiano, il 22% dei gestori indica una crescita di consumo nei prossimi anni, contro il 66,7% che indica una diminuzione e un 11,1% che prevede cali più o meno consistenti.
A Milano il 100% dei ristotatori punta sul vino
Interessante notare che, secondo la ricerca Syngenta, a Roma il 100% dei ristoratori considera il vino importantissimo nell’economia del locale (tanto che la carta dei vini media dei locali capitolini è composta da 450 etichette), mentre addirittura l’11% dei milanesi sostiene che non è importante (250 etichette in carta). A questo fattore corrisponde la presenza, o meno, di personale specializzato nel servizio vino: non c’è il sommelier, o comunque una figura specializzata, nel 49% dei ristoranti milanesi che è invece presente nel 77% dei casi nei locali capitolini. E la carta dei vini? Il 96% dei romani la cura in proprio contro l’89% dei colleghi milanesi. E chi non la cura da sé? Lascia l’incombenza al distributore di fiducia. Insomma, fin qui Roma sembra porre più attenzione al vino. Milano però recupera “punti” quando si parla di calici e mezze bottiglie. Il 92% dei milanesi serve vini al bicchiere (contro l’85% dei romani), e il 70% ha in carta le mezze bottiglie (mentre a Roma solo un ristorante su due le propone). E i prezzi? Contrariamente a quanto si può pensare è più facile spendere di più a Roma che a Milano. Nella capitale, infatti, solo il 23% dei vini in carta costa tra 10 e 20 euro (il 46% a Milano), il 38% costa tra 20 e 30 euro (32% a Milano), il 27% tra 30 e 40 euro (5% a Milano) e il 12% oltre 40 (a Milano il 16%).
In enoteca si fa cultura e si organizzano eventi
Diverso il clima che si respira nelle enoteche. Qui una buona fetta di gestori indica addirittura una diminuzione nel consumo di vino (lo affermano il 28% degli enotecari romani e il 21% dei milanesi), mentre rispettivamente il 39% e il 50% degli intervistati indica una stabilità nei consumi. Per sbloccare tale situazione si agisce sul prezzo e sulle iniziative collaterali alla normale proposta. A differenza di quanto avviene nei ristoranti, infatti, i vini venduti tra 10 e 20 euro rappresentano la parte più consistente della carta (il 56% delle etichette proposte nelle carte romane e il 68% di quelle milanesi). Ed è da segnalare il fatto che ben il 67% delle enoteche della capitale e il 58% di quelle milanesi organizza serate ed eventi “di conoscenza” in collaborazione con le cantine fornitrici. Un segno di come al cliente piaccia partecipare a serate di conoscenza dei vini.
La ricerca Syngenta è interessante poi anche perché scandaglia in profondità l’offerta enologica di enoteche e ristoranti mettendo in risalto il fatto che nonostante mode, innovazioni di prodotto, nuovi mondi, i vini che restano saldamente in cima alla classifica di gradimento dei clienti (e che di conseguenza sono i più rappresentati in carta) sono quelli delle immortali Toscana e Piemonte, praticamente presenti in tutte i ristoranti ed enoteche esaminate. Anzi, a Milano (città dove Syngenta ha condotto nel 2004 un’analoga ricerca che permette quindi un raffronto con i dati 2008) la presenza di Piemonte e Toscana nell’offerta è addirittura aumentata. Dietro Barolo, Brunello, Dolcetto o Morellino troviamo i vini delle altre regioni, con leggera predominanza di Friuli e Sicilia. Da segnalare anche un piccolo “fenomeno Sardegna”, regione che produce vini molto amati nei ristoranti di Roma; meno a Milano che predilige pugliesi e campani. I vini del nuovo mondo riscuotono successo solo tra 6 clienti su cento a Roma e 4 su cento a Milano e vengono ordinati in maniera minima o addirittura nemmeno presi in considerazione dal 94% dei clienti romani e dal 96% dei milanesi. I quali invece amano Gewürztraminer (a Roma) e Nero d’Avola (a Milano) in un particolare “incrocio” geografico che porta al sud i vini del nord e al nord quelli del sud confermando il detto che "l'erba del vicino è sempre più verde". Dati confermati nella ricerca Fipe. Stranieri stabili e italiani
in crescita, bene i rossi, fermi i bianchi, in leggera discesa i rosati (i quali però hanno vissuto un forte boom negli ultimi anni e ora si stanno riequilibrando sul mercato).
Interessante poi analizzare i criteri di scelta dei gestori per la composizione della carta. A Roma, nell'81% dei casi le scelte vengono fatte in seguito a una ricerca personale del gestore, mentre a Milano si tende principalmente a soddisfare la richiesta del cliente. Approcci del tutto opposti in mezzo ai quali Roma e Milano si trovano però d'accordo su un punto: non esiste, come invece esisteva in passato, il vino del momento, ovvero un bianco o un rosso davvero vincente. Ciò sottolinea due fattori.
Intanto, lo spezzettamento del mercato con migliaia di etichette sottoposte all'attenzione del cliente. E, poi, la difficoltà, nonostante un marketing sempre più presente, di dar vita a fenomeni enologici di grande respiro come invece ce ne sono stati in passato.