Inventarsi un futuro bio

Attività –

La scelta del biologico non deve essere a tutti i costi esclusiva. Ma può diventare un’opzione parallela alla proposta convenzionale. Scenari e modelli da cui prendere spunto

Parlare di biologico al bar potrebbe suonare in tempo di crisi quasi come una provocazione. Se è vero che il settore si è conquistato ormai una solida reputazione nel largo consumo, il fuori casa rimane ancora un “oggetto del desiderio”. Sebbene non manchino buoni modelli e che, soprattutto sul fronte industriale, si registri una certa vivacità nel creare linee di prodotto dedicate ai pubblici esercizi, la risposta dei bar è stata debole. Nettamente migliore, invece, la “reazione” dei consumatori, come confermano i numeri dell'Osservatorio Sana-Gpf presentati all'ultima edizione del salone bolognese del naturale (www.sana.it): gli italiani, anche se schiacciati dalla congiuntura, sembrano non rinunciare al buon cibo e a un rapporto sano e socializzante con l'alimentazione. È un dato di fatto, come risulta dal report, che nella popolazione stia crescendo la conoscenza e il rapporto con il biologico, tanto che circa un quarto ha dichiarato di consumare “molto o abbastanza spesso” prodotti bio. Non solo. Si sta diffondendo sempre più anche la convinzione che un'alimentazione “organica” porterebbe a un miglioramento della salute: un punto chiave che trova d'accordo ben un italiano su due. Ma la cosa più importante è che oggi il biologico incrocia e intercetta tutti i più attuali stili di vita in campo alimentare. Basti pensare alla tendenza a consumare prodotti di stagione o di sicura origine. O, ancora, prodotti funzionali, eco solidali o tipici. L'83% degli italiani cerca questo tipo di prodotti con un incremento, segnalano i ricercatori dell'Osservatorio, di quasi il 9% rispetto alla rilevazione del 2009. Così come si registra quasi un 30% di persone che consumano alimenti con valenze di fortificazione, arricchimento, protezione (es. fermenti lattici vivi, vitamine, fibre, oligolementi ecc.).


I nuovi pionieri del settore

Fatta questa premessa, sarebbe naturale attendersi sul territorio un'offerta di punti o esercizi specializzati in alimenti biologici anche nel fuori casa. In realtà, l'offerta è molto limitata. A parte qualche coraggioso tentativo di creare catene di caffetterie specializzate (ne abbiamo parlato su Bargionale di marzo 2010, “Biocatene ai nastri di partenza”), il mercato sta ancora a guardare. Tuttavia, non mancano coraggiosi pionieri. Come Alce Nero (www.alcenero.it) che ha creato un nuovo concept, battezzato “Cibo Cucina Caffè Bio” che coniuga negozio e locale di ritrovo con un'ampia offerta di menu per colazioni, pranzi, aperitivi e cene (gli arredi sono firmati da Costa Group). Un inedito mix tra vendita e somministrazione che ha esordito lo scorso mese a Cesena e che presto farà il suo debutto anche a Bologna. «Si tratta di una formula unica e originale - sottolinea Lucio Cavazzoni, presidente di Alce Nero - su cui abbiamo investito tutto il nostro know -how di specialisti del biologico. I due nuovi locali in Emilia Romagna, con una superficie di 300 mq, sono le teste di ponte per uno sviluppo su larga scala attraverso contratti di affiliazione». Uno sviluppo che verrà portato avanti anche con format più piccoli (a partire da 50-60 mq) e che, in prima battuta, investirà i grandi centri metropolitani. «Schieriamo un lay out suddiviso per mondi merceologici dove vendita e somministrazione sono integrati fra loro senza soluzione di continuità - spiega Cavazzoni - e dove il consumatore ha a disposizione una ricca gamma di prodotti: buoni, puliti, sani e pieni di gusto». L'ibridazione tra canali del concept di Alce Nero è certamente un'idea brillante, in quanto offre al consumatore la libertà di muoversi all'interno di mondi contigui, migrando, ad esempio, dai cinque caffè monovarietali proposti dal bar al confezionato e all'ortofrutta fresca. Incroci magici che possono essere declinati non solo per canale, ma anche trasversalmente per merceologie. «Nella logica di una multifunzionalità sempre più spinta la progressiva “contaminazione” tra biologico e convenzionale può rappresentare una direzione di lavoro importante per gli imprenditori più innovativi e sensibili ai nuovi trend alimentari - sottolinea Rosa Maria Bertino di Bio Bank (www.biobank.it) -. I bar si sono inseriti per ultimi all'interno della filiera del biologico, molto dopo rispetto ai ristoranti e agli agriturismi che hanno un legame diretto con la terra e gli agricoltori, quindi con l'origine delle materie prime. Ciò che oggi semmai avvantaggia i bar è il fatto di poter disporre sul mercato di un ampio ventaglio di prodotti, dalle miscele ai succhi di frutta, che richiedono solo di essere integrati nel menu e comunicati correttamente».

La strada mix, da Eataly a Ikea

L'integrazione del biologico all'interno di assortimenti convenzionali è già stata sperimentata con successo da grandi brand. Prendiamo il caso di Eataly (www.eataly.it), modello originale di mercato multifunzionale in cui i prodotti della tradizione agroalimentare italiana non si comprano solo, ma si consumano e si studiano (recentemente Eataly è sbarcato a New York, creando un department store di lusso con arredi firmati da Costa Group). Nei pdv Eataly accanto alle eccellenze del nostro “made in Italy” convivono anche prodotti biologici certificati. Perfettamente integrati a formare un unicum con il meglio della nostra enogastronomia. Altro modello di integrazione è offerto dai ristoranti Ikea (www.ikea.com/it). Qui la proposta food si declina in menu convenzionali (cucina svedese e nazionale) e biologici che tra l'altro sono oggetto di un accurato progetto di comunicazione nutrizionale fruibile su Internet e nei pdv. Tanto accurato che si può tranquillamente affermare come Ikea in questi ultimi anni sia diventata uno dei “portabandiera” del bio in Italia. «La scelta del biologico risale al 2003 - spiega Dino Maldera, food manager di Ikea Italia - ed è coerente con la mission di una catena che da sempre si contraddistingue per l'elevata attenzione agli aspetti ambientali ed etici della propria attività. Ai nostri clienti diamo comunque la possibilità di scegliere tra bio e convenzionale, senza penalizzazioni sul fronte economico. Un'offerta che si riverbera anche al bar con bevande, tè, pane e salumi di origine certificata». Un bar che volesse emulare i grandi brand citati e battere la strada dell'integrazione da dove dovrebbe partire? Risponde Roberto Pinton di Federbio (www.federbio.it): «Dall'analisi dei clienti, tenendo conto che il consumatore bio ha un'età media di 46 anni, un reddito medio-alto e un elevato livello di scolarizzazione. Un target dove le donne sono prevalenti. Ebbene fatto questo screening, il primo passo potrebbe essere quello di proporre caffè e orzo biologico, insieme a barrette e gallette di riso. Uno step superiore è rappresentato da piatti ad alto contenuto dietetico-salutistico che integrano prodotti bio (es. caprese, macedonie). Secondo il nostro osservatorio risulta che sono sempre più numerosi i locali che hanno già fatto una scelta in questa direzione: è infatti in aumento presso i grossisti la domanda di prodotti biologici confezionati».

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