Giovanni Spadola, presidente di Moak, racconta i valori su cui ha costruito il business aziendale: qualità, cultura, formazione e originalità nel comunicare il marchio
La “M” che caratterizza il marchio riassume tutta l’azienda: è l’iniziale di Moak, produttore di caffè che deve il nome alla grafia araba di Modica, la località siciliana in provincia di Ragusa dove ha sede. Ma “M” è anche la lettera di tanti termini che simboleggiano la produzione di un espresso a regola d’arte: miscela, mano, macinadosatore, macchina. Una sapienza antica, che si perpetua nel nuovo stabilimento, pienamente operativo dal prossimo febbraio con impianti automatizzati, sistemi all’avanguardia di controllo qualità e un modernissimo laboratorio chimico. Giovanni Spadola guida l’azienda che ha fondato alla fine degli anni Sessanta dopo un’esperienza in una piccola torrefazione.
Pochi anni dopo, inizia l’importazione diretta di caffè selezionati da Brasile, Sud e Centro America, Costarica, Santo Domingo e India. Le diverse origini sono tostate singolarmente: un procedimento che ne esalta le caratteristiche prima di unirle in miscele equilibrate e ricche di gusto. Attualmente sono una decina, dalle forti, con buone percentuali di Robusta, richieste nel cuore della Sicilia e nel Sud, alle dolci, 100% Arabica, più apprezzate al Nord, a quelle più acide gradite in Toscana. Dal ’90 il raggio d’azione si sposta sulla Penisola e oltre; in quegli anni, l’arrivo in azienda del figlio Alessandro dà il via alle esportazioni in Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e, più di recente, nei Paesi Arabi.
Oggi la quota export ha raggiunto il 24%. L’ingresso in azienda della figlia Annalisa avvia un’intensa attività di comunicazione e promozione aziendale attraverso messaggi e mezzi innovativi, che si fanno notare anche per l’originalità e vanno oltre il core business, sfociando per esempio, nella cultura.
Sulla realtà del settore e sui programmi futuri di Caffè Moak abbiamo interpellato proprio il fondatore, Giovanni Spadola.
Qual è lo stato di salute del caffè nel fuori casa?
Per Moak è positivo e stabile da anni. L’unico vero calo si è avuto nel 2001-2002, a causa della diffusione delle macchine da caffè in famiglia, negli uffici e nei negozi. Abbiamo risposto a questa tendenza con la produzione di caffè in cialda che, a parità di miscela, dà un espresso eccellente: le vendite sono in continua crescita. Per quanto riguarda il bar, ha saputo reagire alla sfida del vending ieri, e oggi a quella della crisi economica, puntando sulla qualità: gli italiani considerano un buon espresso un piccolo lusso al quale non vogliono assolutamente rinunciare, visto anche il suo costo accessibile.
Davvero il consumatore sa riconoscere e premiare la qualità?
Non c’è dubbio. Ce lo dicono i numeri degli esercizi che serviamo: anche in una fase di contrazione dei consumi come quella attuale c’è chi registra un +10% e anche +15% nelle vendite. Qualità, è vero, è un termine abusato, ma quando in un bar si serve una buona miscela in modo corretto, con apparecchiature che ricevono le giuste attenzioni, è difficile non accontentare il cliente.
E un cliente soddisfatto, torna.
La formazione del barista quale ruolo riveste per Moak?
Ha un posto centrale. All’interno della nostra sede organizziamo corsi teorici e pratici di formazione e di aggiornamento. Diamo inoltre ai nostri clienti un’assistenza rapida in loco, per permettere al barista di offrire sempre un buon caffè: una differenza che, lo ribadisco, il cliente coglie e premia con la fedeltà. Il fatto che spesso al bar si beva una cattiva miscela è legato, purtroppo, più a una situazione di difficoltà finanziaria di molti gestori, che li lega a torrefattori senza scrupoli, piuttosto che a una scelta.
Le vostre campagne sono sempre molto originali e creative: dove nascono?
Credo che la nostra sia una delle poche aziende del settore ad avere un suo ufficio creativo, che esprime al meglio caratteristiche e unicità del marchio. Le campagne pubblicitarie sanno incuriosire e stupire; per questo riceviamo complimenti e anche premi, come quello di “Comunicando” per la campagna “Moak e i 5 sensi”. L’oggettistica è sempre originale e utile: le nuove tazzine (brevettate) riportano all’interno il segno dei 30 ml, che stabilisce la giusta quantità da erogare, sulla quale poi ci si muove per offrire un lungo o un ristretto. Certo, non tutti concordano con queste “coordinate”: al Sud l’espresso è sempre più corto, al Nord più abbondante. Ma pensiamo sia giusto offrire dei riferimenti certi.
Quali strategie avete per mantenere e allargare le quote di mercato in Italia e all’estero?
Abbiamo allo studio nuovi prodotti e attività, come un caffè bio in commercio dai primi mesi del 2011. La ricerca, la selezione dei migliori caffè crudi e il miglioramento della produzione rimangono i nostri punti fermi.