Bicchieri antichi, cocktail fossili e spirit di lusso sposati con aromi fatti in casa. Al campionato World Class di Nuova Delhi è andato in scena il buon gusto
Sei stanze, sei banchi di gara, trentaquattro concorrenti in rappresentanza di altrettanti Paesi, tutti alle prese con una girandola di sfide che metterebbero a dura prova anche la dea Kali con le sue quattro braccia. Sul campo di battaglia dell'Hotel Imperial di Nuova Delhi si muovono cinquecento persone, tra barman e addetti ai lavori, aviotrasportati e paracadutati sul suolo dell'India, Paese dalla tradizione gastronomica ultramillenaria, che negli ultimi anni ha scoperto anche una spiccata attitudine a fare cocktail.
Giochi d'abilità
Il concorso è il World Class, o meglio la fase finale dell'evento messo in piedi per il terzo anno da Diageo Reserve, il volto nobile del gruppo Diageo. Nelle selezioni del concorso si sono sfidati 10.000 professionisti del bere miscelato in Asia, Europa, Medio Oriente, Caraibi, Sud America, Pacifico.
Nella finale mondiale non si elegge il miglior cocktail, ma il miglior barman dell'anno. E questa è la principale differenza rispetto ad altri concorsi. Perché le prove del World Class sono molteplici e puntano a mettere al centro l'uomo (o la donna) che sta dietro il banco, col suo savoir-faire, la sua abilità di combinare e abbinare i sapori. Secondo il regolamento, alla fine dei giochi, il Bartender of the Year è colui in grado di offrire all'ospite delle esperienze di degustazioni uniche, che oltrepassano i confini canonici del mestiere e conducono verso un viaggio tra tecniche e modi inediti nell'arte della miscelazione. Per esporre in vetrina le varie abilità personali sono state congegnate sei sfide: “Asian food matching” che prevede abbinamenti tra piatti panasiatici e cocktail; “Classic, Vintage and Twist”, ovvero la rielaborazione di grandi classici; “Cocktails against the Clock”, una prova di abilità e velocità nel realizzare 4 cocktail di qualità in sei minuti davanti al re del cocktail Dale DeGroff che ti pungola; “Gentleman's Drinks” con Gary Regan, critico del San Francisco Chronicle, che interroga a tappeto sulla storia del cocktail; “Asian Spice Market”, ovvero la spesa nei mercati della Vecchia Delhi alla ricerca spezie, erbe, frutta, marmellate, tè pregiati e quant'altro sia adatto a un tuffo nello shaker. Infine, la prova “Theatre & Stars Challenge” nella quale i concorrenti, come attori, devono portare in scena l'abbinamento ideale tra Johnnie Walker Blue Label, Zacapa 23 anni e una diva del passato. Inutile sottolineare le difficoltà: sia della sfida in sé, sia dell'avere di fronte giudici che fino a ieri erano i tuoi miti. Il campione italiano Guglielmo Miriello e i suoi colleghi si sono trovati davanti, oltre a DeGroff e Regan, dei pezzi grossi come Hidetsugu Ueno, sensei della tecnica di shakerata detta hard shake, l'argentino Daniel Estramadoyro e Salvatore “The Maestro” Calabrese, che dopo le stagioni di successo di Londra in locali come il Fifty's, ora dà lezioni di liquid history al Salvatore at Playboy, rifugio vip nel cuore di Mayfair che accoglie bottiglie di Cognac di fine Ottocento, conigliette poliglotte e altra bella gente.
Da questo campionato mondiale abbiamo tratto alcune indicazioni di percorso, valide trasversalmente, nei cinque continenti. Cominciamo dal glassware. I bicchieri fatti in serie stanno lasciando il passo a nuovi contenitori. O meglio, a bicchieri antichi che ritornano di moda: coppette Art Déco in cristallo, bicchieroni Tiki polinesiani, bicchieri argentati come le Mint Julep Cup e copper mug tipo quelle usate per il Moscow Mule.
Cocktail "preistorici"
Nell'era della riscoperta dei cocktail fossili, come sono chiamati in gergo i drink dei pionieri dai tempi di Harry Craddock a Jerry Thomas, tornano alla ribalta ricette che affondano le radici nella preistoria. Vedi per esempio uno tra i tanti cocktail presentati dal neo campione del mondo, il giapponese Manabhu Othake. Trattasi di un Whisky Sour affumicato con legno di ciliegio e reso più aromatico grazie all'arancio yuzu.
Ma pensiamo anche al Dehli Sazerac del campione indiano o al Clover Club, che viene rispolverato sia dal campione europeo, l'austriaco Heinz Kaiser, sia da Miriello che lo propone nel suo Ten in Clover (5 cl Tanqueray Ten, 1 cl vermouth bianco, 4/5 lamponi, 4 foglie di basilico, un cucchiaino di pepe di Szechuan, 3 cl di limone fresco, 1,5 cl di zucchero liquido e 1 cl di bianco d'uovo). Un'altra tendenza forte emersa dal World Class è l'utilizzo come aromatizzanti di prodotti tipici o di nicchia, spesso fatti a mano dagli stessi concorrenti. Ci riferiamo alla Visciolata delle Marche usata da Miriello, all'infuso indiano Masala usato da Talita Simoes (Brasile), allo sciroppo alla camomilla di Ryan Noreiks (Cina) o al mix di spezie preparato nel mortaio molcajete da Jesus Cabrera, il campione messicano e del Latino America e Caraibi. Sarà l'effetto social media o il moltiplicarsi di siti dedicati al cocktail, la crescita del mondo dei blogger, le frequentazioni durante i vari bar show internazionali, ma questo mondo ci sembra costantemente più vicino. E come sempre vincerà chi riuscirà a produrre la differenza.