Studiosi italiani e francesi hanno decifrato il dna della pianta: è un risultato fondamentale per produrre nuovi incroci e migliorare le tecniche di coltura
Qualche anno fa sembrava un sogno quello di sequenziare il genoma della vite, vale a dire il suo patrimonio genetico. Ricercatori italiani e francesi sono riusciti nell'impresa, prima raggiunta solo per tre specie vegetali: il riso, il pioppo e Arabidopsis thaliana, una piantina quasi insignificante se non fosse che è stata presa a modello di tutti gli altri vegetali per la facilità con cui si può riprodurre e studiare.
Lo studio
Il progetto per decifrare il genoma della vite è stato lanciato nel 2005, nell'ambito di un accordo di cooperazione scientifica tra il ministero delle Politiche agricole italiano e il ministero dell'Agricoltura francese, con la partecipazione del Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura.
I risultati sono stati pubblicati a fine agosto 2007 sulla rivista “Nature”, resi disponibili a tutta la comunità scientifica e di recente illustrati al pubblico all'Università di Verona. Nell'occasione è intervenuto Paolo De Castro, ministro delle Politiche agricole, secondo il quale «il rilascio pubblico della sequenza del genoma della vite è un risultato fondamentale e allo stesso tempo il punto di partenza per capire la funzione dei geni della pianta. Queste conoscenze potranno poi essere utilizzate in progetti applicativi, come per esempio lo sviluppo di viti resistenti alle malattie, contribuendo all'affermarsi di pratiche colturali compatibili con l'ambiente e riducendo l'impiego di trattamenti chimici».
Incroci mirati
«Il primo indagato - spiega Eugenio Sartori, direttore dei Vivai Cooperativi Rauscedo - è stato un vitigno a noi ben noto, il Pinot nero. Nel campo del vivaismo, la conoscenza del funzionamento dei singoli geni sarà fondamentale, per ottenere selezioni clonali mirate a sviluppare le caratteristiche dei vini più apprezzate dai consumatori».
Un altro vantaggio della conoscenza del genoma è la possibilità di creare incroci mirati. «Finora con le tecniche tradizionali - spiega Sartori - ben pochi incroci di questo tipo hanno avuto successo. Con l'aiuto della genomica avremo invece possibilità infinitamente superiori, senza sconfinare nel campo del transgenico».
Carta d'identità genetica
Il futuro sarà quindi possedere una carta d'identità genetica per ogni clone di vitigno. Secondo la ricerca, la vite ha 89 geni funzionali che contribuiscono alla produzione di resine, oli essenziali e aromi, che determinano le proprietà aromatiche del vino, contro i circa 30 delle altre piante. Questo elevato numero di geni dell'aroma, da un lato, spiega la complessità del vino, dall'altro consentirà di migliorare profumi e sapori del prodotto finale, modulando con sapienza i vari geni. L'analisi ha poi identificato 43 geni coinvolti nella produzione del resveratrolo, un antiossidante naturale presente soprattutto nel vino rosso.