Di padre in figlio: il passaggio generazionale al bar. Tre testimonianze

dal Calendario Lavazza, la famiglia peruviana Dagoberto

Il cambio al timone di un'azienda è un momento delicato per tutte le imprese, compresi i bar. Una serie di consigli e testimonianze per i padri e per i figli.

Sono circa 837 mila in Italia le imprese con 3-9 addetti, pari al 19% del totale e occupano circa il 23% degli addetti (3,8 milioni), come emerge dal 9° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi realizzato dall’Istat nel 2013. Le microimprese sono particolarmente presenti nel settore dei servizi (circa il 70%), e soprattutto nel bar, dove il lavoro familiare esercita un ruolo fondamentale ed è un mestiere che spesso si tramanda di padre in figlio.
Oggi le nuove generazioni sono costrette a programmare un futuro distinto da quello del fondatore: sono cambiati i tempi e rispetto a 20-30 anni fa tutto è più fluido e instabile. Il classico bar degli anni ’90 in cui erano protagonisti la somministrazione di bevande e alimenti, è sempre più multifunzionale e richiede un impegno costante per acquisire e fidelizzare la clientela. Nonostante si viva in un mondo in cui i figli spesso pretendono il “tutto e subito” o stentano a sacrificare il proprio tempo libero per il lavoro, sono le nuove generazioni a dare nuovo slancio al settore, non senza difficoltà e con un rapporto nuovo tra padre e figlio: se ieri il primo passava al secondo il suo sapere, oggi anche i giovani insegnano, grazie alle maggiori possibilità di studio e al sapere che Internet e i Social media trasmettono. Da allievo a “collega”: è emblematica di ciò la prima immagine del calendario Lavazza 2016, che ha dedicato il prossimo anno al tema From Father to Sun, in cui padre e figlio si passano una piantina di caffè; chi la dà all’altro per piantarla? Nella foto, la famiglia peruviana Dagoberto ripresa dal numero di novembre di Calendario Lavazza 2016.

Corsi tecnici
Da parte sua Roberto Sala, titolare con il padre e la sorella del Mary’s Bar, un locale storico a Costa Masnaga (Lecco), non ha dubbi: «Da papà ho appreso la dedizione per il lavoro, l’importanza di avere un rapporto corretto con la clientela e la voglia di imparare. Prima di entrare nel locale di famiglia, aveva un negozio di alimentari e dava una mano alla zia al bar; quando ha deciso di subentrare, per prima cosa ha seguito dei corsi per capire come muoversi con professionalità al banco bar. Dopo le superiori anch’io l’ho fatto e ho mi sono appassionato al caffè: oggi sono formatore Inei».

Cambiamenti graduali
Il suo arrivo ha arricchito, ma non stravolto l’offerta di un locale dall’alta reputazione: si trova in una località di soli 4.800 abitanti e la vendita giornaliera è di circa 4 kg di caffè. Sala ha affiancato alla miscela classica di Milani le monorigini che spiega al cliente che, osserva: «Si è fatto più esigente, vuole la qualità e un’offerta innovativa e chiede di conoscere ciò che gli viene proposto. Questo per noi comporta un impegno notevole di ricerca e studio».
Dare qualcosa di più e di diverso è stato l’obiettivo anche di Fabrizio Rinaldi, che lavora con i genitori e la sorella al Bar Pasticceria Rinaldi di Ciampino (Roma). In realtà in un primo momento voleva fare altro: si era iscritto alla facoltà di Matematica e voleva scrivere. Ha compreso che la prima non era la sua strada, mentre persevera con la scrittura con articoli-diario ospitati dal blog “Il Caffè Espresso Italiano”. Tutto questo proseguendo il lavoro nel bar di famiglia al quale era approdato concluso il liceo. «Dal 1980 al 2007 - dice - siamo stati il classico bar con la miscela di un torrefattore e la macchina in comodato d’uso: era un buon prodotto, dietro il quale tuttavia non c’era cultura». Ma quando il locale si è ampliato e si è aggiunta la pasticceria è cresciuta l’attenzione sull’offerta.

Tostatura home made
«Mi sono concentrato sul caffè - prosegue Rinaldi -: abbiamo lasciato la torrefazione, comprato la macchina espresso e un tostino; la stessa azienda mi forniva anche la miscela, ma il caffè era troppo forte, ad alcuni clienti non piaceva e il lavoro calava. Grazie anche all’appoggio di mia moglie Ester ho voluto cambiare: ho cominciato a selezionare di persona il caffè crudo e, conoscendo le caratteristiche di ciò che lavoravo, ho saputo proporlo ai clienti. Dal 2011 al 2014 le vendite sono triplicate, passando da 12 kg la settimana a poco meno di 40. Oggi propongo una miscela fissa e delle singole origini a rotazione e ho dato il via all’offerta di caffè estratti a filtro». Ai genitori deve la passione per il lavoro, la professionalità e l’affabilità che caratterizza questa azienda familiare. Di nuovo passione, impegno e umiltà sono quanto la famiglia ha trasmesso a Simone Rossi, che con la mamma Giusy gestisce il Caffè dell’Arco nel centro di Moncalieri (To).

Orientamento gourmet
Simone era agente immobiliare, ma la morte dello zio con cui la madre conduceva il locale, l’ha portato a lavorare con lei, appassionandosi della caffetteria. «C’è tanta offerta - dice - e poca richiesta; per uscire da questa situazione abbiamo pensato di impostare un nuovo tipo di locale». Costadoro è il suo fornitore di caffè e grazie a Fabio Verona, consulente e formatore per la Torrefazione, ha conosciuto il mondo Scae (Specialty coffee association of Europe). Lo scorso anno è arrivato alla finale del campionato Baristi a Rimini e ha seguito vari corsi formativi. Ha dato il via all’offerta di diversi metodi di estrazione e tra poco arriveranno le monorigini. «La mamma lascia fare: sa che il mondo cambia, che siamo troppi e serve distinguersi». Se il futuro è dei locali gourmet, è la strada da seguire.

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