Di ritorno da un tour alla scoperta del sake e della cultura dell’ospitalità del Sol Levante, Flavio Angiolillo, nostro inviato e titolare del Mag Café di Milano, condensa l’esperienza fatta in preziosi “bar tip”.
Di sicuro per il nostro mestiere viaggiare aiuta la tua mente. Vedere altri modi di lavorare ci permette di portare a casa nuovi spunti per arricchire e migliorare il nostro lavoro, ma succede anche che il confronto ci aiuti ad apprezzare di più e meglio il modo in cui noi lavoriamo.
Dal nostro tour in Giappone e nei migliori cocktail bar di Tokyo - con Andrea Dracos e Alessio Simonini - ho capito una cosa: la tecnica e l’eleganza dei bartender giapponesi sono elevatissime, tanto di cappello. Quello che abbiamo ammirato del loro lavoro è il rispetto, l’educazione, l’eleganza, la tecnica e il livello di servizio nei confronti del cliente, cosa di cui noi a volte quando c’è troppo lavoro o siamo stanchi ci dimentichiamo.
Però penso che in Italia noi bartender siamo più creativi, più preparati e soprattutto più divertenti.
La maggior parte dei cocktail bar giapponesi, visti anche i costi degli spazi, sono molto piccoli: 20-30 persone al massimo. Con questi numeri è più facile curare la relazione con il cliente, cosa che in certe sere al Mag Café, quando serviamo oltre 600 cocktail, diventa più difficile.
Dieci top tip
1. Far vivere a ogni cliente il momento in cui è nel tuo locale come se fosse unico, che sembra creato apposta per lui. Un esempio? Sono allergico ai crostacei. Ogni volta che l’ho detto, si sono prodigati per trovarmi un’alternativa, senza minimamente farmelo pesare o mostrarsi infastiditi. Merito della loro grande capacità di mettersi al servizio del cliente.
2. Kit di accoglienza. A ogni cliente, quando si accomoda, viene portato un bicchiere d’acqua e un asciugamano caldo e profumato con cui pulirsi le mani.
3. Dedicarsi veramente alle persone! Il massimo? Abbiamo chiesto in un locale dove fosse l’High Five. Siccome era lì vicino e in quel momento non avevano tanti clienti, il proprietario ha chiesto a un suo collaboratore di accompagnarci fin lì a piedi.
4. Attenzione a chi hai di fronte! Per i giapponesi il rispetto e il mantenere le distanze tra le persone sono importanti. Dare la mano a un giapponese può metterlo in difficoltà. Se trattassimo con questo distacco i clienti italiani li perderemmo tutti. Non con tutti i clienti va bene lo stesso approccio: occhio a chi si ha di fronte, specie quando la clientela è internazionale.
5. Prenotazioni su misura del locale. Visti i pochi posti che hanno la maggior parte dei cocktail bar, chi vuole essere certo di trovare da sedersi deve prenotare. E non accettano mai prenotazioni per più di cinque persone. Così il lavorare è più organizzato e ordinato.
6. L’importanza della pulizia. Tenere pulita la propria postazione di lavoro è un must di tutti i bartender. Ci si dedicano con attenzione e meticolosità. Ho visto più di un bartender lavorare su un piano di legno: non c’era mai una macchia.
7. Umiltà, umiltà, umiltà. Abbiamo avuto la fortuna di lavorare con Keiichi Lyama, famoso bartender giapponese di 89 anni ancora attivo. Ci ha fatto assaggiare le sue creazioni a base di sake. Finito di lavorare, ha pulito lui stesso tutta l’attrezzatura e sistemato il banco. Una lezione di umiltà da tenere sempre a mente!
8. Sake? Meglio whisky. Volevamo saperne di più sulla miscelazione a base di sake. Abbiamo invece scoperto che non è poi così diffusa. E che invece è molto interessante quella a base whisky. Il top è l’High Five. Se ci andate, oltre al grande Hidetsugu Ueno, potrete ammirare la bottigliera più ordinata del mondo!
9. Ghiaccio: maniacale o da manuale? In Giappone la cura e la cultura del ghiaccio sono altissime. Il ghiaccio del venditore di bibite di strada che trasporta le lattine nel secchio di plastica ha una qualità superiore a quella del ghiaccio di molti nostri locali. Il ghiaccio è un ingrediente chiave: diamogli il giusto peso e dedichiamogli la giusta attenzione!
10. Curare la relazione con il cliente. Qui lo scambio dei biglietti da visita è un rito. Te lo porgono tenendolo con due mani come se stessero dando un dono prezioso, con il nome rigorosamente girato verso di te. Nei cocktail bar migliori ogni cameriere ha il suo. E lo porge a ogni nuovo cliente. Come a dire: sarò io a prendermi cura di te. Ecco chi sono.
10+1. Ascolto vero (per davvero). Quando un cliente parla, chi lo sta servendo lo ascolta veramente. Si dedica a lui al 100%. E, da cliente, posso dirvelo: la differenza si sente, eccome!