Un volume di Electa spiega come il design architettonico sia essenziale per conferire funzionalità e lustro alle aziende del settore
Il vino è estetica, cultura del territorio e anche ostentazione. Ecco perché le cantine, pur essendo luoghi di lavoro e di produzione, tendono sempre più ad assumere l'aspetto di capolavori, pezzi unici inseriti nell'ambiente (anzi, nel “terroir”) come enormi sculture viventi. La loro forma architettonica è studiata con sempre maggior attenzione per connotare l'azienda, darle lustro, renderla funzionale e accogliente, farla spiccare sul territorio. La forma esterna e interna della cantina è, insomma, l'insegna e la sostanza dell'azienda, il suo strumento di marketing più significativo e, al tempo stesso, il suo cuore pulsante, dove il prodotto ha origine e prende vita.
Il libro-rassegna
A mettere in evidenza il legame tra forma architettonica e vino ci ha pensato Francesca Chiorino, giornalista, redattrice della rivista “Casabella” ma anche laureata in Architettura. È stata lei a curare, per l'editore Electa, il volume “Vino e architettura”. L'ennesima rassegna di cantine concepite da architetti (altre ne sono uscite anche nel passato recente), ma ragionata stabilendo un confronto con la storia. L'idea che ci siamo fatti, e cioè che le cantine d'autore sono una moda degli ultimi tempi, non è per nulla esatta. Da sempre, fin da quando si fa il vino, il luogo di produzione è figlio di un'attenta progettazione architettonica. A partire dai primi château bordolesi, costruiti a partire dalla metà del XVI secolo, dove non solo si pigiava l'uva e si custodivano le botti, ma in cui trovava alloggio anche tutto il personale di vigna e di cantina.
Uno sviluppo nascosto
Con il passare delle epoche, delle mode, ma anche delle tecniche di produzione, i concept sono cambiati. Quello che si è aggiunto negli ultimi anni alla cura progettuale è una maggior dose di fantasia, soprattutto nei Paesi dove la produzione del vino si è affermata in un secondo tempo: California, Australia, Cile, Nuova Zelanda.
In molti casi le cantine più moderne spiccano appena sulla superficie, inserite sapientemente tra le vigne o nel paesaggio, mentre si sviluppano soprattutto sotto terra, anche su più livelli. Una soluzione che non è solo sorpresa architettonica ma è legata a necessità produttive. «La necessità di affinare il vino a basse temperature - osserva Francesca Chiorino - e la vinificazione per gravità, cioè immettendo gli acini nelle presse per caduta, hanno comportato in molte cantine recenti la collocazione della barricaia a livello interrato e della tinaia al di sotto del piano d'arrivo dei trattori». Ne è derivato un grande sviluppo della cantina sotterranea (nella foto, la scala tunnel che porta alla barricaia sotterranea di Cantina La Brunella a Castiglione Falletto, Cn, una realizzazione dell'architetto Guido Boroli).
Le zone per il ricevimento
I locali tecnici delle cantine si aprono però al pubblico e si fanno eleganti, belli e, a volte, perfino luoghi di ricevimento o gallerie d'arte contemporanea. Questa funzione spesso viene espletata anche in edifici che sorgono vicino alle cantine, ma dove non si produce.
È il caso del celebre hotel progettato da Frank O. Gehry per la cantina spagnola Marqués de Riscal, ma anche della sala di degustazione ideata dall'iraniana Zaha Hadid per la cantina López de Heredia Viña Tondonia o ancora nel centro visitatori creato da Steven Holl a Langenois, nella più importante zona vinicola d'Austria.
L'armonia con il paesaggio
Diverse anche le strategie seguite dagli architetti nell'inserire le cantine all'interno del paesaggio. C'è chi sceglie un approccio minimalista, come ha fatto il portoghese Álvaro Siza Vieira che nella zona di Campo Maior, in Portogallo, ha creato una struttura bassa, interamente bianca, tutta realizzata con materiali poveri ed ecologici. Mentre la cantina Cascina Adelaide di Barolo è stata concepita come una collina artificiale, interamente coperta d'erba, praticamente invisibile. Altri progettisti optano invece per colpire il visitatore, suggestionandolo con forme inconsuete e inaspettate. Un esempio di questo tipo di cantina, al tempo stesso vistosa e ben armonizzata con l'ambiente, è quella realizzata dall'architetto spagnolo Santiago Calatrava per Bodega Ysios. Per realizzarla Calatrava non ha rinunciato all'utilizzo di linee ondulate tipico delle sue creazioni, dalla Città delle Scienze di Valencia al nuovo ponte di Venezia.